Il presidente dell’Associazione Amici di Forno di Zoldo critica duramente il Decreto Tajani e avverte sui danni economici e culturali per l’Italia

Angelo Natal Périco, di Siderópolis-SC, denuncia in un articolo inviato alla Revista Insieme che le restrizioni alla cittadinanza italiana colpiscono il turismo delle radici, l’economia locale e indeboliscono l’immagine internazionale dell’Italia

Un altro importante esponente della comunità italo-brasiliana si unisce al coro di critiche contro il discusso Decreto-Legge n. 36 del 28 marzo 2025, noto come “Decreto Tajani”. Si tratta dell’economista Angelo Natal Périco, presidente dell’Associazione Culturale Amici di Forno di Zoldo — ente con sede a Siderópolis, nel sud dello Stato di Santa Catarina, città che da quasi 30 anni mantiene un rapporto di gemellaggio con Forno di Zoldo, nella regione Veneto (oggi Val di Zoldo), terra d’origine di molti dei suoi emigranti.

In un articolo inviato alla Revista Insieme, Périco definisce il decreto del governo Meloni come “una minaccia al capitale economico e simbolico della diaspora italiana” e sostiene che le nuove regole restrittive sulla cittadinanza italiana iure sanguinis potrebbero avere conseguenze negative non solo per i discendenti degli italiani all’estero, ma anche per l’economia stessa dell’Italia.

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Ricorda che il turismo delle radici — i viaggi dei discendenti in cerca dei luoghi dei propri antenati — muove miliardi di euro all’anno e favorisce proprio le piccole località dell’entroterra, spesso lontane dai grandi circuiti turistici tradizionali.

“Il Decreto Tajani potrebbe significare, per queste regioni, perdere turisti, investimenti, legami affettivi e anche nuovi imprenditori interessati a mantenere vive le relazioni con l’Italia”, scrive l’autore.


Il paradosso di Siderópolis e Val di Zoldo

La presa di posizione pubblica di Périco assume ancora più rilievo per il contesto simbolico in cui si inserisce. Siderópolis, la città dove ha sede l’Associazione Culturale Amici di Forno di Zoldo, è stata una delle prime in Brasile ad approvare una mozione ufficiale di ripudio al Decreto Tajani. Il documento è stato approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale e ha ricevuto il sostegno del sindaco di Siderópolis, Franqui Salvaro.

Il paradosso sta nel fatto che il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin — già conosciuto dai lettori della Revista Insieme — si è distinto in Italia come uno dei più convinti sostenitori del decreto che impone limiti alla cittadinanza italiana per i discendenti nati all’estero. In altre parole, mentre la città gemella brasiliana si mobilita contro il Decreto Tajani, il sindaco della città italiana gemellata con Siderópolis è uno dei suoi principali promotori.


Una visione strategica della cittadinanza

Nell’articolo, Périco sostiene che il riconoscimento della cittadinanza italiana è sempre stato molto più di un beneficio individuale: si tratta di uno strumento di rafforzamento dei legami storici, culturali ed economici tra l’Italia e la sua vasta diaspora.

Utilizza la metafora “uccidere la mucca per eliminare le zecche” per illustrare il rischio che misure amministrative mal calibrate finiscano per distruggere la base economica e simbolica che sostiene il legame con gli italiani all’estero.

“La cittadinanza italiana iure sanguinis non è solo un diritto giuridico. Rappresenta, per milioni di discendenti, un legame affettivo e identitario che si traduce in viaggi, studi, consumo di prodotti italiani e promozione dello stile di vita italiano nel mondo”, spiega l’economista.


Impatti economici e isolamento culturale

L’articolo fornisce anche dati concreti: il turismo delle radici ha generato circa 4,9 miliardi di euro nel 2019 e ha coinvolto 10,4 milioni di visitatori. Una riduzione di questo flusso — come conseguenza delle nuove restrizioni alla cittadinanza — potrebbe colpire direttamente i piccoli comuni e le regioni meno esplorate dal turismo di massa.

Inoltre, il presidente dell’Associazione di Forno di Zoldo avverte sul rischio di isolamento culturale e di perdita di soft power (potere di influenza culturale) dell’Italia nel mondo, nel caso in cui le nuove generazioni di italo-discendenti smettano di sentirsi legate alla propria identità italiana.

