Decreto della Vergogna: il caso di Torino potrebbe “fermarsi sulla linea” e rimanere senza giudizio di merito davanti alla Corte Costituzionale

Una questione preliminare sollevata dall’Avvocatura dello Stato potrebbe deludere l’aspettativa mondiale intorno al giudizio sul Decreto Tajani


La Corte Costituzionale potrebbe non arrivare nemmeno ad esaminare il merito della cosiddetta ordinanza di Torino, qualora prevalesse una delle questioni preliminari che sarebbero state sollevate dall’Avvocatura dello Stato, organo che rappresenta il Governo italiano.

Se confermata, la tesi potrebbe deludere l’aspettativa di milioni di italo-discendenti che attendono una decisione definitiva sulla costituzionalità del Decreto-Legge n. 36/2025 — il cosiddetto Decreto Tajani o Decreto della Vergogna, che restringe severamente il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza.

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Secondo informazioni che circolano tra avvocati e studiosi del tema, l’Avvocatura dello Stato avrebbe sostenuto, in una memoria presentata il 7 ottobre 2025, che la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Torino sarebbe inammissibile, poiché il processo che l’ha originata è stato depositato prima dell’entrata in vigore del decreto impugnato.

Il punto centrale della tesi del Governo sarebbe cronologico: il ricorso di cittadinanza a Torino è stato presentato il 28 marzo 2025, mentre il Decreto-Legge n. 36/2025 è stato pubblicato nello stesso giorno, ma è entrato in vigore solo il 29 marzo, come previsto dall’articolo 2 del testo stesso.

Sulla base di ciò, l’Avvocatura starebbe sostenendo che il giudice di Torino non avrebbe potuto applicare la nuova norma al caso concreto e, pertanto, non avrebbe avuto motivo di sollevarne la questione di costituzionalità davanti alla Corte.

In altre parole, lo Stato italiano sembrerebbe affermare: “se la legge non esisteva ancora, non c’è nulla da giudicare su di essa.”

Secondo la tradizione giuridica italiana, la Corte Costituzionale può analizzare la costituzionalità di una norma solo se rilevante per il caso in esame.

Se la legge impugnata non incide direttamente sul processo — ad esempio perché non era ancora in vigore —, la Corte dichiara la questione inammissibile e chiude il procedimento senza entrare nel merito.

Questa possibilità apre uno scenario sorprendente: il processo più atteso dell’anno in Italia — e forse il più importante nella storia recente della cittadinanza iure sanguinis — potrebbe concludersi senza che la Corte si pronunci sulla costituzionalità del Decreto Tajani.

Il precedente di Palermo

L’argomentazione dell’Avvocatura trova riscontro in una precedente decisione del Tribunale di Palermo, la sentenza n. 2517/2025 del 9 giugno, che ha dichiarato espressamente che il Decreto 36/2025 “è stato pubblicato il 28 marzo ed è entrato in vigore il giorno successivo”, escludendone l’applicazione ad un caso introdotto il 28/03.

In quella occasione, il giudice siciliano ha ritenuto che la norma non potesse avere effetto retroattivo su un procedimento già depositato.

Ora, secondo alcune fonti, lo stesso ragionamento verrebbe invocato dallo stesso Governo — ma con effetto inverso: per impedire che il testo del Decreto venga sottoposto al controllo della Corte Costituzionale. Se confermata, l’iniziativa rappresenterebbe una svolta processuale inaspettata.

Il caso di Torino — che per mesi ha simboleggiato la speranza di vedere il Decreto Tajani giudicato dal massimo organo della giustizia italiana — potrebbe essere scartato per una questione formale, prima ancora che la Corte affronti il contenuto della legge.

La notizia ha suscitato perplessità tra giuristi e associazioni di italo-discendenti, che vedono in questa manovra un tentativo del Governo di evitare il giudizio di merito e guadagnare tempo, in un momento in cui crescono le critiche al carattere discriminatorio e retroattivo della norma.

Destaque para o “Caso Torino” nas redes sociais. (Reproduição)

Informazioni filtrate dall’Italia

La possibilità di una manovra processuale del Governo è stata menzionata anche dal gruppo @noisiamodiscendenti, in una pubblicazione su Instagram. Nel testo, scritto in spagnolo e ampiamente condiviso tra le comunità di italo-discendenti, si legge:

Una noticia filtrada desde Italia revela un giro inesperado en el “Caso Torino”, el primero que cuestiona la constitucionalidad de la nueva ley de ciudadanía italiana.

Según trascendió, la Abogacía del Estado —que representa al Gobierno italiano— habría solicitado archivar la causa, alegando que la demanda fue presentada un día antes de la entrada en vigor del Decreto-Ley n.º 36/2025.

De confirmarse, esta maniobra impediría que la Corte Constitucional analice el fondo de la cuestión, es decir, la legitimidad de la ley que restringe el reconocimiento de la ciudadanía por derecho de sangre (ius sanguinis).

Las asociaciones de descendientes en el exterior observan con atención este movimiento, conscientes de que el fallo del “Caso Torino” marcará un precedente histórico para millones de ítalo-descendientes en el mundo.

La pubblicazione rafforza il clima di attesa e incertezza intorno al processo e mostra come il “caso di Torino” abbia ormai superato l’ambito giuridico, diventando tema di mobilitazione globale tra le comunità italo-discendenti.

Termine scaduto

Il termine per la presentazione delle memorie difensive (memorie difensive) è scaduto martedì 7 ottobre.

È noto che l’Avvocatura abbia depositato la propria difesa entro i termini, ma il contenuto del documento non è ancora stato reso pubblico.

Fino ad ora, la Corte Costituzionale non ha confermato né smentito l’esistenza di una richiesta formale di inammissibilità. A Roma, tuttavia, l’argomento domina già i circoli giuridici e diplomatici legati alla questione della cittadinanza italiana.

Gli esperti parlano di un possibile colpo di scena, capace di rinviare lo scontro giudiziario sul Decreto della Vergogna per molti mesi.

Altri percorsi

Anche se il caso di Torino dovesse essere dichiarato inammissibile, altre ordinanze di tribunali italiani sono già state trasmesse alla Corte Costituzionale, tra cui quelle di Bologna, Milano e Campobasso.

A Campobasso, in particolare, una sentenza di giugno ha riconosciuto la cittadinanza a discendenti nati all’estero, escludendo esplicitamente l’applicazione retroattiva della nuova legge.

Questi casi mostrano che il tema non morirà con Torino — ma l’eventuale rinvio del giudizio da parte della Corte Suprema potrebbe prolungare l’incertezza e la sofferenza di migliaia di famiglie in attesa della decisione finale.

In definitiva, la grande domanda è: la Corte Costituzionale deciderà sulla Costituzione o sul calendario?

Nel frattempo, il destino di una delle leggi più controverse degli ultimi anni rimane sospeso — e il mondo italo-discendente attende, in silenzio teso, per sapere se il “caso di Torino” sarà l’inizio di una nuova era o soltanto un processo morto alla vigilia del suo stesso giudizio.