Uno dei nomi più attivi della comunità trentina in Brasile, l’avvocato Elton Diego Stolf, vicepresidente del Circolo Trentino di Curitiba, ha lanciato un forte appello alla diaspora italo-trentina in Brasile e nel mondo, denunciando gli effetti della recente Legge italiana n. 74/2025 — nota come “Decreto della Vergogna” — sui discendenti degli emigrati provenienti dall’ex Impero Austro-Ungarico, in particolare i trentini. In un video rivolto alla comunità, Stolf afferma che la nuova normativa rappresenta una forma di esclusione giuridica e storica, che mette a rischio persino il diritto alla trasmissione della cittadinanza italiana già riconosciuta.
L’avvocato ripercorre in modo dettagliato la particolarità giuridica della cittadinanza italiana per i trentini, ricordando che questi emigrati — noti come tirolesi austriaci di lingua italiana — non erano cittadini italiani al momento dell’emigrazione, prima del 1920. La cittadinanza italiana fu loro attribuita solo in seguito, come conseguenza del Trattato di Saint-Germain-en-Laye, che trasferì il territorio trentino dall’Impero Austro-Ungarico al Regno d’Italia. Per questo motivo, il riconoscimento della cittadinanza ai loro discendenti non si è basato sul principio dello ius sanguinis, come per altre regioni italiane, ma è avvenuto attraverso una legge speciale: la Legge 379/2000, successivamente prorogata dalla Legge 51/2006.
Stolf ricorda che tale normativa è nata per correggere un’ingiustizia storica, permettendo ai discendenti dei trentini di optare formalmente per la cittadinanza italiana tramite una dichiarazione presso i consolati italiani. In Brasile, questo sforzo fu particolarmente intenso negli Stati del Paraná e di Santa Catarina, dove il Circolo Trentino di Curitiba coordinò una vasta mobilitazione, raccogliendo oltre 14.000 firme. Eventi civici di grande partecipazione, come i “giuramenti” organizzati a Curitiba, Piraquara e Blumenau, segnarono l’adesione collettiva alla procedura.
Tuttavia, con l’entrata in vigore della Legge n. 74/2025, che ha modificato le regole di trasmissione della cittadinanza italiana, i trentini si trovano nuovamente esclusi, poiché la nuova norma si applica esclusivamente ai cittadini italiani riconosciuti per ius sanguinis. Ciò significa che i genitori trentini non potranno più trasmettere la cittadinanza ai figli minori, poiché la loro cittadinanza deriva da un atto giuridico e non da un diritto automatico.
Il video lancia l’allarme su tre situazioni particolarmente gravi:
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Domande in corso con figli nati nel frattempo;
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Trentini con cittadinanza già riconosciuta che non hanno registrato i figli;
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Trentini che intendono avere figli, ma che hanno perso la finestra legale per la trasmissione.
Per Stolf, si tratta di una nuova forma di discriminazione e di cancellazione storica, che riporta i trentini in quel limbo giuridico durato 80 anni, fino all’approvazione della Legge 379. “La cittadinanza italiana è una cosa seria”, ripete, facendo eco alle parole del ministro Antonio Tajani, che però critica duramente. “Talmente seria che non può essere trasformata in una concessione revocabile o in un privilegio temporaneo”.
L’intervento di Stolf si unisce alle numerose manifestazioni di protesta contro la Legge 74/2025, approvata tra forti critiche da parte di varie associazioni della diaspora italiana. Il video, che ha avuto ampia diffusione sui social e nei canali specializzati, è un invito alla mobilitazione della comunità trentina nel mondo, e chiama all’azione le principali realtà rappresentative — come Trentini nel Mondo, Unione delle Famiglie Trentine, i Circoli locali e le istituzioni ufficiali come la Provincia Autonoma di Trento — perché reagiscano alla minaccia.
In conclusione, Stolf annuncia l’organizzazione di una diretta per approfondire il tema, e rafforza l’urgenza di un movimento internazionale che faccia pressione per modificare immediatamente la legge. “Se non agiamo subito”, avverte, “rischiamo di vivere altri 80 anni di esclusione — e con la cittadinanza non si scherza”.
Di seguito, il messaggio integrale di Elton Diego Stolf, registrato in video.
Cari amici de Trentini.
Spero che tutti stiano bene.
Mi chiamo Elton Diego Stolf e faccio questo video in qualità di vicepresidente del Circolo Trentino di Curitiba.
