Documento di riflessione (23.06.2008)

PATROCINANDO SUA LEITURA

Premessa

u Il Gruppo di lavoro ad hoc sull’associazionismo italiano all’estero, promosso dal Consiglio Generale degli Italiani all’estero e costituito dai vice segretari generali per le aree continentali, dai presidenti delle otto commissioni tematiche, dai rappresentanti delle commissioni continentali del CGIE, dai rappresentanti della Consulta nazionale dell’emigrazione, dagli Assessorati e Consulte regionali di emigrazione, propone alla riflessione e al dibattito delle associazioni italiane all’estero e delle istituzioni competenti il seguente documento, frutto dell’incontro realizzato a Roma, il 27 e 28 maggio 2008. Il presente documento è stato presentato e discusso dal Comitato di presidenza del CGIE il 23 Giugno 2008.

Le analisi, considerazioni e proposte contenute nel documento sono il momento iniziale di una più ampia riflessione sulla realtà ed il futuro dell’associazionismo italiano all’estero, riflessione che vede coinvolti tutti gli attori di questo vitale aspetto della convivenza sociale, dalle diverse forme associative all’estero, alle associazioni nazionali di emigrazione e alla CNE, agli organismi istituzionali come Comites, CGIE e parlamentari eletti all’estero, alle Consulte ed Assessorati regionali d’emigrazione.

Si tratta, perciò, di comprendere l’evoluzione dell’associazionismo avvenuta negli ultimi decenni e di ridefinire un quadro di relazioni efficace e produttivo tra le istituzioni italiane e l’associazionismo italiano all’estero in grado di accoglierne e potenziarne le novità, le positive trasformazioni ed aperture interculturali e in linea con le nuove esigenze e fabbisogni che emergono dalle comunità italiane all’estero.

In questa prospettiva è necessario far emergere e riconoscere tutta la pluralità ed il carattere libero ed autonomo dell’esperienza associativa nel mondo ed assumerla come valore fondamentale per il perpetuarsi di una dimensione di comunità tra gli italiani e gli oriundi italiani nei diversi continenti e paesi e per la costruzione della loro rappresentanza.

Conciliare le qualità costitutive ed evolutive del movimento associativo con le finalità istituzionali tese a valorizzarne la funzione di mediazione culturale, sociale, economica e politica tra l’Italia e i paesi di accoglienza, e con gli enti locali (Regioni, Province, Comuni) necessita di un quadro di lettura del fenomeno associativo che superi atteggiamenti unilaterali e recepisca la soggettività e pluralità interculturale di questo mondo come la base stessa per lo sviluppo di tali politiche.

Non si tratta solo di riconsiderare il dialogo delle associazioni storiche con le istituzioni italiane ma di saper cogliere l’evoluzione delle associazioni, specie quelle che coinvolgono più da vicino le giovani generazioni. Un impegno, perciò, sul ruolo dell’associazionismo con lo sguardo puntato sul futuro, ma attento alle diverse sfaccettature che il fenomeno ha assunto nel tempo.

1.       Il valore innegabile dell’associazionismo italiano

L’associazionismo italiano all’estero è stato, fin dall’inizio, il terreno privilegiato dell’impegno solidale di quanti si sono dedicati alla promozione dei diritti degli emigrati, alla tutela dei diritti, previdenziali e di assistenza sociale, dei lavoratori. Senza l’impegno dell’associazionismo degli e per gli italiani all’estero i diritti civili, sociali, culturali e politici delle comunità oltreconfine non sarebbero stati raggiunti. Inoltre l’associazionismo italiano all’estero ha permesso la conservazione e la promozione dell’italianità, collegando le nostre comunità con l’Italia soprattutto quando lo Stato italiano era assente nel mondo dell’emigrazione.

Storicamente le comunità italiane nel mondo hanno creato, nei diversi Paesi di accoglienza, vari tipi di associazioni per rispondere alle esigenze e agli stimoli del periodo storico vissuto. Si inizia dalle società di mutuo soccorso e di risposta ai bisogni scolastici e sociali della prima emigrazione per poi costituire associazioni legate al paese d’origine quando si faceva necessario mantenere un’identità aggregante soprattutto in periodi bellici dove divergevano gli interessi dell’Italia da quelli dei paesi di accoglienza.


Negli anni 1960-70, con la ri-definizione dei ruoli istituzionali delle Regioni italiane vengono accentuati i rapporti economici e politici con il mondo associativo italiano all’estero, che diventa un partner privilegiato di promozione e di relazione. Questo fatto ha consentito all’associazionismo di assumere un ruolo di mediazione tra i migranti ed i rispettivi territori, di partenza, arrivo e ritorno, facilitati in questo dall’istituzione di consulte e legislazioni regionali, in grado di garantire un certo finanziamento di progetti specifici.

Negli ultimi decenni è cambiata la fisionomia dell’emigrazione italiana: a quella tradizionale si sono aggiunte le generazioni di discendenti italiani ed una nuova componente giovanile qualificata. Dal punto di vista associativo diminuiscono le associazioni assistenziali e mutualistiche e si rafforza un associazionismo economico attivo nei processi di import-export tra l’Italia e l’estero, un associazionismo fatto di relazioni pluriculturali e interculturali, un associazionismo meno istituzionale e più rispondente ad esigenze ricreative e di tempo libero.

Infine, fenomeno recente e particolare (in stretto collegamento con l’attribuzione del diritto di voto in loco agli Italiani all’estero) è la costituzione nei diversi paesi di accoglienza di associazioni partitiche in collegamento con le forze politiche italiane.

Si incontra così, sempre più, un associazionismo che è l’espressione diretta dei gruppi di italiani e di loro discendenti piuttosto che il prodotto di istituzioni o organismi (autorità consolari, forze politiche, sindacati, missioni cattoliche, patronati). Tali associazioni cercano come interlocutori non tanto le istanze nazionali quanto le amministrazioni locali e regionali per valorizzare, difendere e promuovere la loro immagine e la loro realtà sociale, economica e culturale di emigrazione.

2.       La realtà dell’associazionismo italiano

Secondo i dati 2007 del Ministero degli Affari Esteri, il fenomeno dell’associazionismo all’estero coinvolge più di un milione e mezzo di italiani in 5.944 associazioni, di cui numerose nate negli ultimi decenni.


Il canale associativo rimane, perciò, una risorsa privilegiata, per quanto non esclusiva, nelle relazioni delle istituzioni regionali e nazionali con le comunità emigrate. Anche se il numero degli aderenti non copra l’intera collettività, soprattutto quando si consideri il più ampio bacino rappresentato dai discendenti italiani fonte anch’essi di momenti specifici di aggregazione, le associazioni offrono visibilità, svolgono ruoli di mediazione, coprono una diversità di obiettivi: ricreativi, sociali, culturali, professionali, religiosi.

Se alcune associazioni hanno terminato la loro funzione storica e si sono riqualificate in direzioni più settoriali, promuovendo iniziative culturali o rispondendo a nuovi bisogni della comunità italiana, altre si sono aperte a contatti, relazioni e progetti internazionali. E’ necessario, perciò, riconoscere le diverse tipologie associative e approntare specifici e adeguati strumenti di sostegno, per evitare che le nuove forme associative, più innovative e interculturali, risultino paradossalmente quelle meno tutelate sebbene rappresentino una parte reale della società civile.

Il fenomeno dell’associazionismo di emigrazione è una realtà in continua evoluzione. E quando si afferma che il mondo associativo è in crisi a causa dell’inevitabile invecchiamento dei quadri dirigenti, del mancato ricambio generazionale e della necessità di ridefinire gli obiettivi associativi in modo da rispondere ad esigenze e bisogni nuovi, bisogna comprendere che tale “crisi” riguarda solo una parte del mondo associativo e che in ogni caso essa deve essere vista come tappa, dolorosa e probabilmente positiva se affrontata adeguatamente, di un cammino di crescita.

Infatti, riconoscere che parte della realtà associativa è legata a scenari sociali ed economici ormai superati, che allo spirito di solidarietà originario del movimento associativo (anche in supplenza dello Stato) è spesso subentrato uno spirito di subalternità più legato a difendere gli interessi di alcuni gruppi di potere italiani che a rispondere ai bisogni delle proprie comunità, che molte delle finalità statutarie vanno aggiornate… riconoscere tutto questo significa dare il giusto rilievo alla diversa composizione delle comunità italiane all’estero fatte di giovani, di nuove emigrazioni, di gruppi con interessi sociali, culturali, scientifici, imprenditoriali, artistici.

