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Maria Jose Cettina de Luca, presidente do Círculo “Giuliani” de Curitiba -= PR.

“Amanhã, 10/02, nós, Giulianos, celebramos o “Giorno del Ricordo” – uma data especial para lembrar as vítimas das “foibas” e do grande êxodo giuliano-dálmata”, escreveu a presidente do Circolo Giuliano di Curitiba, Maria Jose Cettina de Luca. É o dia “de lembrar o nosso passado, aquele que não podemos esquecer, pois faz parte da nossa história e nos traz inspiração para que o mundo não repita os erros cometidos”.

O evento lembra o episódio em que, já finda a II Guerra Mundial, cerca de 350 mil italianos que habitavam a Ístria, o Fiume e a Dalmácia, tiveram que abandonar suas terras sob o domínio do exército comunista iuguslavo, comandado pelo marechal Tito. Dezenas de milhares de italianos foram mortos nas “foibas” – valas profundas onde eram atirados os corpos ainda vivos – ou nos campos de concentração comunistas. Trieste só passou ao pleno controle da Itália em outubro de 1954, enquanto apenas em 1975 ela renunciou definitivamente, sem alguma contrapartida, qualquer pretensão sobre a Ístria – uma terra italiana desde quando era província do Império Romano.

“Convido a todos os amigos – conclama Maria José de Luca –  a fazermos um pensamento especial àqueles (nossos pais, avós, tios, primos, amigos, conterrâneos), que tanto sofreram com as atrocidades da guerra, com as inseguranças da época, a dor da perda de tantos entes queridos, a dor da separação da sua pátria, da sua terra, das suas coisas, a dor de não terem a sua identidade reconhecida e serem chamados pelo mundo de “exilados” ou “iuguslavos” até mesmo dentro da própria Itália, a imensa dor de verem a sua tão amada pátria Itália esquecer-se deles e do tudo o que deixaram para trás por sentirem-se italianos”.

“Não deixemos que a nossa história caia no esquecimento” – continua de Luca.  “Façamos ouvir a nossa voz, a voz daqueles que tanto nos amaram e que tanto amaram a bela Italia. Que neste “Giorno del Ricordo” as vozes dos nossos antepassados ecoem nos nossos corações”, conclui ela, encaminhando o texto em italiano da mensagem do presidente da “Associazione Giuliani nel Mondo”, Dario Locchi. “Cari amici, ricorre oggi il “Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata”.

Si tratta di una solennità nazionale, opportunamente istituita con legge nel 2004, che chiama ciascuno e tutti a rinnovare la memoria della tragedia delle foibe e dell’esodo di 300 mila connazionali dalle terre natie dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

Una tragedia a lungo dimenticata, rimossa dalla coscienza del Paese e ancor oggi poco conosciuta.

“Italiani dimenticati in qualche angolo della memoria, come una pagina strappata al grande libro della storia” recita la canzone “Magazzino 18” di Simone Cristicchi che, al magazzino in cui vennero stipate le masserizie abbandonate dagli esuli, ha dedicato un commovente spettacolo riproposto con grande successo in Istria, in tutta Italia e nei mondo.

Possiamo dire che con la legge sul Giorno del Ricordo la Repubblica italiana ha riconosciuto, finalmente e ufficialmente, che la storia dei confine orientale era un pezzo, importante, della storia del nostro Paese e che le tragedie che colpirono le nostre terre nel cuore di quel secolo difficile che è stato il Novecento diventavano capitoli integranti della sua storia nazionale.

Dunque siamo qui per ricordare Sa terribile prova che dovettero affrontare le popolazioni di Trieste, dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia, terre italiane occupate dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito.

I primi a essere ricercati, braccati e perseguitati furono coloro che in qualsiasi modo rappresentavano lo Stato italiano: sindaci, dipendenti comunali, parroci, intellettuali, medici.

Senza processo, o dopo un processo-farsa, vennero torturati e poi, molto spesso, gettati nelle foibe.

Venivano legati a gruppi di dieci con fili di ferro in modo che il primo trascinasse con sé gli altri sventurati.

