u SAN PAOLO-SP – Si può dire con certezza che la maggior parte degli italiani della penisola non amano troppe le lingue della loro Comunità Europea, solo in minima parte, ed ora vogliono istruirci su ciò che dobbiamo imparare, quindi c’è una  diatriba sulla questione della lingua italiana per emigrati italiani e no.

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In riunione  recente alla Camera di Commercio   con maggiorenti della lingua e del giornalismo, un giornalista del Corriere della Sera che sembrava essere uscito per la prima volta da un paesello di montagna, con molto ego e poca conoscenza,  ha esposto le sue considerazioni, molto italiane e campanilistiche sul mondo dell’emigrazione e ciò che noi dovremmo fare e non fare.

Ha cominciato con la legge che ha istituito il voto, dicendo che chi l’ha votata non l’ha letta attentamente e che ora se ne pente,  sono quelli di destra che dicono queste cose, perché se avessero vinto loro le elezioni, la legge andrebbe benissimo, si è scordato che questa storia del voto e delle cittadinaze, è un tema dell’inizio del secolo XX, che è stata discussa, proposta e studiata a lungo, quindi non è una novità; ma forse è una novità per lui!

Poi vorrebbe limitare il diritto alla cittadinanza, considerandolo troppo allargato, quindi secondo lui si dovrebbe adottare  una legge restrittiva, per chi parlasse e scrivesse l’italiano, permettendo magari a solo pochi privilegiati di ottenere questo diritto.

Dimentico della storia dell’emigrazione, ed  abbagliato dalle beghe italiane,  si scorda di tutto quello che è successo agli emigrati nei quattro angoli del mondo,  di come hanno contribuito per l’Italia e per i paesi che li hanno ospitati, dei molti che sono tornati per arruolarsi nell’esercito nella  prima e nella seconda guerra mondiale.

A dire il vero i nostri antenati  le hanno fatte tutte le guerre da prima dei romani,  quindi noi possiamo risparmiarci questa fatica inutile.

Quanto alla lingua, posso parlare anche in prima persona, ho imparato per primo  da bambino la lingua veneta, poi il dialetto romano, poi l’italiano, e via via altre diverse lingue.  Perché? bé mi sono accorto che il fascismo ed i libri di scuola mi avevano raccontato un sacco di balle, i governi del dopoguerra e i preti idem, quindi se volevo sapere  qualche verità dovevo leggere i giornali e i libri dagli originali e poi compararli con ciò che si sciveva e diceva in Italia.

Devo ricordare che  gli emigrati nel sud del Brasile hanno creato la loro lingua il “talian”, e non credo che siano disposti ad imparare l’italiano solo per far piacere a dei nazionalisti, chiaramente alcuni lo faranno, ma non per obbligo.

Quando si iniziò il grande esodo, l’Italia come nazione, era appena nata e le persone parlavano la lingua della loro regione, non c’era grande necessità dell’italiano. Ora con l’Unione Europea basta  che i cittadini parlino una delle lingue delle nazioni  che la compongono, magari  opportunamente aggiungendo l’inglese, che  è diventata una lingua comune, chi ha più tempo, disponibilità ed interesse potrebbe arricchirsi con delle altre.

Secondo lui sono i furbi e i pigri che sollecitano il passaporto italiano per andare a Miami, devo dire che se ci fosse un buon governo sia in Brasile ed anche in Italia nessuno dovrebbe andar via dal proprio paese, per cercarsi un posto di lavoro, quindi il problema non è di passaporto ma di malgoverno. È preoccupatissimo con il lavoro che devono svolgere i consolati, ma se il Ministero degli Interni togliesse tutte le norme inutili che ha creato per ostacolare l’ottenimento della cittadinanza e se si applicasse solo la legge come il Parlamento l’ha stesa, non ci sarebbe bisogno di file ed attese.

Dimentica che esiste un “mercato”, che l’Italia ha bisogno di vendere, di esportare, di giocare  nello scacchiere internazionale, e questo è oltremodo facilitato dall’italianità che noi abbiamo “esportato” per il mondo.

Chi ha fatto le Americhe, chi ha diffuso la lingua e la cultura italiana, sono coloro che sono emigrati, non coloro che sono rimasti a casa!