Molti di questi nuovi esempi di aggregazione travalicano il territorio di un solo Paese creando una rete transnazionale e mondiale anche grazie alle nuove risorse tecnologiche. Molte associazioni, soprattutto quelle create da giovani per i giovani, superano la logica della mono appartenenza regionale o nazionale per aprirsi più agli italofili che agli italofoni, cioè a chi ama o ha interesse a sviluppare relazioni con l’Italia indipendentemente dal Paese di appartenenza e dalla lingua parlata.

L’affermarsi di queste nuove forme associative, connesse ai diversi interessi elettivi e alle nuove generazioni, consentono di ritenere che l’associazionismo di emigrazione non è un fenomeno di retroguardia, ma dinamico, un ponte tra mondi in evoluzione, che stabilisce connessioni a partire da un sentimento di comune appartenenza su una nuova base identitaria italiana, non arroccata in se stessa, ma aperta al confronto con altre culture ed universi mentali.

L’associazionismo italiano all’estero, sia nella prospettiva storica che nelle sue attuali potenzialità, è perciò un importante elemento-ponte capace di collegare diverse esperienze umane. Svolge una funzione di mediazione tra differenti paesi e culture, tra il paese di origine, sempre vivo nella memoria, nei valori e negli affetti, ed il paese d’insediamento, divenuto spesso il centro delle decisioni professionali, culturali e sociali.

Le associazioni sono un valido soggetto relazionale specie in contesti locali. Infatti, la condivisione di lingua, identità, codici culturali ed etici è un elemento aggregante, generatore di un mix di fiducia e affinità. La promozione ed il sostegno degli ambiti associativi, culturali e sociali, è pertanto una strategia valida, da perseguire soprattutto nei riguardi delle associazioni dei giovani italiani nel mondo.

Anche all’interno del mondo giovanile si riscontrano diversi atteggiamenti: mentre parte dei giovani italiani vivono spesso i cliché e gli stereotipi dell’italianità, elementi folcloristici ed imposti dall’esterno, altri, più coinvolti nelle dinamiche dei rispettivi paesi di residenza, sviluppano sensibilità nuove legate al recupero o alla riscoperta delle proprie radici culturali.

Riproporre in maniera creativa il legame con la terra d’origine, capire ed assumere le differenze sperimentate in emigrazione, aiutare a fare una sintesi identitaria caratterizzata dalla pluralità di espressioni e di appartenenze è la nuova proposta associativa dei giovani italiani nel mondo che, attratti da una cultura italiana solidale, si affrancano così da una visione “nostalgica” e “provinciale” dell’italianità.

3.       L’associazionismo italiano per il futuro

L’associazionismo è stato e continua ad essere il “cuore” delle comunità italiane nel mondo. E’ ancora essenziale nel collegamento fra le comunità all’estero e l’Italia. E’ strumento di aggregazione, di promozione e sostegno dell’italianità. Rappresenta una strategia valida per il futuro, soprattutto se guardiamo alle giovani generazioni di origine italiana, che superando la semplice incorporazione nelle associazioni storiche, propone dinamiche associative innovative come l’esperienza e la valorizzazione delle molteplici appartenenze culturali, la coscienza multiculturale di formare un mondo plurale composto da diverse origini e culture, l’impegno di mettere in relazione interculturale le diversità di ogni persona, gruppo e appartenenza.

E’ interesse dell’Italia, allora, di non perdere il collegamento che passa attraverso la rete dell’associazionismo, con le sue comunità all’estero e di non disperdere un importante patrimonio di conoscenze e di esperienze, di cui le giovani generazioni di origine italiana rappresentano una punta avanzata. Le istituzioni italiane, interessate a mantenere un proficuo legame con questo mondo associativo e a promuoverne l’evoluzione, devono così riconoscere il valore della soggettività politica dell’associazionismo e favorire il consolidamento di un associazionismo autonomo, attento ai bisogni delle comunità italiane.

Infatti, tra i pericoli da evitare nel rapporto con l’associazionismo c’è quello di costringere le attività associative in forme che potrebbero inaridirne l’autonomia e la spontaneità, di sottovalutare il valore aggiunto che i giovani danno al mondo associativo, di proporre interventi calati dall’alto incapaci di privilegiare la soggettività degli attori e di confondere ruoli e compiti delle diverse componenti del mondo migratorio, nel caso delle associazioni in rapporto a Comites, CGIE, parlamentari eletti all’estero e regioni.