“Altri Paesi con una tradizione di emigrazione — come Irlanda, Portogallo e Israele — seguono esattamente la strada opposta: facilitano il legame con le proprie diaspore, incentivano il turismo delle radici e riconoscono il valore strategico di mantenere vivi questi rapporti”, scrive Périco. In seguito, il testo tradotto da noi:

Il Decreto Tajani e la Cittadinanza Iure Sanguinis: Una Minaccia al Capitale Economico e Simbolico della Diaspora Italiana

Angelo Natal Périco – Economista
Presidente: Associazione Culturale Amici di Forno di Zoldo

Riassunto

Il presente articolo analizza i potenziali impatti economici e strategici derivanti dall’approvazione del cosiddetto “Decreto Tajani”, che propone modifiche restrittive alla Legge sulla Cittadinanza Italiana iure sanguinis. Da una prospettiva economica e culturale, si sostiene che la limitazione dell’accesso alla cittadinanza per i discendenti di italiani, specialmente fuori dall’Europa, possa compromettere flussi rilevanti di turismo di radici, investimenti affettivi e legami simbolici che favoriscono la bilancia commerciale italiana. Lo studio evidenzia l’importanza della diaspora come vettore di soft power e come risorsa strategica che, se trascurata, potrebbe generare perdite misurabili e indebolire la presenza internazionale dell’Italia.

La metafora centrale — “uccidere la mucca per eliminare le zecche” — illustra il rischio di soluzioni mal calibrate a problemi amministrativi.

Parole chiave

Cittadinanza italiana; Decreto Tajani; turismo di radici; bilancia commerciale; diaspora; soft power; economia culturale.


Introduzione

L’Italia possiede una lunga tradizione di riconoscimento della cittadinanza per discendenza, conosciuta come iure sanguinis (diritto di sangue). Questo principio ha consentito a individui con ascendenza italiana, indipendentemente dal numero di generazioni trascorse, di rivendicare la cittadinanza italiana, purché potessero dimostrare la propria linea di discendenza.

Questa politica ha portato un numero significativo di italo-discendenti in tutto il mondo a ottenere la cittadinanza italiana, specialmente in Paesi come il Brasile e l’Argentina.

L’obiettivo di questo articolo è analizzare i possibili impatti economici di tali modifiche, con particolare enfasi sul settore turistico italiano. Si sostiene che la restrizione della cittadinanza possa scoraggiare il cosiddetto “turismo di radici”, in cui i discendenti di italiani visitano il Paese alla ricerca di connessioni culturali e familiari. Tale potenziale riduzione dei flussi turistici potrebbe avere implicazioni significative sulla bilancia commerciale italiana, specialmente nelle regioni che storicamente beneficiano di questo tipo di turismo.

Il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza rappresenta da decenni un importante legame tra l’Italia e la sua vasta diaspora globale. Si stima che oltre 80 milioni di persone abbiano un qualche grado di ascendenza italiana, sparse in America Latina, Nord America, Europa e altri continenti.

Questo legame, che combina eredità culturale, identità storica e diritto giuridico, non è stato solo un ponte affettivo con il Paese d’origine, ma anche uno stimolo per flussi turistici, investimenti, scambi culturali e consumo di beni culturali e commerciali italiani.

Il Decreto Tajani: Contenuto e Implicazioni Legali

Il cosiddetto Decreto Tajani, presentato nel marzo 2025, propone modifiche sostanziali alla Legge n. 91/1992, che regola l’acquisizione della cittadinanza italiana.

Tra le principali modifiche proposte, si evidenziano:

1. L’obbligo di residenza di almeno tre anni in Italia per i richiedenti la cittadinanza per discendenza.

Questo è uno degli aspetti più restrittivi della proposta: la residenza legale minima di tre anni sul territorio italiano prima di poter presentare la domanda di cittadinanza. Tale requisito aumenta significativamente i costi e rende più difficile l’accesso, soprattutto per i candidati che non hanno la possibilità di stabilirsi per un periodo prolungato in Italia.

2. La limitazione del diritto alla cittadinanza a sole due generazioni dopo l’italiano originario.

Questo esclude i discendenti più lontani — come i bisnipoti e i trisnipoti — che, pur mantenendo legami culturali e affettivi con l’Italia, non potranno più richiedere la cittadinanza, salvo attraverso altri percorsi legali.

3. L’obbligatorietà di comprovare una conoscenza della lingua italiana di livello B1 o superiore, mediante esame ufficiale.

Tale requisito, seppur comprensibile dal punto di vista dell’integrazione culturale, può rappresentare un ostacolo significativo per i discendenti nati al di fuori dell’Europa, in particolare in America Latina.

Il governo giustifica queste misure sulla base della necessità di “preservare l’integrità del legame tra cittadino e Stato”, sottolineando che la cittadinanza deve essere uno strumento di appartenenza reale, e non soltanto un vantaggio burocratico.

Inoltre, si argomenta che il sistema consolare è sovraccarico con centinaia di migliaia di richieste, alcune delle quali con lunghi tempi di attesa.

Le critiche, tuttavia, sottolineano che il provvedimento ignora il ruolo strategico della diaspora italiana all’estero.