Molte di quelle persone, cadute in fondo alle foibe, nude, ferite, disperate, morirono dopo due o tre giorni di terribile agonia.

Circa 300 mila istriani, fiumani, dalmati, spesso per il solo fatto di essere italiani, furono obbligati ad abbandonare la loro terra, i loro beni, i loro parenti ed amici, e costretti ad andare incontro a un futuro precario e incerto, in Italia e all’estero.

Molti esuli trovarono rifugio a Trieste e nei resto del Paese, dove spesso furono accolti con indifferenza da quella stessa Italia nel cui abbraccio solidale avevano sperato.

Molti, come voi sapete bene, furono costretti ad emigrare all’estero.

A tutti costoro dobbiamo dire grazie per la testimonianza di amore per l’Italia, di coraggio, di dignità, di feconda laboriosità che furono in grado di dare, pur colpiti da una tragedia di dimensioni inenarrabili.

Cari amici,

ricordare, con equilibrio e serietà, un pezzo feroce e scomodo della nostra storia, è una occasione per coltivare, senza risentimenti, ma con profonda e lucida consapevolezza, la volontà di togliere dalla nostra vita civile, oggi e per sempre, le ragioni e le motivazioni che furono all’origine di quella tragedia e cioè le ideologie totalitarie del Novecento fondate sui miti della razza e della classe.

Tutti e ogni giorno dobbiamo, quindi, concentrarci nella scrittura di una nuova pagina, dove non si parli più di violenza, odio e vendetta, per consegnare alle generazioni future un mondo segnato dai valori positivi della giustizia e della pace.

Il “Giorno de! Ricordo” è dunque un’occasione per convertire la memoria di una immensa tragedia in una riflessione su quanto le cose siano cambiate nel frattempo e lascino sperare in un futuro migliore, privo di violenze e ingiustizie.

Dobbiamo giustamente ricordare ciò che è accaduto, consapevoli però che da allora sono cambiati non solo il confine orientale, ma tutta l’Europa, la sua storia, l’attualità e ancor di più le prospettive del mondo intero.

Non si tratta di ridurre la portata di una pagina tragica, ma di fare una riflessione, con la serenità e l’oggettività che sono il vantaggio del tempo trascorso.

Dobbiamo, perciò, essere memori di ciò che è accaduto, ma protesi a realizzare, per il futuro dei nostri figli, un mondo diverso, dove l’odio sia sostituito dal dialogo e dalla voglia di camminare insieme, dettata non già da ragioni sentimentali, ma nel comune interesse di terre e popoli che – dobbiamo ricordarlo – per secoli hanno dialogato e collaborato tra loro.

La storia recente ha posto le premesse per ricucire le lacerazioni grazie all’avanzare del processo di integrazione europea e alla progressiva caduta dei confini anche nel quadrante orientale.

Infatti anche la Slovenia e la Croazia sono entrate a fare parte dell’Unione Europea e le nuove generazioni slovene, croate e italiane cominciano a riconoscersi in una comune appartenenza europea che in qualche modo supera le rispettive identità nazionali.

A mio avviso, però, manca ancora un passaggio indispensabile per poter finalmente guardare, con ottimismo, ad un futuro di integrazione e di sviluppo.

È sotto gli occhi di tutti ed è assolutamente incontestabile che l’Italia ha fatto ripetutamente e pubblicamente ammenda per gli errori compiuti dal fascismo, primo fra tutti la guerra, pagata a caro prezzo con le terre cedute alla Jugoslavia.

Purtroppo, invece – pur essendo già entrati a fare parte dell’Unione Europea, e soprattutto pur essendo sorti, almeno formalmente, in discontinuità con il regime comunista dell’epoca – non altrettanto può dirsi per gii Stati nati daiia dissoluzione della Jugoslavia di Tito.

L’auspicio è che anch’essi giungano finalmente e pubblicamente al pieno riconoscimento degli errori e dei crimini commessi da! comunismo e dal nazionalismo jugoslavo durante e al termine della seconda guerra mondiale.

Presidente dell’Associazione Giuliani nel Mondo, Dario Locchi