In quest’ottica, le istituzioni italiane – pur invitando le associazioni italiane, vecchie e nuove, a perseguire modalità aggregative caratterizzate da democrazia interna, trasparenza di obiettivi, mezzi ed attività, partecipazione fattiva dei membri, ricambio generazionale di responsabili e membri evitando però la logica della contrapposizione tra giovani e anziani e favorendo la convivenza e l’arricchimento reciproco – ritengono inopportuno stabilire criteri fissi per “qualificare” le diverse associazioni italiane, dal momento che l’amministrazione pubblica, nel momento di richieste specifiche, già prevede condizioni e criteri da rispettare, come l’iscrizione ai diversi albi consolare, regionale o nazionale.

 

La questione della rappresentanza

L’associazionismo italiano all’estero vive una fase di transizione e trasformazione che porta ad un necessario chiarimento di ruolo anche in relazione alle nuove forme di rappresentanza. Infatti, se l’associazionismo tradizionale ha svolto per anni un positivo ruolo di rappresentanza sociale pressoché esclusiva (coprendo spesso l’assenza della politica), oggi – soprattutto nella dimensione più “politica” – deve confrontarsi con i nuovi organi di rappresentanza come Comites, CGIE e parlamentari eletti all’estero. Per salvaguardare questa distinzione di ruoli è opportuno che partiti ed associazioni riconoscano e accettino i loro rispettivi ruoli e competenze senza prevaricazioni e confusioni. L’associazionismo deve, perciò, saper mantenere la propria autonomia che non vuol dire isolamento o contrapposizione, ma proficua collaborazione nel rispondere ai bisogni sociali e alle domande della comunità italiana.

Infatti, coloro che ritengono superato il ruolo di rappresentanza dell’associazionismo in favore di una rappresentanza esclusiva dei partiti politici, devono ricordare che la realtà associativa è ancora più rilevante dopo la costituzione di Comites e CGIE e dopo l’ottenimento dell’esercizio di voto in loco da parte degli Italiani nel mondo con la successiva elezione dei parlamentari nella circoscrizione estero. L’esempio dell’America Latina è significativo dato che, nelle elezioni del 2008 sono stati preferiti candidati provenienti dal mondo associativo al posto di quelli designati dai partiti.

Riconoscere, allora, che la rappresentanza sociale delle associazioni è autonoma, complementare, ma non riconducibile a quella dei partiti politici significa tenere in giusta considerazione quella parte significativa di italiani interessati a seguire direttamente la gestione dei problemi sociali, educativi e culturali della comunità.

 

Il rapporto con le Regioni

Anche nei rapporti con le Regioni, atteggiamenti di tipo strumentale vanno arginati, per mantenere un orientamento e un indirizzo capace di generare legami più ampi e profondi di carattere sociale e culturale, oltre che economico e commerciale.

Infatti, se alcune regioni hanno una pratica consolidata di promozione con i corregionali all’estero, altre regioni si limitano a considerare le associazioni come semplici “fornitori” di personale o di pubblico da “utilizzare” per iniziative che emanano direttamente dai vari uffici e assessorati regionali.

E’ importante invece che le Regioni sostengano e incentivino proposte e misure di formazione all’associazionismo, per esempio nel campo delle nuove tecnologie o nello scambio di esperienze multi e interculturali.

4.       Le politiche ed i mezzi per promuovere e sostenere l’associazionismo del futuro

La seguenti indicazioni operative possono aiutare l’associazionismo italiano all’estero a proseguire la sua evoluzione verso forme e attività più consone alla nuova realtà degli Italiani nel mondo. Non si tratta di indicazioni esclusive, ma solo di proposte da confrontare e ampliare insieme a tutti gli attori associativi e istituzionali italiani.

          Modifica della legge 383/2000 sulle associazioni di promozione sociale italiane in modo da estendere la sua applicazione non solo al territorio italiano, ma anche alle realtà associative che sono prevalentemente dislocate ed operanti all’estero.

          Coordinamento permanente e unitario delle politiche d’emigrazione sia a livello nazionale che regionale. Rivitalizzare il tavolo Stato-Regioni-CGIE e/o, in caso di sua impossibilità operativa, favorire forme di auto-coordinamento regionale con il coinvolgimento delle consulte regionali, per programmare, monitorare e valutare le azioni di sostegno all’associazionismo.

          Riforma del CGIE e dei Comites; armonizzazione della legislazione regionale relativa al tema dell’emigrazione, creando un legame fra legislazione nazionale e Regioni.

