In un’intervista rilasciata questa domenica (11/05), il deputato italiano Dimitri Coin, vice capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati, ha definito il Decreto-Legge n. 36/2025 — noto come Decreto Tajani — un “pasticcio giuridico di proporzioni storiche”, che minaccia di spezzare i legami tra l’Italia e i milioni di suoi discendenti sparsi nel mondo, in particolare in America Latina.
Parlando dall’Italia (Treviso è la sua base politica in Veneto), Coin ha ricordato che la regione fu una delle più colpite dall’emigrazione dopo l’unità d’Italia. “Più della metà della popolazione veneta dovette partire per non morire di fame. Erano i nostri nonni, i nostri zii, i nostri fratelli. Negare ora la cittadinanza ai loro discendenti è un gesto che va oltre la legge: è un colpo alla fratellanza umana”, ha affermato.
Durante l’intervista concessa a Insieme, Coin ha anche condannato duramente l’atteggiamento di alcuni sindaci italiani che, secondo lui, stanno promuovendo una narrazione distorta contro gli italo-discendenti, specialmente in Veneto. Senza menzionare direttamente il nome di Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo, il deputato ha dichiarato che un amministratore comunale “ha vilipeso la bandiera brasiliana” lasciandola esposta per mesi davanti al municipio come forma di protesta contro le pratiche di cittadinanza. “In Brasile, quel gesto è stato percepito come una provocazione. Non si può ridicolizzare uno Stato sovrano”, ha dichiarato Coin, aggiungendo che quel gesto dovrebbe essere oggetto di indagine giudiziaria, poiché in Italia costituisce reato.
Coin ha inoltre criticato l’atteggiamento di alcuni sindaci veneti che, a suo avviso, hanno perso il senso della responsabilità istituzionale. “Quando un sindaco dice di rappresentare ‘le istituzioni’ e non più i cittadini che lo hanno eletto, si allontana dalle basi democratiche del proprio mandato”, ha denunciato. Per lui, la crescente ostilità contro gli italo-discendenti in alcuni comuni veneti riflette disinformazione, impreparazione e persino disprezzo per la propria storia regionale. “Metà della popolazione veneta dovette emigrare per sopravvivere. E ora vogliono dire che questi non sono più nostri fratelli?”, ha domandato. Coin si è dichiarato personalmente offeso all’idea di negare la cittadinanza a chi discende dalla diaspora veneta — “la seconda più grande al mondo, dopo quella ebraica”, ha sottolineato.
Il parlamentare, membro della Commissione Affari Esteri e Comunitari e della delegazione italiana all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha criticato duramente sia il contenuto che il contesto del decreto. Secondo lui, la giustificazione di “emergenza” invocata nel testo — che suggerisce rischi alla sicurezza dell’Italia e dell’Europa a causa del numero di richieste di cittadinanza — è “una infamia statistica”: “Gli italo-discendenti non sono immigrati. Sono italiani per sangue, per diritto, per storia. È come se Israele rinnegasse i propri ebrei nel mondo”, ha osservato.
Coin ha spiegato che la Lega aveva inizialmente presentato un emendamento per eliminare l’obbligo di nascita in Italia per i figli di italiani all’estero, cercando di salvaguardare il principio dello iure sanguinis. Tuttavia, il testo approvato in Commissione al Senato, a suo avviso, è ancora peggiore: prevede che il genitore o il nonno abbia avuto “esclusivamente la cittadinanza italiana”, un criterio incompatibile con la realtà della diaspora e contrario ai trattati internazionali sulla doppia cittadinanza. “Di fatto, questo annulla il diritto al riconoscimento per quasi tutti. È lo ius soli che rientra dalla finestra”, ha denunciato.
Per Coin, il decreto fa parte di un tentativo deliberato di riformare la cittadinanza italiana in modo indiretto, prendendo di mira gli italo-discendenti come pretesto. “Se questo testo dovesse andare avanti così com’è, il danno politico, umano ed economico sarà irreparabile”, ha avvertito.
Secondo il deputato, c’è ancora tempo per apportare modifiche prima che il disegno di legge arrivi all’Aula del Senato, il che potrebbe avvenire già da mercoledì (15/05). “Il governo può presentare un emendamento correttivo all’ultimo minuto. E dovrebbe farlo. La presidente Meloni ha detto di voler valorizzare i discendenti. Ora deve dimostrare che lo crede davvero”, ha insistito.
Coin ha rivelato di essere in contatto con parlamentari alleati nel tentativo di convincere l’esecutivo a correggere il testo prima della votazione finale. Ha inoltre denunciato che il provvedimento è stato imposto alla maggioranza da una “burocrazia antica e ideologica del Ministero degli Affari Esteri”, incarnata, secondo lui, dal funzionario Stefano Soliman, che aveva già cercato di introdurre norme simili durante il primo governo Conte — iniziative “travestite da razionalità tecnica, ma con un fine politico occulto”, ha denunciato.
Coin ha inoltre ricordato il ruolo decisivo dell’ex deputato Luis Roberto Lorenzato durante quel periodo, quando un decreto simile — redatto da tecnici della Farnesina — fu bloccato grazie alla pressione parlamentare. “Intervenne direttamente e riuscì a far ritirare un decreto che colpiva i diritti degli italo-discendenti”, disse Coin. I due continuano a collaborare da allora, anche ora contro il Decreto Tajani. Lorenzato dovrebbe tornare in Italia questa settimana, accompagnato dall’imprenditore Marcelo Fragali, per rafforzare il dialogo politico con la maggioranza e sollecitare modifiche urgenti prima del voto finale al Senato.
Il Disegno di Legge n. 1432, attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge del Decreto-Legge n. 36/2025 (Decreto Tajani), è stato firmato dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ai ministri Antonio Tajani (Affari Esteri), Matteo Piantedosi (Interno), Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia e Finanze).
Il progetto entra ora in una fase decisiva del suo iter parlamentare: affinché il decreto diventi legge in via definitiva, deve essere approvato da entrambe le Camere entro il termine costituzionale di 60 giorni dalla sua pubblicazione, avvenuta il 28 marzo. Alla Camera dei Deputati dovrà passare per due votazioni. Per questo motivo, i lavori in corso al Senato sono considerati strategici in questa settimana, poiché eventuali ritardi potrebbero compromettere l’esame del testo in tempo utile per evitarne la decadenza.