È già all’esame del Senato della Repubblica Italiana il disegno di legge che propone la conversione in legge del Decreto-Legge n. 36 del 28 marzo 2025, contenente “disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”, con particolare riferimento al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, ovvero per diritto di sangue. Il testo, che dalla scorsa settimana sta suscitando reazioni tra le comunità di italo-discendenti all’estero, introduce limiti inediti al riconoscimento automatico della cittadinanza italiana per i discendenti di italiani nati e residenti fuori dall’Italia.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28 marzo, il decreto è entrato in vigore immediatamente, ma diventerà definitivo solo se convertito in legge dal Parlamento italiano entro il termine costituzionale di 60 giorni. A tal fine, è in corso al Senato l’esame del Disegno di Legge n. 1432, che include il testo del decreto, la sua relazione illustrativa e una dettagliata relazione tecnica sugli impatti della misura.
Una risposta all’emergenza
Secondo il governo italiano, la proposta nasce da una “straordinaria e urgente necessità” di affrontare un fenomeno che – come afferma il decreto – sta crescendo in modo “esponenziale”: il numero di stranieri discendenti da italiani che chiedono il riconoscimento della cittadinanza italiana, specialmente in Sud America.
Il testo evidenzia che oltre 6,4 milioni di italiani risiedono all’estero, dei quali oltre 4,4 milioni sono nati fuori dall’Italia. In paesi come Brasile, Argentina e Venezuela, oltre il 90% dei cittadini italiani residenti è nato all’estero. Secondo il governo, esisterebbero decine di milioni di potenziali italo-discendenti che, in teoria, potrebbero rivendicare la cittadinanza italiana, esercitando una crescente pressione sui servizi consolari e sul sistema giudiziario italiano, già oberato di procedimenti in materia.
Il principio del “legame effettivo”
Basandosi sul principio del “legame effettivo” (genuine link) – affermato nel diritto internazionale e richiamato nella storica sentenza Nottebohm della Corte Internazionale di Giustizia – il decreto stabilisce che la cittadinanza italiana potrà essere riconosciuta solo in presenza di un vincolo concreto con l’Italia, e non più unicamente sulla base della discendenza biologica.
Cosa cambia con il decreto?
L’articolo centrale del decreto (nuovo articolo 3-bis della Legge n. 91/1992) revoca la possibilità di riconoscimento automatico della cittadinanza iure sanguinis per chi è nato fuori dall’Italia ed è in possesso di un’altra cittadinanza, salvo in presenza di determinate eccezioni:
•Aver avviato una richiesta di riconoscimento (amministrativa o giudiziale) entro il 27 marzo 2025 (data limite stabilita dal decreto);
•Avere almeno un genitore cittadino nato in Italia o che abbia risieduto legalmente in Italia per almeno due anni prima della nascita;
•Avere un nonno o una nonna nati in Italia;
•Non possedere altra cittadinanza al momento della nascita.
Il testo modifica inoltre l’onere della prova nei procedimenti giudiziari, imponendo ai richiedenti l’obbligo di presentare prove documentali dell’assenza di cause interruttive della trasmissione della cittadinanza – come la naturalizzazione dell’ascendente prima della nascita dei figli, secondo la vecchia normativa italiana.
Le motivazioni del governo
Nella lunga esposizione dei motivi, il governo sostiene che l’attuale modello “senza limiti temporali o generazionali” ha portato a uno scollamento tra la nozione giuridica di cittadino e l’effettiva appartenenza alla comunità nazionale. La nuova norma mira a evitare che milioni di persone senza alcun legame culturale, linguistico o territoriale con l’Italia possano accedere a pieni diritti politici e sociali, anche nell’ambito dell’Unione Europea.
Viene inoltre sottolineato che la cittadinanza europea, derivante da quella nazionale, comporta obblighi per tutti gli Stati membri, incompatibili con un riconoscimento massivo della cittadinanza a individui “senza alcun vincolo effettivo con lo Stato”.
E adesso?
Il disegno di legge di conversione sarà ora discusso al Senato e successivamente alla Camera dei Deputati. Se non verrà convertito in legge entro il 27 maggio 2025, il decreto perderà efficacia e gli effetti già prodotti potranno essere annullati. Secondo alcune opinioni, l’avvio della discussione al Senato non è un buon segnale, poiché “nella Camera Alta ci sarà meno contestazione rispetto alla Camera dei Deputati”.
Al contrario, se approvata senza modifiche, la norma rappresenterà una svolta radicale nella legislazione italiana sulla cittadinanza per discendenza, limitando un diritto storicamente riconosciuto in modo esteso agli italo-discendenti di tutto il mondo.