u ROMA – Signor Presidente, voglio portare il mio compiacimento ai sottoscrittori della mozione per l’istituzione della Commissione che si dovrà formare e tutta la mia completa adesione.

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Voglio leggere le prime righe di premessa della mozione: «Essi» – il riferimento è ai diritti umani – «si sono recentemente sviluppati, determinando una consapevolezza sempre maggiore in ambito mondiale». Su questo aspetto mi voglio soffermare, portando un’esperienza personale.

Ho vissuto moltissimi anni in Eritrea e moltissimi altri in Etiopia e in Medio Oriente, anche nei momenti tragici che hanno sconvolto quei Paesi, in particolare l’Eritrea e l’Etiopia, ad esempio nel momento della rivoluzione di Menghistu, in occasione della quale i diritti – non quelli politici, ma quelli umani – sono stati violentemente calpestati, tanto che abbiamo sofferto, anche personalmente, la privazione di tutti i beni patrimoniali, e sequestri di persona. In questa mia esperienza di vita mi sono quindi reso consapevole sempre più delle circostanze in cui i diritti umani vengono totalmente ignorati.

Nel 1975 mi sono recato in Brasile, quando stava quasi terminando il processo di autoritarismo e iniziando una fase di democratizzazione del Paese. Quello che ho percepito, non solo in Brasile, ma in tutta l’America Latina, dove notoriamente i diritti umani sono stati più volte calpestati, è stato il sentimento pubblico, in quanto la popolazione, non aveva questa coscienza. Ha ragione chi ha scritto che la consapevolezza è abbastanza recente, perché sempre l’argomento principale che si portava avanti era quello secondo cui il fine giustificava i mezzi: per ottenere una pace dal punto di vista dell’ordine, quindi dal punto di vista dello sviluppo dell’attività economica, non importavano, cioè, i diritti umani, che giornalmente venivano violati e calpestati.

È molto interessante che in questi anni – l’esperienza è abbastanza lunga, di una trentina di anni – tale consapevolezza sia cresciuta. Essa è andata crescendo nelle varie popolazioni, in tutti gli strati della società civile e questo ha fatto sì che i Governi e le istituzioni abbiano cominciato ad assumere una maggiore coscienza della necessità della difesa dei diritti umani.

Interessante – e questo bisogna metterlo in evidenza nel nostro Senato – è che l’Italia è sempre stata il faro di riferimento dei diritti umani, la patria del diritto. Per il solo fatto di dire «io sono un italiano», ero riconosciuto come un difensore dei diritti umani.

È estremamente importante che questa Commissione diventi un osservatorio, com’è stato fatto notare precedentemente dai colleghi senatori (mi pare sia stato il senatore Baccini ad usare tale termine). Ma questa Commissione sarà più di un osservatorio: sarà un punto di riferimento per diffondere sempre e maggiormente il concetto dei diritti umani.

Per quanto riguarda il Brasile, voglio sottolineare che, in particolar modo negli ultimi due Governi (quello di Cardoso e quello attuale di Lula), la preoccupazione per i diritti umani è andata maggiormente crescendo.

Vi è tra noi il senatore Del Roio, che è nato in Brasile, ma è stato eletto in Lombardia. Io sono nato ad Alessandria, in Piemonte, e sono stato eletto in Brasile. Il senatore Del Roio nel 1994 ha partecipato alla formazione del primo Piano per la difesa dei diritti umani del Governo di Fernando Henrique Cardoso, sul quale si è poi creata tutta una legislazione a difesa dei diritti umani.

Oggi, con il Governo Lula, vi è un’attenzione ancora maggiore. Tale attenzione riguarda, a largo raggio, non solo i diritti politici (basta aprire la stampa brasiliana per rendersi conto della piena libertà democratica che si ha nelle espressioni politiche di qualunque parte), ma anche, in misura maggiore, i veri grandi problemi di queste Nazioni dell’America Latina (in particolare del Brasile): lo sfruttamento dei minori, la prostituzione, la consapevolezza di ferire dei diritti primari che dovrebbero essere largamente difesi.

In conclusione, signor Presidente, vorrei soltanto sottolineare l’importanza di questa Commissione proprio come faro e come punto di riferimento che può avere l’Italia in tutti questi Paesi. Vorrei terminare dicendo: non esportiamo soltanto il made in Italy, ma esportiamo i principi dei diritti umani. Faremo un gran bene a tutti i popoli del mondo.