Alla Corte Costituzionale, Cattaneo difende gli italo-discendenti e contesta la “mancanza di conoscenza della realtà” delle comunità italiane all’estero

Alla Corte Costituzionale, Cattaneo difende gli italo-discendenti e contesta la “mancanza di conoscenza della realtà” delle comunità italiane all’estero

L’avvocato Antonio Achille Cattaneo è stato il secondo a prendere la parola, questo martedì, per sostenere oralmente la difesa dei ricorrenti italo-discendenti — per la maggior parte brasiliani e uruguaiani — le cui richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis sono state messe in discussione da provvedimenti dei tribunali di Bologna, Firenze, Roma e Milano. Tali decisioni hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale della Legge n. 91/1992, rimettendo la questione alla Corte Costituzionale.

Nel suo intervento, Cattaneo ha anche avanzato la richiesta che la Corte esamini gli effetti costituzionali delle modifiche introdotte dal cosiddetto “Decreto della Vergogna”, recentemente convertito in legge dal Parlamento con il numero 74/2025. Sebbene la questione sollevata riguardi formalmente la Legge n. 91/1992, l’avvocato ha sostenuto che, vista l’efficacia retroattiva della nuova normativa e la sua rilevanza sopravvenuta, è necessario che la Corte si esprima anche sulla conformità di questa disciplina con i principi costituzionali — dichiarandone eventualmente l’illegittimità o fornendo linee guida interpretative atte a tutelare la giustizia e la sicurezza giuridica dei richiedenti.

PATROCINANDO SUA LEITURA

Dopo l’intervento dell’avvocato Marco Mellone, Cattaneo ha concentrato la sua arringa sul rinvio sollevato dal Tribunale di Bologna, denunciando quella che ha definito una visione distorta e discriminatoria della realtà delle comunità italiane all’estero.

Fin dalle prime battute, ha evocato il discorso del Presidente Sergio Mattarella, tenuto una settimana prima al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), nel quale il Capo dello Stato ha affermato che “la storia dell’emigrazione italiana è una pagina essenziale dell’identità nazionale”. Secondo Cattaneo, tali parole sono fondamentali per comprendere la portata sociale e costituzionale della controversia in esame.

La critica principale dell’avvocato si è rivolta contro il tentativo di imporre limiti generazionali retroattivi al riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, misura che, a suo avviso, viola il principio dell’affidamento legittimo (legittimo affidamento) e l’articolo 3 della Costituzione. “In 160 anni, nessun tribunale ha mai sollevato dubbi di costituzionalità su questa norma. Nemmeno quando, nel 1983, la Corte riconobbe la trasmissibilità della cittadinanza anche per via materna con una sentenza additiva”, ha dichiarato, ricordando che lo stesso ius sanguinis è stato consolidato proprio grazie alla giurisprudenza costituzionale.

Cattaneo ha messo in guardia contro il rischio di esclusione fondato su “letture distorte” del legame tra i discendenti e la nazione italiana. Ha denunciato il “pregiudizio falso e diffuso” secondo cui i discendenti degli emigrati sarebbero privi di un legame effettivo con il popolo italiano, accusando il giudice a quo di ignorare il ruolo fondamentale svolto da queste comunità nel mondo. “Rappresentano una grande ricchezza per l’Italia, un ponte vivente tra culture, lingue e identità”, ha affermato.

L’avvocato ha contestato anche gli argomenti che collegano il riconoscimento della cittadinanza a presunti oneri fiscali o minacce alla democrazia italiana. A suo dire, il principio “no taxation without representation” non è applicabile, poiché i cittadini italiani residenti all’estero non usufruiscono praticamente di nessun servizio pubblico italiano né gravano sul sistema previdenziale. “La Costituzione prevede da sempre l’elezione di 12 parlamentari nella Circoscrizione Estero, indipendentemente dal numero dei cittadini italiani residenti fuori dall’Italia”, ha ricordato.

Cattaneo ha citato anche la “nuova mobilità internazionale” — come viene definita l’emigrazione recente dei giovani italiani qualificati —, sottolineando che mezzo milione di laureati ha lasciato il Paese negli ultimi 15 anni, mantenendo tuttavia un forte legame con l’Italia. “È proprio questo legame che la nuova lettura giuridica ignora, trascurando la relazione giuridica e affettiva costruita da generazioni di cittadini e dei loro discendenti”, ha avvertito.

Nel finale del suo intervento, l’avvocato ha criticato l’incoerenza del limite generazionale introdotto dalla nuova legge, ricordando che il Codice Civile italiano riconosce effetti giuridici alla parentela fino al sesto grado. Secondo lui, la Legge n. 74/2025 — nel limitare retroattivamente il riconoscimento della cittadinanza — entra in conflitto con norme fondamentali dello stesso ordinamento civile italiano. “Se questa Corte non dovesse dichiararne l’illegittimità costituzionale, chiediamo almeno che indichi parametri per una interpretazione costituzionalmente orientata della norma”, ha concluso.

Oltre a Mellone e Cattaneo, hanno preso la parola nella stessa udienza pubblica anche gli avvocati Diego Corapi, Giovanni Bonato, Monica Lis Restanio e Patrizio Ivo D’Andrea. Il collegio difensivo è composto inoltre da Giovanni Caridi, Maristella Urbini, Alberto Lama, Alessandro Vernice, Franco Antonazzo, Riccardo De Simone, Bruno Troya, Silvia Contestabile e Fabio Caddedu.

L’udienza, presieduta da Giovanni Amoroso, è stata trasmessa in diretta ed è stata seguita da centinaia di persone previamente accreditate. Considerata storica, la sessione pubblica della Corte ha suscitato una vasta mobilitazione tra giuristi, parlamentari e rappresentanti delle comunità italo-discendenti nei vari continenti. La sentenza è attesa nelle prossime settimane o mesi.

Di seguito pubblichiamo integralmente gli “appunti” dell’Avv. Cattaneo che hanno costituito la base del suo intervento orale.