2 giugno: una giornata di festa dal sapore amaro per gli italiani all’estero

In questo 2 giugno, mentre l’Italia celebra i 79 anni della scelta popolare per la Repubblica, la data assume un gusto amaro per milioni di discendenti di italiani sparsi nel mondo. Se nel 1946 l’Italia rinasceva dalle macerie della guerra con promesse di uguaglianza e dignità per tutti i suoi cittadini, nel 2025 quello stesso Paese ha scelto, per decisione parlamentare e sotto la guida del governo, di escludere una parte dei suoi figli – proprio coloro che hanno mantenuto vivo il legame culturale con la patria d’origine.

In un messaggio incisivo diffuso in occasione della Festa della Repubblica, Daniel Taddone – consigliere eletto al CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) e presidente dell’associazione Natitaliani – denuncia quelle che definisce “lezioni amare” inflitte agli italiani all’estero dall’attuale governo Meloni. A partire dal Decreto-Legge n. 36 del 28 marzo 2025, convertito in legge con l’appoggio della maggioranza parlamentare di centrodestra, la cittadinanza italiana per discendenza è stata drasticamente limitata, anche con effetti retroattivi. Per Taddone, si tratta di una “offensiva autoritaria” che viola la Costituzione e rompe, in modo deliberato, il patto tra l’Italia e la sua diaspora.

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Dal 28 marzo al 2 giugno: lezioni amare per gli italiani all’estero

Oggi, 2 giugno, celebriamo la Festa della Repubblica Italiana. Settantanove anni fa tutti gli italiani furono chiamati a scegliere la forma di Stato di una nazione distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale. Come risposta agli anni bui del fascismo e alle ferite profonde di una guerra inutile, gli italiani scelsero la Repubblica.

Al referendum del 2 giugno 1946 votarono uomini e donne. Per la prima volta nella storia, le italiane poterono partecipare in modo paritario alla vita civile del proprio Paese. Fu l’annuncio di ciò che, un anno e mezzo dopo, avrebbe sancito l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Quest’anno, tuttavia, il 2 giugno degli italiani all’estero avrà un sapore particolarmente amaro. Il Governo della Repubblica Italiana ha improvvisamente deciso di fare dei discendenti della sua grande diaspora nel mondo un bersaglio da colpire con forza e senza pietà.

Il 28 marzo di quest’anno, in una conferenza stampa, il Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani ha “bombardato” gli italiani all’estero con tutta la sua artiglieria verbale: falsi italiani, approfittatori, falsificatori. È un giorno già entrato nella storia dell’infamia.

Con una violenza verbale inaudita, Tajani ha identificato e attribuito una colpa collettiva ai discendenti degli italiani nel mondo, imponendo loro una punizione: la revoca immediata dei loro diritti di cittadinanza. Addio al principio di irretroattività della legge, alla sicurezza giuridica e a tanti altri fondamenti dello Stato di diritto.

In meno di sessanta giorni, il Parlamento italiano – dominato da tre partiti di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) – ha approvato a larga maggioranza una modifica alla legge sulla cittadinanza chiaramente incostituzionale. Le forze di opposizione hanno parlato quasi da sole. La maggioranza non si è nemmeno preoccupata di rispondere. I pochi interventi si sono limitati a ripetere ad nauseam accuse collettive e distorsioni di episodi isolati elevati a minacce per la sicurezza nazionale.

I vizi di costituzionalità contenuti nelle modifiche introdotte dal Decreto-Legge 36/2025 sono evidenti e numerosi. Il primo è di natura formale: l’uso dello strumento del decreto-legge per una materia che chiaramente non ha carattere d’urgenza.

Gli altri vizi sono di natura sostanziale, e il più grave è la retroattività. Il decreto-legge introduce un nuovo articolo (Art. 3-bis) che revoca espressamente e immediatamente l’efficacia di numerose norme precedenti, tornando al passato per annullarne l’efficacia, in aperto contrasto con il principio del tempus regit actum. In modo inconfutabile, il decreto revoca lo status civitatis di un numero indefinito di persone per motivi chiaramente politici, violando l’articolo 22 della Costituzione italiana.

