Taddone: “28 marzo 2025: una data che vivrà nell’infamia”

Nel suo intervento in video al I Incontro Unitália, Daniel Taddone afferma che “siamo nati italiani”, denuncia il “mostro giuridico” del Decreto della Vergogna e avverte della rottura della certezza del diritto


Il I Incontro Unitália, svoltosi sabato scorso (20) presso l’auditorium della Casa Shopping, a Rio de Janeiro, e trasmesso in diretta dai canali della Rivista Insieme, è stato segnato dalla divulgazione della Carta di Rio de Janeiro e da un incisivo intervento in video di Daniel Taddone, presidente dell’associazione Natitaliani e delegato del Brasile al CGIE – Consiglio Generale degli Italiani all’Estero.

Sin dall’inizio del suo discorso, Taddone ha voluto smontare l’idea che i discendenti di italiani all’estero avrebbero soltanto un “diritto alla cittadinanza”. Secondo lui, si tratta di qualcosa di molto più profondo: “Noi siamo nati italiani. La cittadinanza italiana ci è stata attribuita ope legis, per semplice conseguenza della legge. Consolati, comuni o tribunali non decidono il nostro diritto, ma verificano soltanto la nostra ‘possessio ininterrotta’ della cittadinanza”.

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Taddone ha ricordato che questa concezione risale al primo Codice Civile italiano del 1865, riaffermata poi dalla legge n. 555 del 1912 e dalla legge n. 91 del 1992, che riconoscevano in modo chiaro e diretto la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis. “L’Italia ha sempre voluto mantenere questo legame con i figli della sua Diaspora. Era una scelta deliberata e strategica”, ha sottolineato.

Critica al “mostro giuridico”

Per il presidente di Natitaliani, il Decreto-Legge n. 36/2025 — noto come “Decreto della Vergogna” — ha rotto in modo “scomposto e totalitario” con questa tradizione. Taddone ha definito la norma un “mostro giuridico” e ne ha denunciato gli effetti retroattivi, già evidenziati da importanti giuristi italiani.

“Il Decreto non impedisce soltanto nuove richieste di cittadinanza. I suoi effetti perversi vanno molto oltre”, ha avvertito. Tra le critiche, ha sottolineato la creazione di cinque categorie di cittadini — dalla Classe A alla Classe E — che, a suo avviso, colpisce mortalmente l’articolo 3 della Costituzione italiana, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.

Taddone ha inoltre richiamato l’attenzione sulla violazione del principio di certezza del diritto, noto nella dottrina italiana come legittimo affidamento. “Ribaltando il tavolo da un giorno all’altro, senza alcun periodo di transizione, il Decreto ha distrutto la fiducia dei cittadini nel sistema giuridico, che dovrebbe essere stabile e prevedibile”, ha dichiarato.

Responsabilità politiche

Il leader italo-brasiliano ha anche individuato le responsabilità: “Dobbiamo avere piena coscienza di chi sono stati i nostri carnefici e i loro collaboratori. Non dimentichiamo mai chi ha promosso e approvato il Decreto della Vergogna. Non solo per il contenuto, ma anche per la forma: con violenza, scarso rispetto per la democrazia e assoluta leggerezza”.

Taddone ha riconosciuto che una riforma della legge sulla cittadinanza poteva essere necessaria, ma “mai nel modo in cui è stata fatta”, in un processo da lui definito affrettato e ingiustificato.

Alla fine, ha evocato la data in cui il Decreto è stato pubblicato dal governo Meloni: 28 marzo 2025. Secondo lui, si tratta di una data destinata a rimanere come marchio negativo nella storia delle comunità italiane all’estero: “28 marzo 2025: una data che vivrà nell’infamia. Non dimenticheremo mai!”. Il testo integrale: