Il presidente di Natitaliani esorta le comunità a reagire di fronte all’esclusione definitiva dei figli minori dei discendenti riconosciuti ai sensi della Legge 379/2000
Con una lettera aperta indirizzata alle comunità trentine e giuliane nel mondo, il presidente dell’associazione Natitaliani e consigliere eletto dal Brasile nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), Daniel Taddone, denuncia gli effetti devastanti della nuova Legge n. 74/2025, che ha convertito in legge il discusso Decreto-Legge 36/2025 — noto come “Decreto della Vergogna” — stabilendo norme definitive sulla cittadinanza italiana.
Secondo Taddone, le modifiche introdotte dal governo Meloni rappresentano una “vera rivoluzione” nella trasmissione della cittadinanza italiana, con impatti immediati e discriminatori sui discendenti degli emigranti. La lettera denuncia la creazione di un sistema di cittadinanza a caste, con cinque categorie di italiani determinate da criteri arbitrari, come l’esclusività della cittadinanza e la residenza pregressa in Italia.
Il presidente di Natitaliani richiama l’attenzione sul silenzio delle istituzioni e delle associazioni di fronte a quella che definisce una “pena capitale” imposta in particolare ai discendenti di trentini e giuliani riconosciuti ai sensi della Legge 379/2000. Questi italo-discendenti, naturalizzati per “beneficio di legge” e non per nascita, sono ora impossibilitati a trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli. I minori nati prima del 24 maggio 2025 e non ancora registrati presso i consolati hanno perso automaticamente la cittadinanza, senza alcun preavviso e senza possibilità di appello.
Con fermezza, Taddone afferma che la nuova legislazione ha prodotto una sterilità civica: “Oggi, i cittadini italiani discendenti da trentini e giuliani sono a tutti gli effetti sterili per quanto riguarda la trasmissione della cittadinanza.”
La lettera evidenzia inoltre che non vi è alcuna previsione di recupero della cittadinanza da parte dei figli di questi cittadini, a differenza dei figli di italiani per nascita, che avranno ancora la possibilità di accedere a una procedura complessa fino a maggio 2026. L’assenza di questa possibilità per i trentini e giuliani è vista come una discriminazione palese, aggravata dalla mancanza di una fase transitoria o di termini legali preesistenti.

Nel suo appello finale, Taddone invita le comunità trentine e giuliane sparse nel mondo a unirsi e mobilitarsi politicamente. “I vostri antenati hanno lottato coraggiosamente per far parte della Nazione italiana. Non è possibile accettare passivamente quest’ennesima ingiustizia!”, scrive.
Oltre ad essere presidente della Natitaliani e consigliere eletto dal Brasile nel CGIE — organo consultivo del governo italiano —, il sociologo e genealogista Daniel Taddone è una delle voci più attive contro le recenti modifiche legislative in materia di cittadinanza. La lettera è datata oggi, 29 luglio. È pubblicata integralmente a seguire:
“LETTERA APERTA ALLE COMUNITÀ TRENTINE E GIULIANE NEL MONDO
Le modifiche introdotte dal Decreto-Legge 36/2025, convertito in legge dalla Legge 74/2025, hanno provocato una vera rivoluzione nella trasmissione della cittadinanza italiana ai discendenti di emigrati italiani in tutto il mondo. Il Governo Meloni ha adottato una misura radicale che non solo rende impossibili le nuove domande di riconoscimento della cittadinanza da parte dei discendenti a partire dalla terza generazione (bisnipoti in avanti), ma limita anche in modo estremamente restrittivo la trasmissione del nostro status civitatis ai figli di cittadini già riconosciuti.
Tutti i giuristi che si sono espressi su queste modifiche hanno unanimemente denunciato gravi vizi di legittimità costituzionale, sia di natura formale – l’abuso della decretazione d’urgenza – sia di natura sostanziale. Tra i profili rilevati figurano la violazione del principio di irretroattività delle leggi sfavorevoli, la lesione della certezza del diritto (“legittimo affidamento”), la privazione della cittadinanza per motivi politici in palese contrasto con l’articolo 22 della Costituzione italiana e, infine, la creazione di un regime discriminatorio fra cittadini già riconosciuti, in aperto disaccordo con l’articolo 3 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”).
A chi non è abituato ad affrontare le questioni degli italiani all’estero, in particolare quelle concernenti il diritto di cittadinanza, questa riforma può a prima vista apparire logica e ragionevole: insomma, si limita a “bloccare” il riconoscimento di nuove cittadinanze a discendenti di italiani sparsi per il mondo e privi di un reale legame con la Repubblica.
Tuttavia, il diavolo è nei dettagli. È lecito dubitare che molti parlamentari che hanno votato a favore della conversione in legge del Decreto-Legge 36/2025 abbiano davvero compreso le implicazioni di questa riforma. È importante ribadire che il testo non si limita a escludere i maggiorenni che vogliano richiedere il riconoscimento dopo tre o più generazioni di “latenza”: esso istituisce una classificazione discriminatoria tra cittadini italiani già riconosciuti.