          In collegamento con la Consulta Nazionale dell’Emigrazione, istituire un unico momento di coordinamento in Italia capace di rappresentare più completamente il mondo associazionistico italiano all’estero.

          Sostegno alla nascita di associazioni di giovani italiani e di origine italiana, capaci di superare un concetto di italianità chiusa e limitata. Infatti, oltre all’appartenenza giuridica (il passaporto italiano), è necessario individuare nuove chiavi di interlocuzione quali la cultura e la lingua, nel rapporto con le nostre associazioni all’estero. Tali associazioni potranno rinvigorire il collegamento con l’Italia attraendo competenze, professionalità ed intelligenze con l’incentivazione, per esempio, di forme di partenariato e di cooperazione con il mondo culturale, imprenditoriale ed istituzionale italiano.

          Creazione e sostegno di corsi di formazione per leadership associative e di educazione alla vita associativa.

          Promozione di aggregazioni associative (anche in forma interregionale) per realizzare progetti comuni.

          Sostegno alla qualificazione degli strumenti d’informazione delle comunità italiane all’estero: stampa, radio, tv, internet. Tali interventi potrebbero favorire una conoscenza non folcloristica dell’Italia attuale, anche attraverso le trasmissioni di RAI International e la moltiplicazione di stages in Italia per operatori della comunicazione, capaci di diventare, a loro volta, formatori di altri giovani.

          Seminario sull’internazionalizzazione come luogo di riflessione sulle connessioni tra giovani, globalizzazione e internazionalizzazione economica, ed occasione per rilanciare il ruolo delle Associazioni nell’ambito delle misure volte a sostenere la competitività dell’Italia nel mondo.

          Ricerca-azione di carattere scientifico sulla realtà associativa odierna, per comprenderne le aspettative e le problematiche, per valorizzarne il contributo propositivo. Tale indagine è utile anche per correggere la percezione che in Italia si ha delle associazioni all’estero come enti obsoleti e spesso luoghi di sprechi, facendo invece emergere la diffusa realtà operosa e fruttuosa, in gran parte volontaria, delle associazioni italiane all’estero. In un primo momento tale ricerca-azione potrebbe interessare alcuni Paesi-campione con l’obiettivo di identificare le buone pratiche associative ed innovative. In un secondo momento, anche per completare i dati in possesso del MAE, si potrebbe impostare un’anagrafe associativa esaustiva capace di rendere conto del complesso mondo dell’associazionismo italiano all’estero.

Tali proposte dovranno essere attuate impiegando risorse e strumenti opportuni, tra cui indichiamo:

          le risorse destinate alla  formazione professionale degli italiani residenti nei Paesi extra UE, cominciando dal bando del ministero del lavoro per il quale va rafforzata la collaborazione tra CGIE, Comites, MAE e Ministero del Lavoro per il recupero del legame tra politica estera, formazione professionale e giovani;

          il patrimonio di strumenti di network, di metodologie progettuali innovative, di capacità professionali e di nuove conoscenze sulle professionalità italiane nel mondo costituito dall’Osservatorio sulla formazione e sul lavoro degli italiani all’estero operante presso la DGIT che va sostenuto e rafforzato nella sua continuità operativa coinvolgendo le federazioni e reti associative nazionali facenti capo alla CNE nell’ambito di un corretto approccio di dialogo sociale;

          i fondi comunitari destinati al nuovo programma di FSE 2007-2013 del MAE che prevede, assieme all’Osservatorio,  iniziative di valorizzazione dell’Associazionismo, dei Comites e delle Consulte regionali nell’ambito dello sviluppo dei servizi pubblici destinati alla mobilità transnazionale degli studenti e dei lavoratori.


Conclusione

Considerando che la necessaria e rinnovata riflessione sulla situazione e sul futuro dell’associazionismo di emigrazione equivale ad occuparsi del futuro delle nostre collettività intese come comunità di intessi che condividono sistemi di valori identitari e culturali, siamo coscienti che in assenza della funzione aggregativa e organizzativa, di orientamento e confronto assicurata dall’associazionismo le nostre collettività ed i singoli soggetti si troverebbero in una situazione di anomia indifferenziata e non esisterebbero, di fatto, “comunità-collettività” degli italiani all’estero. L’attività di promozione e mediazione sociale, che storicamente ha svolto e svolge l’associazionismo, costituisce, infatti, la funzione fondamentale per la riproduzione del senso di appartenenza e del legame con l’Italia.

