CURITIBA-PR – Em longa e exclusiva entrevista concedida à revista Insieme, a diretora educacional do Consulado Geral da Itália em Curitiba, Elvira Federici, confirma que o cargo que ocupa será extinto, assim que ela cumprir seu período e retornar a Roma, ainda no primeiro trimestre deste ano. A mesma coisa, afirma ela, acontecerá nos demais consulados, como um dos reflexos dos cortes orçamentários do governo italiano também sobre a difusão da língua e da cultura italiana no mundo. Na matéria, publicada na edição de janeiro da revista, que começa a circular na próxima semana, Federici faz uma ampla análise do ensino da língua italiana nos Estados do Paraná e Santa Catarina e sentencia: “Pensar na difusão do italiano apenas oferecendo cursos a custo muito baixos não representa uma estratégia vitoriosa e o verdadeiro problema está não tanto na redução dos recursos quanto no conceito e finalidades pouco claras da lei 153”. Ela pergunta: “porque não existe nem menos uma referência, em nenhuma norma, circular, nota, etc., (da referida lei) a respeito da oportunidade – não digo obrigação, mas oportunidade – de que quem solicita o reconhecimento da cidadania deva conhecer a língua do País do qual goza todo direito ativo e passivo?”. Leia o teor da entrevista intitulada “Federici, Adeus”, na íntegra, que aqui publicamos apenas em italiano:

L’italia batte un’emblematica ritirata. Con lei se ne va anche (per sempre?) il controllo sull’insegnamento della lingua di Dante. Un fatto globale che però, in particolare, colpirà duro il Brasile, luogo ove risiede la più grande comunità italica del mondo.
L’insegnamento della lingua italiana in un paese come il Brasile è sbandierato a tutti i livelli come strategico sia per la cultura che per le ottime relazioni tra due paesi fratelli. Ma, in pratica, l’argomento non va oltre le frasi di circostanza: proprio quando gli italo-brasiliani sono chiamati a partecipare al “momento Italia-Brasile”, il governo della penisola inzia a ritirarsi in questo settore strategico: cancella incarichi – una volta che gli attuali titolari terminano il periodo di regolare servizio – di Direttori Scolastici in tutti i consolati. L’operazione inizia da Curitiba, dove la titolare, Elvira Federici, sta già preparando le valigie. La decisione, presa dentro quel gran calderone dei tagli del bilancio italiano in crisi, ha comunque prodotto una esigua reazione da parte dei leader comunitari locali. Senza un formale controllo sulla qualità dell’insegnamento, migliaia di corsi, con già vari problemi di finanziamento e gestione, potranno anche chiudere le porte, in uno dei più duri colpi già assestati alla diffusione della lingua di Dante tra noi, che già eravamo stati proibiti di insegnarla, impararla e praticarla. In questa intervista esclusiva ad Insieme, Federici fa delle considerazione su questi argomenti.

PATROCINANDO SUA LEITURA

  • Potrebbe fare un piccolo resoconto delle sue attività in questo periodo?

In primo luogo  mi sono occupata di quanto previsto nella funzioni del Dirigente scolastico presso i Corsi  ex L. 153/77: controllo e supervisione delle attività svolte dagli enti  gestori,  che come è noto, ricevono dal MAE contributi per promuovere l’ insegnamento della lingua italiana sia tra gli adulti che tra alunni  delle scuole locali, utilizzando  in questo caso lo strumento della convenzione ( convEnio).  A fronte di una indiscutibile e capillare diffusione operata dagli enti gestori, soprattutto CCIPRSC e CECLISC, rimangono i problemi legati al coordinamento e alla comunicazione, in realtà molto distanti e non facilmente raggiungibili, spesso lontane dai centri maggiori, con la conseguente difficoltà del reperimento e della formazione e aggiornamento degli insegnanti di italiano.  Al di là di quanto ci si aspetterebbe in aree popolate di italo-discendenti  e  portatori di passaporto italiano, la lingua non è così conosciuta né è  padroneggiata al punto da poterla insegnare.
Le istituzioni formative locali peraltro non  prevedono l’ italiano nel curricolo scolastico e non bandiscono  concorsi per il reclutamento di  insegnanti di italiano: questo  spiega la mancanza di insegnanti   con  formazione specifica.
Il mio lavoro è stato teso ad orientare e supportare gli enti nonostante queste difficoltà  strutturali ( e, recentemente, anche finanziarie) accompagnando la  formazione e l’ autoformazione,  che si ottiene  anche attraverso una maggiore efficacia organizzativa e collaborando nella ricerca e nella definizione  di nuovi  possibili accordi, sempre nel rispetto dell’ autonomia gestionale degli enti. Ci si è inoltre adoperati, con buoni risultati,  per creare sinergia tra le competenze presenti nel nucleo forte degli insegnanti degli enti gestori e le cattedre di italiano delle università locali, dove esistono professori altamente in grado di affrontare le problematiche specifiche dell´insegnamento dell´italiano a lusofoni.
Sui limiti della Legge e 153/77, pensata per i “figli dei lavoratori italiani all’ estero” ( quindi già nella formulazione estranea alla realtà del Brasile) non voglio dilungarmi: nel lavoro che ho svolto, sempre in totale sintonia con gli orientamenti del Capo Missione, ho avuto presente sia il compito di promuovere e diffondere la lingua italiana in generale con gli strumenti messi a disposizione dalla legge, per poter ampliare il bacino dei possibili interessati,  sia di intercettare e interpretare le esigenze  degli  italo discendenti brasiliani, per favorire le migliori condizioni di apprendimento ma anche la vivificazione dello scambio e dell’ incontro culturale Italia brasile, che esiste ed è profondo più di quanto si manifesti a livello delle rispettive istituzioni.