In effetti, le modifiche introdotte dal Governo Meloni tramite l’Art. 3-bis e l’Art. 4 comma 1-bis, hanno creato di fatto cinque classi di cittadini:
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- Cittadino di classe A: l’italiano che possiede unicamente la cittadinanza italiana e/o ha risieduto legalmente per due anni consecutivi in territorio italiano;
- Cittadino di classe B: l’italiano che è figlio di un cittadino di classe A;
- Cittadino di classe C: l’italiano che è nipote di un cittadino di classe A;
- Cittadino di classe D: l’italiano che è bisnipote (o ulteriori generazioni) di un cittadino di classe A;
- Cittadino di classe E: l’italiano che ha ottenuto la cittadinanza per naturalizzazione ex art. 5 Legge 91/1992 (per matrimonio) o ex Legge 379/2000 (discendenti trentini e giuliani).
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I cittadini italiani delle classi B, C, D ed E sono automaticamente considerati cittadini di classe A qualora siano titolari unicamente della cittadinanza italiana (non essendo cittadini di alcun altro Paese) oppure abbiano risieduto per due anni consecutivi sul territorio italiano.
Come si vede, le modifiche alla legge sulla cittadinanza hanno istituito dall’oggi al domani cinque classi, basate su criteri arbitrari e completamente fuori dal controllo dei cittadini. Ancora più grave, tali criteri – tutti sfavorevoli – hanno prodotto effetti immediati senza alcun preavviso o fase di transizione.
I più penalizzati sono senza dubbio i discendenti di emigrati di lingua italiana partiti prima del 1920 dal Trentino (l’antico Tirolo italiano) e dalla Venezia Giulia (ex Litorale austriaco). Questi emigrati divennero apolidi in conseguenza del Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 10 settembre 1919: i loro discendenti non potevano reclamare una cittadinanza che i genitori e i nonni non possedevano più. Dimenticati per decenni da Austria e Italia, trovarono finalmente una riparazione storica nella Legge 379 del 14 dicembre 2000.
I discendenti di trentini e giuliani nel mondo ebbero dieci anni per optare per la cittadinanza italiana. Fu un iter costellato di ostacoli, ma restituì a queste comunità un sentimento di giustizia. Con il Decreto-legge 36/2025, ancora una volta sono i trentini e i giuliani a subirne le conseguenze più dure. Non essendo cittadini per nascita, bensì per “naturalizzazione facilitata”, questi discendenti non possono più trasmettere la cittadinanza ai propri figli. I minori nati prima del 24 maggio e non ancora registrati presso i consolati competenti hanno visto la loro cittadinanza revocata con un tratto di penna: un giorno figli di genitori italiani, il giorno dopo stranieri.
Questa “Grande Perdita” della cittadinanza italiana ha colpito migliaia di minori non ancora iscritti nei registri dello stato civile italiano. Non essendovi mai stato alcun termine obbligatorio previsto dalla legge per effettuarla, non si può attribuire alcuna negligenza ai genitori né tantomeno condannare i loro figli minori alla perdita della cittadinanza senza alcuna possibilità di difesa.
Fino al 31 maggio 2026, i figli minori di cittadini per nascita potranno nuovamente essere considerati italiani mediante un macchinoso procedimento denominato “concessione della cittadinanza per beneficio di legge”. Lo Stato italiano, dopo aver revocato in maniera inappellabile la cittadinanza di questi stessi minori, prevede ora, in modo certamente ironico, il recupero della cittadinanza con la curiosa denominazione di “beneficio”
Tuttavia, i figli dei cittadini divenuti tali ai sensi della Legge 379/2000 sono esclusi perfino da questa possibilità. Oggi i trentini e i giuliani sono, di fatto, sterilizzati nella trasmissione del diritto di cittadinanza.
Non c’è stato alcun avviso e non c’è appello. Il governo Meloni ha modificato la legge ed eseguito una sentenza di pena capitale. Ancora una volta, i trentini e i giuliani residenti all’estero sono stati dimenticati, considerati crudelmente come “l’ultima ruota del carro”.
Spetta ora alle comunità trentine e giuliane prendere coscienza di ciò che è realmente accaduto e agire politicamente. I parlamentari originari di queste regioni devono sapere cosa sta succedendo! Le associazioni devono mobilitarsi! Dove sono tutti? Questo silenzio tombale è incomprensibile!
Trentini e giuliani, unitevi e agite! I vostri antenati hanno lottato con coraggio per far parte della Nazione italiana. Non possiamo accettare in silenzio questa nuova ingiustizia!
San Paolo, 29 luglio 2025
Daniel Taddone
Consigliere al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE)
Presidente dell’Associazione NATITALIANI”