Con questo video vorrei fare un invito a tutti i discendenti di trentini che hanno già riconosciuto la sua cittadinanza italiana riconosciuta ma anche a spiegare alcuni aspetti storici e giuridici riguardanti la cittadinanza e la nuova Legge n° 74 del 2025.
Come tutti sanno, il Circolo Trentino di Curitiba ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione di un modello di collaborazione con il Consolato d’Italia a Curitiba tra il 2000 e il 2010, anno in cui erano in vigore le leggi che hanno permesso di riconoscere la cittadinanza italiana ai discendenti trentini, la legge n. 379 del 2000 e la legge n. 51 del 2006, detta Legge di proroga.
Questo modello è servito come base per tutti gli ambienti trentini in Brasile e la rete consolare italiana che opera in Brasile si è avvalsa tempestivamente di questa partnership, perché i circoli preparavano documenti, organizzavano giuramenti e preparavano persino documenti che istruivano i processi che, in realtà, i consoli soltanto firmavano alla fine.
Allo stesso modo in cui tutti vedono nei media aperti e anche quelli specializzati, che si riuniscono nelle assemblee legislative, nei partiti italiani in tutto il Brasile, ecc., si svolgono dallo scorso anno, in quanto il 2024 e il 2025 sono considerati gli anni ufficiali di commemorazione del 150’nni della grande immigrazione italiana in Brasile.
Questi anni furono fissati anche se il punto di partenza di queste celebrazioni fu il piroscafo “La Sofia”, che nel 1874 sbarcò a Vitória, Espírito Santo, con la sua maggioranza di sudditi dell’Impero Austro-Ungarico, allora chiamati tirolesi austriaci di lingua italiana. Attualmente si chiamano Trentino, ma questo è un altro discorso.
Questo video ritrae un problema molto più serio di questo. Si tratta del mantenimento della cittadinanza italiana ai trentini, perché, come dice il ministro degli Esteri, l’italiano Antonio Tajani, autore del decreto-legge, soprannominato il “Decreto della Vergogna”. “Trasformarsi in cittadino italiano è una cosa seria”.
Dobbiamo essere d’accordo con il ministro Tajani perché è cosi tanto grave che nemmeno il ministro potrebbe classificare gli italiani nel mondo come una minaccia per il popolo italiano, perché il fenomeno della diaspora italiana e trentina sono anche elementi che costituiscono il popolo italiano stesso.
Vero è, carissimi, che quegli tirolesi austriaci di lingua italiana, allora sudditi dell’impero austro-ungarico, sbarcati a Espírito Santo nel 1874, non sono mai stati italiani prima del 1920. E questo fatto storico impatta direttamente sul riconoscimento della nazionalità italiana ad un intero gruppo di discendenti di quei tirolesi, che oggi vengono chiamati trentini dall’Italia, il cui riconoscimento della cittadinanza italiana ha un carattere particolare, limitato, burocratico e ormai discriminatorio.
È noto che gli immigrati trentini e i loro discendenti hanno potuto ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana con la legge n. 379 del 2000, con un termine di 5 anni e che poi è stato prorogato dalla legge n. 51 del 2006, ma nessuno si aspettava che il percorso fosse così tortuoso alla conclusione definitiva del riconoscimento della cittadinanza italiana di questi richiedenti.
Dunque, non è bastata che i consolati italiani fossero inefficienti nel concludere le pratiche trentine che durano da più di 15 anni nei corridoi polverosi del consolato e nella commissione interministeriale a Roma. Inoltre, non era neanche sufficiente che la legge avesse un termine che limitasse la continuità delle nuove richieste. Ora, la comunità trentina in Brasile e nel mondo deve preoccuparsi di un’altra negligenza. Un’altra battaglia deve ora essere combattuta per il mantenimento della cittadinanza italiana a quei trentini che sono già italiani.
Spiegherò nel dettaglio la questione e chiedo a te, che sta guardando questo video, da ora in poi, a guardare questo materiale con la stessa indignazione che sto provando in questi giorni. Perché tutti lo sanno, mi sono sempre occupato delle questioni trentine e della conclusione dei processi presso il consolato ed il Circolo Trentino di Curitiba.
Recentemente la legislazione italiana che riconosce la nazionalità italiana ha subito forti modifiche ed i trentini sono stati ancora una volta esclusi e volutamente dimenticati dalla madre Italia. La nuova legge che si occupa della cittadinanza italiana è la legge n. 74/2025 come ho accennato prima, derivata dal decreto legge n. 36 del 2025 che introduce una nuova disciplina di trasmissione della cittadinanza italiana a coloro che hanno la cittadinanza italiana e l’ha ricevuta — attenzione ora — attraverso l’applicazione di un criterio che da molti anni è previsto nell’ordinamento italiano, che è il criterio dello ius sanguinis.
Ius sanguinis significa “diritto per filiazione” e non “diritto al sangue”, com’è detto in giro. Trattasi della trasmissione dello “status civitatis italiano”, cioè, della cittadinanza italiana, mediante la dichiarazione del padre o della madre in relazione al figlio al momento della sua nascita. È proprio quel momento in cui la trasmissione della cittadinanza avviene automaticamente, quando il padre registra il bambino all’ufficio di stato civile.
Succede, cari amici trentini, che questo criterio dello ius sanguinis previsto dalla legislazione italiana fin dal 1865, poi 1912, e poi 1992, con l’ultima legge — che sono i diplomi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana — NON È il criterio che attribuisce ai trentini la cittadinanza italiana.
Molte persone non lo sanno e pensano ancora che siamo italiani dalla formazione del Regno d’Italia, nel 1861, da Giuseppe Garibaldi. E invece no, non è così. In riguardo alla cittadinanza italiana, i trentini non sono uguali ai veneti, ai calabresi, ai lombardi, perché abbiamo un trattamento specifico e dobbiamo in questo momento tornare ad alcuni concetti.
La nuova legge voluta dal ministro Tajani, n. 74/2025, in vigore dal 24 maggio, si riferisce solo alla trasmissione della cittadinanza italiana a coloro che hanno ricevuto la cittadinanza attraverso e soltanto via lo ius sanguinis. Perciò ci troviamo nuovamente in una situazione ingiusta e discriminatoria che è pari agli 80 anni che abbiamo avuto dal Trattato di Saint Germain en Laye fino all’avvento della legge n. 379, quando abbiamo avuto la possibilità di fare il processo di cittadinanza italiana fino 2005 e, poi, con la proroga, fino a 2010.
Per spiegare meglio questo tema, vorrei ricordare alcuni aspetti storici importanti in riguardo alla cittadinanza italiana ai trentini perché, come dicevo prima, noi trentini non siamo mai stati italiani prima del 1920.
È la storia, cari, si racconta più o meno così:
L’Impero Austro-Ungarico è nato nel 1867. Prima (noi trentini) eravamo sudditi austriaci. Gli attacchi di Giuseppe Garibaldi non riuscirono ad annettere il Veneto e l’allora Tirolo italiano, oggi chiamato Trentino-Alto Adige, al neonato Regno d’Italia, ufficialmente costituito nel 1861. La regione del Veneto, ad esempio, fu conquistata e, di fatto, divenne Regno d’Italia solo dopo un plebiscito nel 1866 e da aggiustamenti di accordi diplomatici internazionali, ma il Tirolo italiano continuò ad appartenere all’Impero Austro-húngaro.
La Prima Guerra mondiale scoppiò nel luglio 1914 e si concluse ufficialmente con la firma di un trattato internazionale nel 1919, il cosiddetto Trattato di Saint Germain en Laye. Le armi erano in realtà già state deposte nel novembre 1918. E questo evento bellico della Prima Guerra è di cruciale importanza per il riconoscimento della nazionalità italiana per i cosiddetti tirolesi italiani.
È con questo trattato che l’Austria perse territori a favore del Regno d’Italia, il cosiddetto Tirolo italiano, parti dell’Istria e della Dalmazia.
Per quanto riguarda la cittadinanza di queste persone che si trovavano in quel territorio, in questo specifico momento di transizione, il sistema istituito dal Trattato all’articolo 70 prevedeva l’acquisto automatico della cittadinanza italiana per le persone nate nei territori ceduti dall’Impero Austro-Ungarico all’Italia e che vi risiedevano stabilmente fino al 16 luglio 1920, data di inizio della vigenza del Trattato.
Qui, un punto cruciale: nel tentativo di evitare che gli emigranti da quel territorio rimanessero senza un riferimento nazionale europeo dopo la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, fu stabilito all’articolo 72 di tale Trattato che le persone che si trovavano al di fuori del territorio potevano optare per la cittadinanza italiana mediante una dichiarazione espressa presentata all’autorità diplomatica consolare italiana nel loro paese di residenza attuale, proprio come stabilito dall’articolo 78 del Trattato.
Con questo breve contesto storico, è ora possibile comprendere che dal 1867, anno della formazione dell’Impero Austro-Ungarico, al 1920, data di inizio del Trattato di Saint Germain, tutti i sudditi austro-ungarici, che uscirono dal territorio tirolese italiano, allora appartenente all’Impero Austro-Ungarico, potrebbero — in teoria, se la notizia li fosse arrivata in tempo — richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana con una semplice dichiarazione all’Ambasciata italiana nel suo nuovo luogo di residenza.
Ora, pensando e riflettendo un po’ con voi: come potrebbe tutto ciò essere accaduto nel 1921 (un anno dopo l’entrata in vigore del Trattato), agli immigrati tirolesi che hanno viaggiato per il mondo?
Certamente, pensando a questo aspetto, il mio antenato Antonio Stolf, che fa parte della lista del primo gruppo di immigrati che fondò la città di Rodeio, a Santa Catarina, non ha mai sentito questa notizia. Proprio come tutti i tirolesi di lingua italiana che emigrarono in Brasile in quel periodo, mai nemmeno pensarono e immaginarono che avrebbe potuto recarsi personalmente all’ambasciata del Regno d’Italia a Rio de Janeiro per optare per questa cittadinanza italiana. In altre parole, miei cari, il mio antenato arrivò in Brasile nel novembre 1875, come austro-ungarico e morì il 2 settembre 1920 come apolide, cioè, senza alcun riferimento ad uno Stato europeo.
Cioè, carissimi, i tirolesi di lingua italiana e di cultura italiana, allora residenti nel territorio annesso dal Regno d’Italia, vennero chiamati trentini a causa dell’annessione e anche a causa della nuova cittadinanza. Ma gli immigrati che partirono da quel territorio continuarono ad essere chiamati tirolesi, ma senza alcun legame di cittadinanza o di sudditanza, poiché l’Austria-Ungheria cessò di esistere e anche perché quasi tutti quegli immigrati non avevano mai chiesto la cittadinanza brasiliana o del nuovo paese in cui risiedevano all’epoca.
Questa situazione di apolidia, cioè, da non avere alcun riferimento alla cittadinanza, rimase per circa 80 anni, quando un certo movimento politico di Trento legato all’Associazione Trentini nel mondo, iniziò a dibattere sulla cittadinanza italiana di quegli immigrati tirolesi di lingua e cultura italiana e dei loro discendenti. E queste discussioni sono culminate nella presentazione di un disegno di legge già nel 1998 che è poi diventato la legge 379 del 2000, il cui unico scopo era quello di rimediare all’evidente situazione di disuguaglianza tra coloro che sono rimasti sul territorio e coloro si trovavano fuori dal territorio e hanno fatto l’opzione della cittadinanza, ma anche coloro che erano fuori dal territorio e non avrebbero mai potuto fare tale opzione. E qui è importante ricordare i nomi di personaggi come Bruno Fronza e Rino Zandonai, da sempre in prima linea in queste articolazioni.
La legge 379 del 2000 è stata celebrata e molto benvenuta dalla comunità trentina in tutto il mondo. Ma l’unico problema è stato stabilito un periodo ristretto di 5 anni affinché gli immigrati e i loro discendenti avessero potuto fare tale opzione di cittadinanza italiana. Ed è questo il punto che entra in gioco il brillante lavoro del Circolo Trentino di Curitiba e di tutti i circoli del Paraná, Santa Catarina e di altre zone del Brasile, come Florianópolis, Porto Alegre, Vitória, Belo Horizonte, Salvador, San Paolo e Rio de Janeiro. Qui per citare i principali circoli delle capitali, ma anche l’Argentina e altri paesi dell’America Latina.
La comunità trentina al di fuori da Trento si è organizzata grandemente per la raccolta di certificati di nascita, matrimonio e morte, così come per la preparazione documentale necessaria per dimostrare all’Italia la linea generazionale con l’immigrato tirolese, ma anche la loro appartenenza etnico-linguistica a quegli immigrati. Questi erano i requisiti stabiliti dalla Circolare K78 del Ministero dell’Interno, che ha definito le condizioni per l’istruzione della domanda.
A titolo di esempio, il Circolo di Curitiba ha operato come una sorta di centro di cittadinanza e, in ottima collaborazione con i Circoli trentini del Paraná e Santa Catarina, è riuscito a raccogliere poco più di 14.000 firme nel momento dell’opzione per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Questo numero espressivo rappresenta circa un terzo di tutte le richieste che sono state verificate dalla Commissione Interministeriale di Roma, competente per questo tipo di analisi di processo.