Enti, storici, economisti e rappresentanti della comunità italo-discendente sostengono che la cittadinanza per discendenza non sia solo un beneficio individuale, ma un legame vitale di connessione tra l’Italia e i suoi milioni di figli sparsi nel mondo.

Il decreto, secondo loro, non solo riduce questo legame, ma può avere effetti collaterali negativi in settori come il turismo, il commercio e la diplomazia culturale.

La cittadinanza come vettore di legami culturali ed economici

La cittadinanza italiana iure sanguinis rappresenta, per milioni di discendenti sparsi nel mondo, un legame concreto con la propria ascendenza, cultura, valori e identità familiare. Questo legame, una volta riconosciuto legalmente, spesso si traduce in azioni pratiche — come viaggi, investimenti, scambi culturali, consumo di prodotti made in Italy, studio della lingua, gemellaggi e partecipazione ad associazioni culturali italiane.

Il turismo di radici è uno dei principali risultati di questo processo, a beneficio di regioni poco esplorate dal punto di vista turistico tradizionale. Molte famiglie italo-discendenti intraprendono viaggi in Italia spinte da un profondo desiderio di conoscere la terra dei propri antenati, visitare villaggi, chiese, cimiteri, archivi e ritrovare parenti lontani.

Questi viaggi tendono a concentrarsi fuori dalle grandi città, favorendo proprio quelle regioni meno esplorate dal turismo di massa — come il Veneto rurale, la Lombardia interna, la Calabria, la Sicilia o l’entroterra toscano.

Questo turismo stimola la spesa in alloggi, gastronomia, trasporti, servizi di guide specializzate in genealogia e storia locale, prodotti tipici, corsi di italiano e eventi culturali, oltre a generare investimenti affettivi e patrimoniali.

Inoltre, vi sono casi documentati di discendenti che, dopo aver ottenuto la cittadinanza, hanno deciso di intraprendere attività imprenditoriali in Italia, trasferire la residenza definitiva o addirittura creare imprese orientate allo scambio culturale, educativo ed economico.

Pertanto, riconoscendo la cittadinanza ai propri discendenti, l’Italia non solo restituisce un diritto storico, ma alimenta anche legami duraturi e produttivi con una comunità che, sotto molti aspetti, si sente già parte integrante dell’identità nazionale italiana — anche se a distanza.

Le misure proposte dal Decreto Tajani, restringendo questo diritto, possono compromettere questo flusso di relazioni simboliche ed economiche, colpendo non solo gli individui, ma intere filiere produttive legate al turismo e all’economia locale.

La conseguenza è simile a “uccidere la mucca” (la cittadinanza come produttrice di legame e consumo) per cercare di “eliminare le zecche” (l’eccesso burocratico e la lentezza procedurale).

Impatti Economici Attesi

La proposta di modifica della legislazione sulla cittadinanza italiana, come delineata nel Decreto Tajani, potrebbe avere ripercussioni significative sull’economia italiana, in particolare nel settore turistico.

Restringendo il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è prevedibile una diminuzione del cosiddetto turismo di radici, che ha rappresentato finora una fonte importante di entrate per il Paese.

Il turismo rappresenta circa il 10% del PIL italiano. Nel 2024, l’Italia ha registrato 458,4 milioni di presenze turistiche. Il turismo di radici, da parte sua, ha mobilitato 10,4 milioni di visitatori nel 2019, con un impatto economico di 4,9 miliardi di euro.

Con le restrizioni proposte dal Decreto Tajani, è plausibile anticipare una riduzione sostanziale del numero di turisti di radici. Considerando i dati del 2019, una diminuzione in questo segmento potrebbe tradursi in perdite economiche significative, colpendo non solo il settore turistico, ma anche industrie correlate, come l’ospitalità, la ristorazione, i trasporti e il commercio locale.

Inoltre, è importante sottolineare che molte delle regioni beneficiarie del turismo di radici sono aree meno esplorate dal turismo convenzionale. Queste località potrebbero subire in modo sproporzionato la riduzione del flusso di visitatori, aggravando le disparità economiche regionali.

L’importanza strategica della diaspora italiana

L’Italia possiede una delle più grandi diaspore del mondo: si stima che oltre 80 milioni di persone nel pianeta abbiano qualche ascendenza italiana.

Questo contingente rappresenta un immenso attivo politico, culturale ed economico che, storicamente, è stato un pilastro del cosiddetto soft power italiano — ovvero la capacità di influenzare il mondo non con la forza, ma attraverso la cultura, la simpatia e l’identità.

La cittadinanza italiana iure sanguinis ha svolto un ruolo centrale in questo processo. Riconoscendo come cittadini persone che, pur nate al di fuori del territorio nazionale, condividono un’eredità storica, linguistica e familiare, l’Italia rafforza il proprio ruolo di “nazione culturale espansa”.