In questa prospettiva  ci siamo impegnati ad ampliare le proposte e l’ offerta culturale, tanto nelle iniziative del Consolato, quanto attraverso il coordinamento, l’ orientamento e l’ appoggio a quelle che  via via nascevano dal contatto e dallo scambio con il territorio e le associazioni, attraverso forme di collaborazione (voglio ricordare quella  con la UFPR e con le altre università: UFSC, UE, Unioeste, Unichapecò, con la FCC e con le diverse associazioni italiane nei due stati PR  e SC)  per approfondire l’ integrazione, lo scambio, l’ interesse reciproco che nasce dalla consapevolezza di quanto unisce l’ Italia e il Brasile.
 L’ ottica con cui si sono realizzati gli eventi culturali, cui non è mai  mancato l’ apporto significativo  degli stessi enti gestori,  è stata soprattutto quella di far emergere e  rendere visibili i punti di contatto, le storie in comune, la ricerca di nuove strade “insieme” ( voglio  citare solo  lo spettacolo sui cantautori italiani e i musicisti brasiliani che lavorarono insieme fin dagli anni 60 ( Auditorium MON, 2008); la mostra itinerante nelle diverse “colonie” della Grande Curitiba, sull’ emigrazione italiana (2009); la giornata di studi realizzata dall’ UFPR-DELEM,- Cattedra di italiano, in concomitanza con la X Settimana della lingua (2010);  la serie di piccole rassegne cinematografiche itineranti che, coordinate dall’ Ufficio Scolastico con la collaborazione indispensabile del Presidente del Comites, hanno circolato nel Catarinense, nell’ ambito delle manifestazioni promosse dalle associazioni italiane).
Questo mi è sembrato coerente con la finalità di diffondere la lingua italiana in un contesto fortemente marcato dalla  discendenza italiana.
E’ un lavoro che ho svolto con passione piacere, credendoci.
Anche la progettazione e il coordinamento delle Settimane della Lingua Italiana, che è cresciuta di anno in anno grazie a sempre più qualificate collaborazioni, fino a coprire come quest’ anno luoghi  diversi di Curitiba e numerose città della circoscrizione, coinvolgendo più istituzioni brasiliane, obbedisce alla logica di rendere disponibile – e fruibile e utile ai brasiliani-  un’ idea più aggiornata e moderna dell’ Italia e della sua cultura, come elemento di interesse per uno studio ulteriore. Anche della lingua, che diventa così non solo veicolo di una memoria   da conservare ma strumento  per la costruzione del futuro, sia nella dimensione delle scelte individuali che,  in quella più vasta, dei popoli e dei paesi.

Quindi, ricapitolando:
interfaccia tra MAE e Enti Gestori, per contestualizzare gli orientamenti dell’ Amministrazione; supporto alla  realizzazione di  progetti di aggiornamento degli insegnanti, sia degli enti come delle scuole convenzionate (i corsi di aggiornamento realizzati da UFPR, UFSC, UEL a partire dal 2008 , facendo confluire anche  altri finanziamenti; razionalizzazione delle risorse, che ha comportato anche la cessazione di un ente; gestione dell’ insegnante MAE, che  ha permesso di realizzare uno degli interventi più efficaci,  coniugando il lavoro con i bambini delle scuole del comune di Joinville con la supervisione linguistico- didattica degli insegnanti di italiano delle scuole di Joinville, Massaranduba, Jaraguà do Sul;
intensificazione dei momenti di incontro con la comunità tramite le iniziative culturali;
quando possibile, e in tutte le occasioni che si sono presentate,  non sono mancate le visite, i contatti, le riunioni per conoscere gli insegnanti e le scuole. La crisi economica e i tagli hanno tuttavia compromesso fortemente questa parte importante connessa alla funzione che non può essere limitata al controllo della congruenza di bilanci ma ampliata alla costruzione di una rete di relazioni positive, che possono trasformarsi in interesse per la lingua.