Ma cosa significava questa “firma nel libro del consolato” di cui tutti parlano? L’evento civico chiamato “giuramento”, cos’era esattamente? Riprendo ora il riferimento al criterio previsto dalla legislazione italiana, che è alla base per il riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti di quegli immigrati tirolesi di lingua e cultura italiana, chiamati trentini dal Regno d’Italia.
Il “giuramento”, infatti, era la sottoscrizione di un atto di cittadinanza, una dichiarazione di volontà resa per ottenere il riconoscimento della nazionalità italiana. Quella stessa dichiarazione che avrebbe potuto essere firmata dai nostri antenati tirolesi in base all’articolo 70 del Trattato di Saint Germain, nel 1921.
Cioè, con la legge 379/2000, l’Italia dava finalmente l’opportunità agli immigrati e ai loro discendenti di correggere un errore storico — una vera riparazione storica — di fronte al poco tempo che i nostri antenati avevano per optare per la cittadinanza italiana subito dopo la firma del Trattato di Saint Germain.
È certo, e tutti saranno d’accordo, che il termine di 5 anni stabilito dalla legge 379/2000 non è stato sufficiente. Tanto è vero che la legge 51/2006 ha prorogato la scadenza di altri 5 anni, ma anche così, tante persone sono rimaste fuori e non hanno potuto fare la domanda.
Tutti ricorderanno, e chi ha partecipato a quegli eventi lo ricorderà con certezza, che tra il 2000 e il 2010, i trentini hanno partecipato ai cosiddetti “giuramenti”. E cos’erano questi eventi? Erano grandi eventi civici per raccogliere le firme di tutti noi in grandi riunioni, come quelle che si sono svolte nella città di Piraquara/PR, a Blumenau/SC, nel 2004, e a Curitiba/PR nel dicembre 2005, evento che è riuscito a riunire più di 5.000 persone in un solo giorno, in un solo sabato.
Con il meccanismo della legge 379/2000, l’opzione per la cittadinanza italiana che abbiamo fatto non ci ha trasmesso la cittadinanza italiana in applicazione del principio dello ius sanguinis. Si è trattato, invece, di una modalità di trasmissione equiparata a un “beneficio di legge”, una concessione dello Stato, i cui effetti di cittadinanza decorrono dalla data della firma dell’atto.
In termini giuridici, cari amici, coloro che sono cittadini italiani per ius sanguinis, l’effetto è ex tunc, cioè, retroattivo fino alla nascita della persona, in particolare dalla dichiarazione di filiazione del padre resa presso l’ufficio anagrafe. Per i trentini, invece, l’effetto della cittadinanza italiana è ex nunc, cioè, produce effetti solo dal momento della firma del giuramento e non prima.
Quindi, miei cari, se la nuova legge ha l’attuale formulazione secondo cui la cittadinanza italiana può essere trasmessa al figlio minore solo da chi possiede la cittadinanza iure sanguinis, la nuova legge toglie completamente al discendente trentino con cittadinanza riconosciuta la possibilità di trasmettere tale cittadinanza ai propri figli minori.
E qui abbiamo tre situazioni molto problematiche per la comunità trentina:
1) Primo aspetto, il trentino il cui processo non è ancora stato concluso dal consolato e che, in questi anni, ha avuto figli ormai maggiorenni o ancora minorenni.
2) Secondo aspetto, il trentino che ha avuto il suo iter completato, è iscritto o meno all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), ma non ha ancora incluso il proprio figlio minorenne.
3) Terzo aspetto, il trentino, già iscritto o meno all’AIRE, che ancora ha intenzione di avere figli in futuro.
Per tutte e tre queste situazioni è deplorevole dirlo, ma con la nuova legge — la legge 74/2025 — non è più possibile trasmettere la cittadinanza italiana al figlio minorenne, perché il trentino con la cittadinanza italiana riconosciuta non l’ha ricevuta per via dello ius sanguinis e quindi non rientra nelle nuove disposizioni di legge. Di conseguenza, egli non può trasmettere la propria cittadinanza al figlio.
La notizia è o no terribile, cari trentini?