La tutela, il rafforzamento e l’adeguamento dell’esperienza associativa degli italiani all’estero costituiscono, dal punto di vista istituzionale, finalità strategiche che giustificano, da una parte, l’esistenza dei diversi livelli di rappresentanza che si sono costituiti negli ultimi venti anni (Comites, CGIE, rappresentanza parlamentare) e, dall’altra, la possibilità stessa della loro attuazione in quanto ricevono dalle reti associative lo spazio di agibilità democratica indispensabile per la loro espressione e per il loro riconoscimento.

Tale relazione (associazionismo-diversi livelli di rappresentanza) implica, allora, un chiarimento rispetto al modo in cui la si legge o, meglio, al luogo da cui la si legge.

Se la si legge dall’interno delle collettività all’estero, l’evoluzione delle autonome forme organizzative che le collettività si danno percorre, da tempo, un iter caratterizzato da livelli crescenti di integrazione nei paesi di insediamento sia sul piano culturale che sul piano sociale e politico. In questo mondo di nuova rappresentanza sociale non vi è crisi, anzi vi è crescente consapevolezza e impegno verso un mondo interculturale che lega autoctoni e immigrati italiani, ma anche di altre etnie, che contribuiscono alla vita civile e sociale di quei paesi.


Se invece la si legge dalla prospettiva italiana, vi sono forti elementi critici in gran parte riferibili alle aspettative o agli orientamenti provenienti dalle istituzioni e dai centri di rappresentanza politica e sociale italiani, in riferimento al ruolo che, nell’ultimo decennio, si richiede alle collettività emigrate, di essere veicolo economico e/o promotore di una più efficace e ampia penetrazione dell’Italia nel mondo.

Tra queste due ottiche o dimensioni relazionali dello sviluppo sociale e civile che riguarda le nostre collettività, è dunque necessaria una sintesi positiva. Infatti, continuare a parlare di crisi senza considerare che le nostre comunità erano esclusivamente italiane in partenza, ma sono sempre più multiculturali e integrate (quindi diverse, autonome e dotate di originali caratteri identitari), oppure immaginare soluzioni esclusivamente “anagrafiche” o funzionali, non aiuta a comprendere o risolvere i problemi e le opportunità del futuro dell’associazionismo italiano all’estero.

Rispetto a questa diversità, varietà ed originalità interculturale delle forme organizzate delle nostre collettività, bisogna avvicinarsi con una accentuata disposizione all’ascolto e alla comprensione, evitando l’equivoco che l’associazionismo serva per forza a qualcuno, magari per perpetuare interessi specifici o settoriali.

L’associazionismo serve, invece, essenzialmente a se stesso, ovvero alla gente che lo crea e che lo sostiene partecipando democraticamente alla sua vita interna e agli obiettivi che esso, autonomamente, si dà.

L’Italia e le sue istituzioni possono mantenere con questo mondo di partecipazione un legame forte e solido, partendo dal riconoscimento della sua autonomia, evitando approcci strumentali e considerando che proprio la tutela di questa pluralità, apertura, dinamicità e soggettività interculturale, può consentire una moderna evoluzione dell’associazionismo e allo stesso tempo fornire un contributo di straordinario valore al Paese.


Tra l’attore istituzionale che ha necessità di strutturare griglie di riconoscimento, albi, criteri di valutazione, programmi e progetti rispetto ai suoi obiettivi a breve-medio termine, e l’associazionismo interculturale che sviluppa ed elabora dinamicamente scenari di nuove opportunità, a partire dai contesti dei paesi di residenza, c’è quindi bisogno di un approccio dialettico che consenta di superare paradigmi relazionali univoci e statici tra Italia ed italianità all’estero, passando dalla iniziale definizione di “emigrazione come risorsa”, elaborata nel corso della Seconda Conferenza Nazionale dell’Emigrazione nel 1988, ad una specifica e prospettica connotazione di “emigrazione come risorsa interculturale”.

In caso contrario, la mancanza di una lettura aperta ed evolutiva, l’insufficienza di azioni lungimiranti che sostengano il processo di rinnovamento interno al mondo associazionistico e l’assenza di valide misure finalizzate alla sua valorizzazione e a nuove forme di attrazione verso l’Italia delle sue migliori energie, questa “storica risorsa” andrà progressivamente e forse irrimediabilmente perduta per il nostro paese.