Un altro principio violato è quello della fiducia legittima e della certezza del diritto. È prerogativa del legislatore approvare nuove leggi, ma il rispetto della sicurezza giuridica è, secondo la stessa Corte Costituzionale, un “elemento fondamentale dello Stato di diritto”.

Il Governo Meloni e la sua maggioranza parlamentare, in uno slancio senza precedenti contro i discendenti dei milioni di italiani costretti a emigrare, soprattutto per fame e miseria, hanno scelto di calpestare numerosi principi fondamentali della civiltà giuridica.

Questo slancio autoritario del governo italiano ha aperto un vaso di Pandora che solo la Corte Costituzionale potrà richiudere. E speriamo che lo faccia al più presto!

Nel mondo reale, i danni provocati da questo autoritarismo si sono già fatti sentire. Migliaia di cittadini sono stati gettati nel limbo mentre si preparavano a presentare le loro richieste secondo una normativa che è stata cambiata da un giorno all’altro.

I cittadini italiani già riconosciuti, molti dei quali “adagiati in un sonno tranquillo”, pensavano di essere immuni da tali misure autoritarie. Ma iniziano a rendersi conto delle mostruosità legali generate dal «Decreto della Vergogna».

I funzionari pubblici nei consolati e nei comuni italiani saranno ora investiti della funzione di “Arbitri dell’italianità”. In effetti, i nostri consolati sparsi per il mondo diventano ora “Tribunali dell’italianità”.

Il nuovo comma 1-bis introdotto all’articolo 4 della legge sulla cittadinanza ha trasformato migliaia di figli minorenni di cittadini italiani già riconosciuti in stranieri. La loro cittadinanza è stata perentoriamente revocata. D’ora in avanti sono “minori stranieri” che potranno diventare italiani “per beneficio di legge” solo se uno dei genitori è “cittadino per nascita”.

In pratica, una bambina nata il 24 aprile 2025, i cui genitori non erano ancora riusciti a registrarla al consolato, ha perso la cittadinanza italiana il 25 maggio successivo. Da allora è una cittadina straniera che forse potrà diventare italiana se i genitori pagheranno 250 euro allo Stato e dichiareranno di volerla far tornare italiana.

E ho detto “forse”, perché se né il padre né la madre sono cittadini per nascita – come nel caso di coloro che hanno ottenuto la cittadinanza ai sensi della Legge 379/2000 (cittadinanza per discendenza trentina) – i figli minorenni non registrati, e quelli non ancora nati, sono condannati a restare stranieri senza possibilità di accedere nemmeno all’elemosina sanatoria prevista per altri casi.

D’ora in avanti, quindi, una delle funzioni consolari essenziali nella quotidianità sarà quella di classificare i cittadini italiani. I cittadini di “serie A” sono quelli esclusivamente italiani, senza “contaminazioni” di altre cittadinanze. I loro figli rientrano nella “serie B”, i nipoti nella “serie C”, i pronipoti nella “serie D”. Gli ultimi saranno gli italiani sterili: i cittadini di “serie E”.

Coloro che hanno lottato per anni per ottenere la cittadinanza italiana ai sensi della Legge 379/2000, in vigore dal 2000 al 2010 – e molti dei quali attendono ancora la conclusione delle procedure amministrative anche a 15 anni dalla fine del termine – sono oggi cittadini dimezzati: non possono più trasmettere la propria cittadinanza ai figli.

Come si vede, l’azione autoritaria del governo di Giorgia Meloni ha già prodotto – e continuerà a produrre – conseguenze mostruose. Politicamente, mi auguro che questo episodio triste nel rapporto tra l’Italia e la sua diaspora serva a far capire a molti che, per la destra italiana, gli italiani all’estero non fanno parte di ciò che intendono per “Patria”.

È probabile che le prossime elezioni parlamentari si svolgeranno nel 2027. Spetta a tutti noi ricordare a ogni elettore residente all’estero i nomi dei partiti che ci hanno pugnalato alle spalle, nel silenzio della notte, con l’obiettivo dichiarato di eliminarci. Non esiste affiliazione ideologica che giustifichi il sostegno a questi partiti in futuro. Spero che questa lezione amara rimanga indelebile nella nostra memoria per moltissimi anni.