Lettera aperta di un italo-brasiliano a Giorgia Meloni riecheggia l’indignazione delle comunità all’estero dopo il decreto che restringe la cittadinanza italiana

La recente approvazione del Decreto-Legge n. 36 del 28 marzo 2025 da parte del governo italiano sta suscitando una reazione decisa tra i discendenti di italiani residenti all’estero. Una delle manifestazioni più rappresentative finora conosciute è la lettera aperta inviata da Aislan Greca alla Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, che sta riscuotendo ampia risonanza tra le associazioni di italo-discendenti in Sud America. In un’e-mail inviata alla Insieme, Greca si identifica come un cittadino di São José dos Campos, nello stato di San Paolo.

Nella lettera, scritta con tono rispettoso ma fermo, Greca esprime profonda delusione per la misura che limita la trasmissione automatica della cittadinanza italiana ai soli figli e nipoti di cittadini nati in Italia. L’autore sottolinea che il nuovo decreto, restringendo lo ius sanguinis (diritto di sangue), rompe con le promesse fatte da Meloni durante la campagna elettorale, quando affermava che avrebbe difeso i legami storici con le comunità italiane nel mondo.

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“Dopo secoli di resistenza culturale, oggi siamo relegati alla categoria di ‘italiani di seconda classe’”, scrive Greca. Egli contesta inoltre la contraddizione tra l’esclusione dei giovani discendenti e la concessione simbolica della cittadinanza italiana al presidente argentino Javier Milei — che, secondo il nuovo decreto, non sarebbe possibile per la maggior parte degli oriundi.

La lettera denuncia anche il tono sprezzante delle dichiarazioni del Ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, il quale ha definito i discendenti presunti praticanti di “turismo sanitario”. Greca replica affermando che la maggioranza dei richiedenti non ha nemmeno accesso al sistema sanitario italiano, e definisce tali commenti una “miopia di un modello gestionale arcaico”.

Un altro punto evidenziato nel documento è l’incompatibilità tra il decreto e la realtà demografica dell’Italia: con una popolazione che invecchia e un tasso di natalità in forte calo, i giovani discendenti formati in università di eccellenza rappresentano, secondo l’autore, un’opportunità concreta per rivitalizzare il Paese.

Greca conclude il testo con un appello politico: che Meloni, in qualità di leader di Fratelli d’Italia e capo del governo, intervenga direttamente in Parlamento per revocare il decreto. “La maggioranza di cui il Suo partito dispone non è solo uno strumento di governo, ma una responsabilità davanti alla Storia”, afferma.

La lettera ricorda inoltre che gli italiani all’estero mantengono il diritto di voto, segnalando che, qualora la misura non venga rivista, potrebbero esserci conseguenze elettorali. “Questa voce collettiva, sebbene oggi disillusa, attende ancora una rettifica.”

Il documento sta circolando sui social network ed è già stato condiviso da rappresentanti del Com.It.Es e di associazioni legate alla comunità italo-brasiliana. Ci si aspetta che nei prossimi giorni altre manifestazioni istituzionali abbiano luogo, con l’obiettivo di fare pressione sul governo italiano affinché riveda il decreto entro i 60 giorni previsti per la sua conversione in legge. La lettera di Greca è scritta in lingua italianaè riportato integralmente qui sotto.

“Eccellentissima Signora Presidente del Consiglio Giorgia Meloni,

Le scrivo con profondo rispetto e con l’ammirazione che ho sempre nutrito per la Sua intransigente difesa dell’identità italiana nel mondo. In qualità di cittadino italiano residente in Sud America, desidero esprimere, a nome di migliaia di connazionali all’estero, la nostra profonda costernazione per il decreto sulla cittadinanza approvato il 28 marzo di quest’anno. La misura, che limita la trasmissione automatica della cittadinanza a sole due generazioni, ha generato un sentimento diffuso di sconforto tra gli oriundi, che hanno sempre visto nell’Italia non solo la loro patria ancestrale, ma anche un simbolo di appartenenza culturale e affettiva.