La domanda che dobbiamo rivolgere ora al Ministro Antonio Tajani, del “Forza Italia”, alla premier Giorgia Meloni, del “Fratelli d’Italia”, ma anche a tutti i Senatori e Deputati che hanno sostenuto, votato e approvato questo “Decreto della vergogna”, questo Frankenstein legislativo, è giustamente la seguente: che tipo di cittadini italiani sono quelli trentini? Sono cittadini italiani che vengono corretti storicamente con una legge che dura 5 o 10 anni, che devono affrontare una via crucis burocratica-amministrativa presso i consolati per circa 15 anni per completare l’iter, e poi, quando sono già cittadini riconosciuti, o ancora no, si toglie loro la possibilità di trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti?
Chi è di origine italiana possa trasmettere la cittadinanza italiana, in alcuni casi, fino al 31 maggio del prossimo anno. In altri casi, per dichiarazione di volontà del genitore che può anche limitare la trasmissione e la continuità dello status civitatis in famiglia, poiché, anche per lo ius sanguinis, il criterio di trasmissione si è concluso con la dichiarazione stessa. Ora, per i trentini, è un “beneficio di legge” e non sarà più possibile trasmettere la nazionalità italiana ai propri futuri figli.
La buona notizia in tutte queste situazioni — se così si può chiamare — è che il 25 giugno scorso, alcune cause giudiziarie di persone di origine italiana non trentina sono già state inoltrate alla Corte Costituzionale Italiana, che dovrà esprimersi sulla legittimità o meno della nuova legge. Ma questi processi potrebbero richiedere ancora 4 o 5 mesi per una pronuncia definitiva da parte della Corte. Nel frattempo, a qualsiasi trentino che abbia figli minori o che invii documenti al consolato, probabilmente verrà restituita la documentazione con una lettera che giustifica che la legge ora applicabile è la n. 74/2025, e che non è più possibile trasmettere la cittadinanza ai suoi discendenti.
Con questo video esplicativo, cari trentini, vi invito a riflettere su questo tema, a riflettere su questa deplorevole situazione che colpisce anche la nostra comunità trentina fuori dall’Italia. Vi invito a indignarvi con il Ministro Tajani, vi invito all’indignazione verso la premier Giorgia Meloni e verso tutti i Senatori e Deputati che hanno tolto a noi trentini — o meglio, ai nostri figli — i diritti di riconoscimento della cittadinanza italiana.
Questo cambiamento è passato inosservato nella stragrande maggioranza delle comunità trentine nel mondo, soprattutto in Brasile, a causa dei festeggiamenti per il 150º anniversario dell’immigrazione. Ma spero che questo video apra un percorso di dialogo con tutte le leadership trentine sparse nel mondo: le associazioni come i Circoli Trentini, le Associazioni Famiglie Trentine, la Trentini nel Mondo (ATNM), l’Unione delle Famiglie Trentine (UFT), ma anche le istituzioni governative, come la Provincia Autonoma di Trento, la Regione Trentino-Alto Adige, Senatori e Deputati, i rappresentanti della comunità italiana all’estero (CGIE), i Com.It.Es., ma anche chiunque sia interessato all’argomento e, come me, indignato per questa situazione.
La legge 74/2025 è un’aberrazione giuridica, non solo per le persone di origine italiana riconosciute come tali per ius sanguinis, ma soprattutto per noi, di origine trentina.
A breve organizzeremo un incontro pubblico e un dibattito sull’argomento.
E infine, invito tutti coloro che vogliono partecipare con noi a formare la base della nostra prossima battaglia, perché dovremo affrontare con molta forza queste aberrazioni legali.
Ministro Tajani, secondo Lei, sul fatto che la cittadinanza italiana è una cosa seria: sono d’accordo con Lei. È tanto seria, che questa legge va cambiata subito, perché è stata fatta male, scritta molto male. Il nostro legame con l’Italia non è e non è mai stato uno scherzo.
Cara comunità trentina, abbiamo bisogno di unirci ora più che mai, altrimenti avremo altri 80 anni o più di ingiustizie e disuguaglianze di trattamento per quanto riguarda la cittadinanza italiana che, nuovamente, ci è stata tolta.
E non si scherza con le aspettative, lo status, con la nossa posizione di cittadino, con l’appartenenza di un popolo.
Invito fatto, abbiamo bisogno di discutere la questione, perché la cittadinanza italiana è una cosa molto seria e dobbiamo riflettere su questa situazione per il mantenimento della cittadinanza italiana attraverso le generazioni, e anche — chissà — riprendere la possibilità per chi non ha fatto domanda negli anni di vigenza della legge 379/2000.
Un caro saluto trentino e grazie.