  • Quale opinione dà sulla qualità e quantità dell’insegnamento della lingua e cultura italiana nei due stati, considerando le peculiarità del paese?

Anche se non si possono nascondere i problemi, occorre fare una premessa per inquadrarli nel giusto modo: nel giro di non tantissimi anni l´italiano, che era stato cancellato anche in ragione delle vicende politiche legate al Secondo conflitto mondiale, dalla realtà brasiliana, ha ritrovato spazio e diffusione sia  nelle realtà e nei contesti piú significativi per le comunitá di italo discendenti che nell´interesse dei brasiliani in generale.
Tuttavia, come sappiamo, dopo una fase iniziale di “semina” e di diffusione, bisogna concentrasi sula qualità. E la qualità ha bisogno di un progetto integrato e di sinergie tra istituzioni italiane e brasiliane, per la formazione iniziale e continua degli insegnanti e l’ offerta di supporti didattici continuamente  aggiornati;
 la quantità è stata ottenuta grazie all’ indubbia capacità di penetrazione e mediazione degli enti gestori che hanno sottoscritto numerose convenzioni  anche nelle località più remote ma anche grazie all’ abbondanza di risorse che, negli anni precedenti, avevano permesso agli enti sia di tenere i costi di immatricolazioni a livelli di semigratuità, sia di offrire alle scuole convenzionate tanto il materiale didattico che la formazione, quando non addirittura  gli insegnanti pagati dall’ ente stesso ( cioè, con i contributi italiani).
La crisi economica che sta colpendo l´Europa, restringendo le possibilitá di ricevere risorse dall´Italia ha sicuramente inciso sul numero di corsi e di alunni: occorre in un lasso di tempo breve, attivare ogni iniziativa perché gli enti divengano sempre piú autonomi sul piano finanziario, attraverso la ricerca di sponsor e l´aumento delle rette ai valori dei corsi di altre lingue straniere, come il francese o il tedesco . Resta infatti aperta la domanda: perché tanti studenti sono disposti a sborsare cifre non piccole per apprendere il francese o il tedesco (  non cito l’ inglese, perché ovvi i motivi) mentre per l’ italiano ci si aspettano rette vicine alla gratuità? Non sarà anche questo il segno di un insufficiente lavoro, proprio nei paesi di immigrazione italiana, sul prestigio e l’ autorevolezza simbolica di una lingua e di una cultura che non ha certo da invidiare niente a nessuno, sostituiti da una logica assistenzialistica?
In  paesi lontani dalla cultura italiana, dove non c’ è il supporto della Legge ex 153/77 come il Giappone, la Cina, la Russia, gli stessi USA,  l’ italiano è scelto e studiato con grande entusiasmo, perché considerato di grande status culturale: dobbiamo far sí che altrettanto e di piú accada in quei paesi che gli italiani hanno contribuito a costruire con il loro lavoro , la loro storia, la loro cultura: si tratta di dare maggiore forza e visibilità a questo “di piú”.
Se la Legge 153 destina contributi per l´insegnamento dell´italiano ai “figli” è importante dare maggior peso all´ opportunitá –
 –  non dico  obbligo ma  opportunità –   di studiarla per coloro che chiedono il riconoscimento della cittadinanza .
Nella realtà delle cose, la legge ha dato la possibilitá di venire a contatto con l´italiano ai brasiliani in quanto tali e questo è comunque un dato positivo che va sottolineato.
Al contrario, secondo la statistica di uno degli enti,  solo il 10% di chi si iscrive ai corsi ha il passaporto italiano o è nella fila per ottenerlo: evidentemente occorre impegnarci a rimarcare di piú che esiste un nesso importante  tra conoscenza della lingua ed esercizio della cittadinanza italiana.
E, se mi è consentita una  osservazione critica: mi ha sempre colpito leggere sulla rivista le lamentele per i tagli ai corsi ma mai una considerazione, un suggerimento, un richiamo al fatto che sarebbe positivo frequentarli da parte di chi aspira al riconoscimento.
Questo approccio peraltro rischia di essere discriminatorio nei confronti di altri “ nati fuori d’ Italia”  che, lavorando, vivendo, pagando le tasse in Italia, devono  superare un colloquio di conoscenza della lingua e della storia  per avere riconosciuta la cittadinanza. 
Inoltre, se il “sangue” è, con tutta evidenza –  a meno di non credere nella “razza” – un fatto di portata simbolica e antropologico- culturale (sintetizzata, infatti, nel  patronimico, nel nome, che implica la lingua con cui quei nomi si elaborano e si pronunciano), questo diritto ha bisogno di quella lingua per essere pieno, attuale, vivo. E un diritto, come ben sappiamo ha l’ altra faccia nel dovere.