Alle ultime elezioni, gli italiani del Sud America hanno riposto la loro fiducia nel progetto di Fratelli d’Italia, motivati dal Suo instancabile impegno nella difesa dei legami con le comunità all’estero. Molti di noi si sono commossi sentendoLa affermare: “Non importa quanto lontano siano i nostri italiani nel mondo, ovunque essi si trovino, sono e restano parte della nostra Comunità”. Le Sue parole hanno risuonato come un impegno solenne a preservare il principio dello ius sanguinis, che per secoli ha mantenuto viva la fiamma dell’italianità nelle nostre famiglie, anche nei momenti di persecuzione storica.

Ricordo vividamente la Sua posizione durante la campagna elettorale, quando dichiarò: “Mentre la Sinistra sponsorizza lo ‘ius soli’, noi difendiamo il principio dello ‘ius sanguinis’”. È per questo che oggi ci lascia perplessi la contraddizione tra tali promesse e la recente decisione di restringere l’accesso alla cittadinanza, soprattutto dopo il gesto simbolico di concederla al Presidente argentino Javier Milei – un atto che, secondo il nuovo decreto, sarebbe impossibile per la maggior parte dei nostri giovani. Questa dualità di criteri sembra ignorare la storia di sacrifici di milioni di italiani che, a partire dagli anni ’20 e ’30, affrontarono persecuzioni in Paesi come il Brasile, dove fu loro vietato parlare la propria lingua e praticare le proprie tradizioni – senza però mai rinunciare alle proprie radici.

Signora Presidente del Consiglio, ci ha profondamente feriti sentire il Ministro Taliani riferirsi agli oriundi come a praticanti di “turismo sanitario” – un’assurdità per chi, nella maggior parte dei casi, non ha neppure accesso a una tessera sanitaria italiana. Una tale affermazione non solo offende la nostra storia, ma rivela la miopia di un modello gestionale che, sotto la Sua guida, continua a perpetuare processi arcaici e inefficienti. Il supposto “mercato” della cittadinanza, tanto criticato, è in realtà un riflesso diretto del fallimento amministrativo dell’attuale sistema. Finché il Ministero degli Affari Esteri insisterà in procedure burocratiche del XIX secolo, prive di digitalizzazione o modernizzazione, continueremo a vedere cittadini legittimi lottare per decenni per vedere riconosciuti i propri diritti.

Signora Presidente, l’Italia affronta oggi una sfida demografica critica, con una popolazione che invecchia e un tasso di natalità in calo. I nostri giovani discendenti, formati in università d’eccellenza e portatori di valori culturali e cristiani che il Suo governo afferma di difendere, rappresentano un ponte vitale per rivitalizzare la Patria. Molti desiderano tornare, contribuire con le proprie competenze e ricostruire la Nazione che i loro bisnonni hanno aiutato a edificare. Tuttavia, il decreto in vigore non solo li esclude, ma invia un messaggio doloroso: dopo secoli di resistenza culturale, oggi siamo relegati alla categoria di “italiani di seconda classe”.

Come elettore che ha sostenuto con entusiasmo il Suo progetto politico, confesso di sentirmi profondamente tradito. Credevamo che FDI sarebbe stata la custode dei diritti degli oriundi, non l’autrice di misure che frammentano ulteriormente la nostra comunità. Non dimentichiamo, tuttavia, che gli italiani all’estero mantengono il diritto di voto, così come i nostri familiari residenti in Italia. Questa voce collettiva, benché oggi disillusa, attende ancora una rettifica.

Per questo motivo, faccio appello alla Sua leadership: in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri e figura centrale in FDI, è urgente che questa misura venga riconsiderata in Parlamento. La maggioranza di cui gode il Suo partito non è solo uno strumento di governo, ma una responsabilità davanti alla Storia. Revocare questo decreto significherebbe onorare l’eredità dei Suoi discorsi passati e riaffermare che “far sentire i nostri oriundi a casa” non era una promessa elettorale, ma un principio immutabile.

Con la speranza che l’Italia possa ritrovare la sua unità con le proprie diaspore, Le porgo i miei più rispettosi saluti,

Aislan Greca – São José dos Campos – Brasile”