Dallo scoccare del primo minuto di oggi (28/03/2025), tutte le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis devono rispettare le nuove regole approvate dal governo italiano. L’annuncio è stato dato questa mattina dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, durante la conferenza stampa che ha seguito la 21ª riunione del Consiglio dei Ministri, svoltasi a Palazzo Chigi. In sintesi, la trasmissione della cittadinanza si interrompe alla seconda generazione.
Secondo Tajani, il cambiamento segna una svolta decisiva nella politica della cittadinanza italiana. “A partire dalle ore 00:01 del 28 marzo non è più possibile richiedere la cittadinanza italiana secondo le vecchie regole”, ha dichiarato il ministro. Ha sottolineato che solo le domande presentate entro la mezzanotte di ieri saranno valutate secondo la normativa precedente. Tutte le altre saranno esaminate secondo i nuovi criteri, considerati più severi e restrittivi.
Il ministro ha criticato con fermezza l’uso strumentale della cittadinanza italiana per ottenere il passaporto europeo. A suo dire, molti richiedenti dimostrano scarso o nullo legame con l’Italia e cercano il riconoscimento unicamente come scorciatoia per viaggiare, lavorare o risiedere in altri Paesi dell’Unione Europea. “Essere cittadino italiano non può ridursi all’avere un passaporto in tasca per andare a fare shopping a Miami”, ha affermato Tajani.
Ha inoltre segnalato che vi sono persone che non hanno mai messo piede in Italia, ma ricevono assistenza consolare e persino cure mediche a carico dello Stato, senza contribuire fiscalmente — il che, secondo lui, rappresenta un onere inaccettabile per le casse pubbliche italiane.
Tra le principali modifiche, la nuova normativa limita il riconoscimento automatico della cittadinanza iure sanguinis a sole due generazioni: figli e nipoti di italiani nati in Italia. I discendenti più lontani, come i pronipoti, potranno rivendicare il diritto solo se soddisferanno requisiti aggiuntivi, come la residenza legale in Italia per almeno due anni prima della richiesta.
La riforma impone inoltre la necessità di un legame reale e continuativo con il Paese. I cittadini nati e residenti all’estero dovranno dimostrare, nel corso della vita, di aver esercitato i diritti e doveri civili italiani almeno una volta ogni 25 anni — ad esempio votando, rinnovando i documenti, o mantenendo aggiornato lo stato civile presso le autorità consolari.
Un altro punto rilevante riguarda l’obbligo di registrare l’atto di nascita, per chi nasce all’estero, prima del compimento dei 25 anni. In caso contrario, il diritto alla cittadinanza potrà essere definitivamente perso.
Tajani ha spiegato che la decisione è stata motivata da una serie di abusi riscontrati negli ultimi anni. “Il riconoscimento della cittadinanza italiana è una cosa seria. Non può essere solo un modo per ottenere un passaporto europeo per viaggiare”, ha dichiarato. Ha citato casi di frode, turismo sanitario, agenzie specializzate nella “vendita di cittadinanze” e perfino infiltrazioni di membri di Hezbollah che avrebbero ottenuto la cittadinanza in modo illecito.
I numeri resi pubblici dal ministro sono significativi: tra il 2014 e il 2024, il numero di cittadini italiani residenti all’estero è passato da 4,6 a 6,4 milioni — un aumento del 40%. In Sud America, la crescita è stata ancora più marcata: in circa vent’anni, si è passati da 800 mila a oltre 2 milioni di cittadinanze riconosciute, per lo più per discendenza.
Oltre al cambiamento legislativo immediato tramite decreto, il governo ha presentato due disegni di legge che approfondiscono la riforma. Uno di essi prevede la creazione di un ufficio centralizzato presso il Ministero degli Esteri, responsabile della valutazione delle richieste di cittadinanza da parte dei residenti all’estero. L’analisi sarà esclusivamente documentale, senza possibilità di pressioni dirette — come le frequenti proteste davanti ai consolati.
Anche il contributo per la richiesta di cittadinanza aumenterà: da €300 è già passato a €600, con previsione di salire a €700, al fine di compensare i costi amministrativi e alleggerire il sovraccarico che grava sui piccoli comuni italiani, spesso bloccati da una domanda che Tajani considera “sproporzionata e abusiva”.
Nonostante il tono severo, il ministro ha affermato che il governo continuerà a incentivare la cosiddetta “immigrazione di ritorno”, facilitando il percorso per gli italo-discendenti che desiderano realmente vivere e contribuire alla vita italiana. “Vogliamo proteggere chi si sente veramente italiano. Ma non possiamo più accettare l’uso opportunistico della cittadinanza per fare affari o turismo sanitario”, ha concluso.
La riforma rappresenta un punto di svolta nella politica migratoria italiana e promette di riorganizzare il sistema di riconoscimento della cittadinanza, ponendo fine a quelle che Tajani ha definito “fabbriche di passaporti” sparse nel mondo.
Il testo del documento esaminato oggi dal Consiglio dei Ministri è disponibile qui, ma non è ancora stata pubblicata la versione finale, né è noto al momento il contenuto dei due disegni di legge.