Le primarie del Partito Democratico in Sudamerica

PATROCINANDO SUA LEITURA

Il 14 ottobre si vota in Italia e all’estero per le “primarie” del Partito Democratico. Un tentativo di rispondere alla progressiva disaffezione della gente nei confronti della politica.

 

u SAN PAOLO – SP – Questa domenica alcuni milioni di italiani partecipano ad un evento inedito per la giá matura democrazia repubblicana: mi riferisco alle elezioni “primarie” (cioè dirette) del Segretario Nazionale del ‘Partito Democratico’ e dei componenti dell’Assemblea Costituente del nuovo soggetto politico italiano.

Si tratta di un momento particolarmente importante e degno di nota, per una serie di fattori:

1- In primo luogo perché è raro in politica assistere alla nascita di una nuova formazione che, invece di dividere i partiti giá esistenti, è il risultato della ‘somma’ di organizzazioni forti e consolidate.

Il PD (Partito Democratico) nasce infatti dalla sostanziale unione delle due principali formazioni politiche che sostengono oggi il governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi: i Democratici di Sinistra (DS) e la Margherita.

2 – In secondo luogo per la forma scelta per dare vita al nuovo partito e, in particolare, del suo leader; la decisione,  appunto, di fare scegliere ai militanti di base, ai simpatizzanti e non solo agli “iscritti” la linea politica e la nuova classe dirigente.

3 – Per noi, italiani residenti all’estero, è giusto evidenziare un terzo elemento di novitá: per la seconda volta (la prima furono le famose “primarie” che indicarono in Prodi il candidato a Primo Ministro per “L’Ulivo”) siamo chiamati da una formazione politica ad esprimerci su decisioni vitali e importanti per il futuro della politica italiana.

E, in questo caso, anche con la possibilitá di concorrere – con propri candidati – all’elezione non solo del Segretario Nazionale ma anche dei membri dell’Assemblea Costituente del Partito.

Tutti questi dati possono apparire banali, o tuttalpiú questioni interne alla vita di una organizzazione politica, e quindi non di interesse generale o di dibattito pubblico.

Non credo sia cosí, e questo proprio in relazione alla progressiva crisi di disaffezione della gente, soprattutto dei giovani, rispetto alla politica.

Un fenomeno, come sappiamo bene, non solo italiano; qui in Sudamerica ne abbiamo quotidianamente una riprova: un fenomeno di carattere transnazionale, quindi.

Esiste in tutto il mondo una ricerca di un modo nuovo di fare politica, di recuperare la reale partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni democratiche; una questione di non facile soluzione e comunque vitale per il futuro della convivenza civile dei e tra i popoli.

Allo stesso tempo, quasi a fare da contraltare a questa ricerca, si acutizzano sempre piú i fenomeni dell’antipolitica, la protesta piú o meno giustificata contro tutto e tutti, la rivolta morale capace sicuramente di delegittimare ma non, con la stessa energia, di indicare nuove e possibili strade da seguire.

Mi riferisco, per esempio, alla mobilitazione causata in Italia dall’attore comico Beppe Grillo, che nel giro di poche settimane ha saputo coaugulare intorno a sé un sentimento ‘trasversale’ di sfiducia e distacco dell’opinione pubblica italiana dalle istituzioni.

La gente è lontana dalla politica o la politica non riesce piú a stare vicino alla gente?

Il dubbio amletico mi fa venire in mente recenti (ma anche antiche) discussioni all’interno della comunitá italiana che vive in Sudamerica.   Quante volte, nelle nostre riunioni, abbiamo criticato o lamentato l’assenza dei giovani dalle nostre associazioni, dagli organismi di rappresentanza degli interessi degli italiani all’estero?   Fino a quando, in una di queste riunioni, ci si è domandati se invece di aspettare una improbabile e forse ingiustificata partecipazione di una non bene definita “comunitá giovanile” a riunioni lunghe e noiose non fosse il caso di andare incontro alle giovani generazioni incontrandole nei loro luoghi naturali di socializzazione: scuole, università, bar, teatri…

Non c’era bisogno di scomodare il solito ‘Maometto e la sua montagna’, ma è quello è stato fatto e che ha funzionato: sono testimone e protagonista di alcuni incontri con studenti universitari interessatissimi al rapporto con l’Italia e – attraverso l’Italia – l’Unione Europea; incontri avvenuti presso le Facoltá universitarie, in auditorium pieni di ragazzi impegnati e disposti a coinvolgersi in attivitá e  progetti concreti.

E’ di questo che la politica ha bisogno oggi, in Italia come in Sudamerica.

Di un inversione di marcia forte e decisa, di un processo di rinnovamento che sappia ‘partire dal basso’ non a parole ma con gesti e iniziative concrete.

Le “primarie” del 14 ottobre non costituiscono certo l’unica risposta  possibile.    Si tratta peró di un passo nella direzione giusta.    Dieci, cento, mille passi nella stessa direzione possono fare la differenza.

 

* Fabio Porta, sociologo, è candidato nella lista “Con Veltroni” / Collegio America Meridionale