La riforma ha diviso i cittadini in classi, ribadisce Daniel Taddone all’apertura del Convegno di Siena

Ribadendo al Convegno di Siena la critica che già aveva espresso in diversi contesti, il presidente di Natitaliani, Daniel Taddone, ha affermato oggi (02/10) che la riforma della cittadinanza italiana ha diviso i cittadini in classi. Il Convegno Nazionale sulla Cittadinanza Italiana iure sanguinis dopo la riforma del 2025 si è svolto nell’Aula Franco Romani dell’Università di Siena, promosso dal Centro Europa Direct in collaborazione con Natitaliani e il Dipartimento di Studi Aziendali e Giuridici, ed è stato trasmesso in diretta ed esclusiva dalla Rivista Insieme.

In apertura, Taddone ha voluto presentarsi come italo-brasiliano con una lunga esperienza nella comunità italiana, ricordando il suo percorso negli enti consolari e la sua attività come presidente di Comites e, più recentemente, come consigliere del CGIE. Ha spiegato che il suo intervento non aveva carattere accademico, ma di testimonianza personale, frutto di tre decenni trascorsi ad accompagnare le difficoltà della diaspora nell’accesso al riconoscimento della cittadinanza.

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Ha ricordato di aver sempre sostenuto la necessità di un aggiornamento della legge, ma senza rinunciare a principi fondamentali come l’irretroattività e la certezza del diritto. “Noi, discendenti di emigrati italiani, nasciamo italiani, e qualsiasi riforma dovrebbe invariabilmente rispettare la irretroattività della legge e i rapporti giuridici esauriti che stanno alla base della trasmissione della cittadinanza italiana iure sanguinis”, ha dichiarato.

Per Taddone, ciò che sorprende è la portata del cambiamento approvato. “Né io né alcun altro italiano all’estero avremmo mai potuto immaginare che un governo della Repubblica Italiana, con l’avallo del suo Parlamento, arrivasse ad approvare una riforma così drastica e violenta come quella promossa dal Decreto-Legge 36, convertito nella Legge 74 del 2025”, ha affermato.

Al centro della sua critica, Taddone ha indicato quella che ha definito “la modifica più perversa”: la categorizzazione dei cittadini in classi. Ha spiegato che la nuova legge ha creato cinque livelli di cittadinanza, dalla A alla E, basati su criteri arbitrari di residenza o di registrazione consolare. Così, cittadini che prima godevano di pieni diritti sono stati “declassati”, impediti a trasmettere la cittadinanza ai propri figli maggiorenni o vedendo addirittura revocata retroattivamente la cittadinanza dei figli minorenni.

Taddone ha citato casi concreti di famiglie che hanno visto neonati privati della cittadinanza solo perché registrati dopo l’entrata in vigore della legge, mentre fratelli maggiori, iscritti pochi giorni prima, hanno mantenuto il diritto. Ha sottolineato la contraddizione di situazioni in cui un figlio è stato escluso dalla cittadinanza, mentre il coniuge della madre italiana può ancora ottenerla per concessione. Per lui, si tratta di distorsioni che rivelano l’obiettivo manifesto della riforma: “declassare i cittadini italiani residenti all’estero affinché non possano più trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti, anche a costo di sacrificare l’articolo 3 della Costituzione italiana”.

Il suo intervento si è concluso con un appello alle istanze superiori della magistratura. Di fronte alla chiusura delle porte della politica, ha detto, la speranza di giustizia delle comunità italiane all’estero riposa ora unicamente sui tribunali. “Le porte della politica sono chiuse, non c’è più nulla da attendere dall’attuale governo e dal nostro Parlamento. Tutte le nostre speranze di giustizia si rivolgono pertanto alle corti superiori. Noi, i mulini scomodi al potere di turno, non possiamo che augurarci che ci siano giudici a Roma.”

Il Convegno di Siena è proseguito con gli interventi del deputato Fabio Porta, che ha criticato l’abuso della decretazione d’urgenza, e di Toni Ricciardi, che ha analizzato gli effetti della riforma sui figli minori di italiani nati all’estero. Tra i giuristi hanno partecipato Marco Mellone, Monica Restanio, Giovanni Bonato, Claudia Antonini, Karine Boselli, Daniele Mariani, Maristella Urbini e Filippo Dami, con la moderazione dell’avvocata Flavia Di Pilla.

L’intervento di Taddone ha dato il tono iniziale all’incontro, insistendo sul fatto che l’italianità non può essere trasformata in un privilegio condizionato da decreti di emergenza. Per il presidente di Natitaliani, la riforma del 2025 non solo limita i diritti, ma ferisce l’essenza stessa della cittadinanza italiana come legame storico, giuridico e morale della nazione con i suoi discendenti sparsi per il mondo.