Questo non solo proietta l’immagine di un Paese aperto e generoso verso i propri figli lontani, ma stimola anche lo studio della lingua italiana, la valorizzazione della sua cultura, della gastronomia, delle tradizioni e dei prodotti.

La diaspora è anche un vettore di influenza politica. Molti italo-discendenti occupano posizioni rilevanti nei loro Paesi — inclusi Parlamenti e Governi — e possono agire come ponti diplomatici, facilitando trattati, investimenti e partenariati strategici.

Tagliare o limitare i legami con questa comunità può significare, a medio termine, una perdita di capitale politico globale.

Altri Paesi con una forte presenza storica di emigrazione hanno adottato strategie esattamente opposte a quelle proposte dal Decreto Tajani. Esempi includono:

• Irlanda: riconosce ampiamente la cittadinanza per discendenza e promuove ufficialmente il turismo di radici;

• Portogallo: ha recentemente ampliato le possibilità di cittadinanza per i discendenti di ebrei sefarditi, con risultati positivi in termini di investimenti e turismo;

• Israele: la Legge del Ritorno è una politica di cittadinanza estremamente aperta per i discendenti di ebrei, con un chiaro focus sulla connessione culturale e strategica.

Questi Paesi hanno compreso che le proprie comunità all’estero rappresentano opportunità di rafforzamento, non minacce.

Nel rendere più difficile o impedire l’accesso alla cittadinanza per le generazioni più giovani della diaspora, l’Italia rischia di indebolire i legami con questo patrimonio umano globale.

I giovani italo-discendenti che potrebbero imparare la lingua, visitare il Paese, studiare o investire in Italia, potrebbero semplicemente smettere di identificarsi con questa origine — soprattutto se trattati come “non appartenenti”.

Il Decreto Tajani minaccia questo capitale simbolico e strategico, potenzialmente indebolendo i legami con le future generazioni di italo-discendenti.

Conclusioni: Tra appartenenza e danno

Il Decreto Tajani potrebbe rompere con una tradizione di apertura e riconoscimento che ha caratterizzato l’Italia per decenni. Pur riconoscendo l’esistenza di problemi burocratici e di gestione amministrativa, le soluzioni proposte dal decreto rischiano di penalizzare proprio la base simbolica ed economica che sostiene il legame Italia-diaspora.

Invece di eliminare le “zecche”, si rischia di uccidere la “mucca” — indebolendo il turismo di radici, l’influenza politica e i legami culturali con milioni di discendenti che si sentono parte dell’identità italiana.

Il Decreto Tajani, nel proporre severe limitazioni alla cittadinanza italiana iure sanguinis, minaccia di spezzare un legame storico che ha reso l’Italia una delle poche nazioni veramente transnazionali — con radici sparse in tutti i continenti e un capitale simbolico che va ben oltre i confini geografici.

Pur comprendendo le intenzioni del governo, come la riduzione della burocrazia e il rafforzamento del legame effettivo tra cittadino e Stato, i mezzi proposti rischiano di produrre effetti inversi e controproducenti.

L’obbligo di residenza di tre anni, il limite a sole due generazioni e l’imposizione di esami linguistici rigidi non risolvono i problemi strutturali dei consolati e del sistema giuridico — ma allontanano migliaia di discendenti che, fino ad ora, vedevano nell’Italia un’estensione legittima della propria identità.

Come dimostrato, questa rottura tende a produrre impatti economici negativi misurabili, soprattutto nel turismo di radici, che muove miliardi di euro ogni anno e beneficia direttamente regioni economicamente più fragili.

Inoltre, compromette la forza strategica della diaspora italiana, che ha funzionato come canale di influenza, diplomazia informale, promozione culturale e persino attrazione di investimenti.

È come se, di fronte all’infestazione di zecche, si decidesse di abbattere la mucca — dimenticando che è proprio lei a nutrire, sostenere e movimentare tutta la struttura intorno.

L’Italia ha certamente bisogno di una riforma del sistema di riconoscimento della cittadinanza. Ma questa riforma deve essere orientata a criteri di efficienza, giustizia storica e visione strategica — non a misure punitive o restrittive che ignorano il valore, tangibile e intangibile, di mantenere vivi i legami con la propria immensa famiglia globale.

Riferimenti bibliografici

• ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica. Dati sul turismo 2024.
• ANSA Brasile. “Il turismo batte il record in Italia nel 2024”. Disponibile su: https://ansabrasil.com.br
• Consolato d’Italia a Porto Alegre. “Turismo di radici”. Disponibile su: https://consportoalegre.esteri.it
• Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Dossier “Turismo delle radici” (2023).
• Tajani, A. Proposta di modifica alla Legge 91/1992 (marzo 2025).
• CAVALLARO, L. La cittadinanza negata. Roma: Laterza, 2021.