  • Che importanza ha, nel contesto della diffusione della lingua e cultura italiana, l’incarico fino ad oggi da Lei ricoperto?

Le scelte  del MAE sono dovute alla crisi. Ma chissà, forse si sta elaborando un progetto di più ampio respiro, che prenderà vita non appena superata la crisi.

  • Capolinea: il Governo italiano ha deciso di eliminare l’incarico. Non è un po’ come dire: la lingua italiana non ha importanza strategica da nessuna parte per l’Italia, tanto da un punto di vista culturale come commerciale?

Ci si sta attivando con proposte e orientamenti perché la crisi si trasformi in opportunitá di cambiamento e miglioramento di quel che si è , comunque, costrutito. C´ è una peculiarità solo italiana nelle politiche di diffusione della lingua: la capillarità, la diffusione – pur con tutti i problemi di efficacia già segnalati – anche nelle realtà periferiche dei diversi paesi di immigrazione italiana: un maggiore coinvolgimento dell´imprenditoria italiana nel promuovere la lingua, una maggiore capacitá di pressione della comunitá e una  capacitá di progressiva autonomia finanziaria degli enti insieme alle sinergie con il mondo della formazione e della ricerca, possono essere una risposta e il segno di un cambiamento nel senso dello sviluppo.
Non dimentichiamoci che nel  tempo infatti  e con grande impegno da parte degli enti gestori,  si era realizzata una rete capillare di scuole e accordi. Si trattava semmai di razionalizzare l’ intervento e legare i contributi ad un monitoraggio della qualità dei risultati in termini di studenti effettivamente formati ( e certificati) e  di organizzazione e gestione dell’ offerta formativa indispensabile alla buona qualità dell’ insegnamento.

  • Ciò accade anche nelle altre circoscrizioni?

Sì. Non solo in Brasile.

  • Che Lei sappia, la comunità ha manifestato qualche tipo di reazione alla notizia? Molto blanda, non è vero? Ma questa reazione non dovrebbe partire dall’Italia stessa, per prima interessata al “Made in Italy”?

La reazione in sede ufficiale o  politica mi pare commisurata all’ interesse che la comunità manifesta per la lingua e la cultura italiana. Personalmente posso ringraziare per  l’ affetto e il consenso che mi arriva dalle tantissime persone con cui ho avuto il piacere di lavorare insieme in questi anni:  membri della comunità, Comites, CGIE,  come delle istituzioni culturali locali e, anche, i tanti amici brasiliani  attenti e solleciti nel collaborare o nel  partecipare alle iniziative culturali, i quali qui voglio specialmente ringraziare con un abbraccio.
Quanto alla reazione dell’ Italia: in questo momento gli italiani, come nel resto dell´Europa sono alle prese con i problemi immediati determinati dalla crisi, come l´occupazione giovanile.I temi della politica culturale all´estero non sono al centro del dibattito mediatico: per esempio, in Italia non ho mai letto un articolo o visto un programma o reportage che raccontasse la vicenda dei milioni di aspiranti alla cittadinanza, per effetto dello ius sanguinis:  i discendenti con cittadinanza vengono chiamati “ italiani residenti all’ estero”; in questo modo è difficile intendere che si sta parlando di persone che sono nate e vivono in un altro paese, talvolta senza nessun contatto o poche  cognizioni relative all’ Italia. Persone che però votano e quindi decidono per il governo stesso degli italiani nati e residenti.
E, aggiungerei una cosa importante: forse la lingua non è Made in Italy. Una lingua viene molto prima ed è molto di più: un patrimonio di conoscenza e sapere  che dovrebbe stare a cuore a tutti gli italiani ( nati o meno sul territorio). Dalla consapevolezza di questo è nata, di seguito ad un lavoro pluriennale fatto con le rappresentanze della comunitá e il di italiano e CELIN che ha avuto sbocco nel Seminario Internazionale per una Cittadinanza Interculturale ( giungo2009), l´idea, sostenuta vigorosamente da questo Consolato di realizzare corsi di formazione per aspiranti o nuovi cittadini, che preludano al piacere di imparare anche la lingua.
Praticare una lingua infatti  è un modo di  possedere un mondo  (ricordate Don Milani?) e una  possibilità di esercitare la cittadinanza con la consapevolezza necessaria allo  scambio, alla relazione costruttiva, all’ amicizia non superficiale, alla conoscenza.
Per me è stato così nei confronti del Brasile: imparare il portoghese non era così necessario per la mia sopravvivenza. Era fondamentale per la qualità profonda della mia vita