L’avvocata italo-argentina Monica Restanio, presidente dell’Associazione Avvocati Uniti per la Cittadinanza Italiana (AUCI), ha affermato giovedì (02/10), in un intervento in videoconferenza al Convegno Nazionale sulla Cittadinanza Italiana iure sanguinis dopo la riforma del 2025, che la battaglia per la cittadinanza dei figli minori conviventi regolati dalla legge 555 del 1912 (01/07/1912 – 15/02/1992) sarà portata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. L’evento si è svolto presso l’Università di Siena ed è stato trasmesso in diretta e in esclusiva dalla Revista Insieme.
Restanio ha sottolineato che la decisione di includere anche il ricorso da lei patrocinato nel giudizio della Corte è stata presa pochi giorni fa dal Primo Presidente della Cassazione, consigliere Pasquale D’Ascola, a seguito di un’istanza presentata il 18 settembre. Il caso riguarda figli di madre italiana emigrata. La caratteristica straordinaria di questo procedimento è che ha prodotto decisioni giudiziarie contraddittorie: uno dei fratelli è stato riconosciuto cittadino italiano nel 2016, mentre all’altro è stata negata la cittadinanza dopo il mutamento di giurisprudenza avviato nel 2017.
Secondo l’avvocata, si tratta di una situazione emblematica che mette in luce una violazione del principio di certezza del diritto creata dalla nuova e inattesa interpretazione della legge. “Lo stesso contesto familiare ha generato decisioni opposte solo in ragione di un repentino giro giurisprudenziale”, ha dichiarato. Per lei, la questione centrale è garantire che l’articolo 7 della legge n. 555 del 1912 continui ad assicurare al figlio minore convivente il diritto a conservare lo status civitatis, diritto riconosciuto per oltre un secolo dalla dottrina, dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa.
Restanio ha criticato l’uso improprio di un precedente della Cassazione del 2011 — relativo all’adozione di un minore libanese — come fondamento per decisioni successive che hanno applicato la perdita della cittadinanza nei casi di figli minori iure sanguinis e stranieri ius soli. Secondo lei, questa interpretazione ha “snaturato” la tradizione consolidata, mettendo a rischio centinaia di migliaia di famiglie.
Nella sua esposizione ha spiegato che la giurisprudenza di merito e di legittimità degli ultimi anni ha disatteso il trattamento differenziato storicamente previsto dal legislatore tra le ipotesi di acquisizione originaria della cittadinanza (ius sanguinis e ius soli) e quelle di acquisizione derivativa o di altro tipo di doppia cittadinanza non regolata dall’art. 7 della legge 555/1912. “Il legislatore del 1912 volle proteggere il figlio cresciuto in ambiente familiare italiano, preservandogli la cittadinanza anche di fronte alla naturalizzazione del genitore”, salvo che, come ultima ratio, la famiglia si trasferisse in un paese terzo e il padre, durante la minore età del figlio, si naturalizzasse lì straniero, ha affermato.
Per Restanio, la decisione delle Sezioni Unite avrà una ricaduta decisiva non solo sui processi giudiziari in corso, ma anche sull’applicazione amministrativa della legge, dal momento che dal 13 ottobre 2024 la circolare del Ministero dell’Interno n. 43437 ha iniziato a imporre requisiti contrari alla prassi storica pacifica e uniformemente rispettata dalla stessa Amministrazione e dagli organi della giustizia. “È una battaglia giuridica, ma anche di giustizia, perché è in gioco l’identità di migliaia di discendenti che non possono essere privati arbitrariamente della loro italianità”, ha concluso.
La partecipazione di Restanio ha rafforzato a Siena il peso dell’avvocatura italo-discendente nello scontro contro la riforma della cittadinanza. Accanto a figure come Marco Mellone, Giovanni Bonato e Daniel Taddone, il suo intervento ha sottolineato che la battaglia si sposta ora sul terreno della Suprema Corte, dove diverse tesi giuridiche si contenderanno la definizione di un principio che potrà segnare il futuro della cittadinanza italiana iure sanguinis