COMO PODE ALGUÉM QUE MORA EM BRASÍLIA (MAS ANTES MOROU EM MANAUS OU NO RIO GRANDE DO SUL) TER QUE BATER ÀS PORTAS DE CADA CONSULADO NO CONTINENTE CHAMADO BRASIL?
CURITIBA – PR – Ou é falta de conhecimento da realidade brasileira, ou é falta de respeito para quem pede o reconhecimento da cidadania italiana por direito de sangue. Com estas palavras, o deputado Fabio Porta critica duramente medida tomada pela rede consular italiana no Brasil a respeito dos procedimentos para o reconhecimento legal de documentos (legalização). A medida impõe o reconhecimento apenas de documentos relativos à área jurisdicional dos consulados. “Como é possível, Senhor Embaixador, que um conacional nosso ítalo-descendente hoje residente em Brasília, mas há alaguns anos em Manaus ou Porto Alegre (e talvez, no curso de sua existência, em outras cidades de um dos 27 Estados brasileiros) possa dirigir-se a um ou mais consulados italianos, milhares de quilômetros distantes entre si e com todos os problemas e atrapalhos que tal operação implica?”, pergunta o deputado em “carta aberta” dirigida ao embaixador da Itália no Brasil, Gherardo La Francesca.
A carta tem a data de 22 de outubro de 2010 e nela o deputado explica que resolve antecipar um problema que provavelmente será tratado na reunião que deverá acontecer, como é de costume, antes da Assembléia Geral do CGIE – Conselho Geral dos Italianos no Exterior, prevista para Roma, de 17 a 19 de novembro. “Se a nova orientação foi dada pelo Ministério (das Relações Exteriores) – diz o deputado em sua longa carta – é necessário que, juntos, nós rejeitemos os seus motivos, argumentando sua incongruência e impraticabilidade”. De sua parte, Porta já antecipa que apresentará um “questionamento parlamentar”. Porta volta a reverberar contra as grandes filas da cidadania, observando que enquanto na Argentina, Venezuela e Uruguai, “o acúmulo de processos foi zerado”, aqui no Brasil “a situação continua grave e é sempre mais distante uma solução definitiva para o problema”. A grande comunidade ítalo-brasileira, segundo Porta, “mereceria uma maior atenção e respeito”. Ao final, o parlamentar diz que está certo que a “sensibilidade pessoal” do Embaixador o levará a atender as considerações apresentadas e destaca estar convencido que encontrar uma resposta coerente e adequada a esta demanda por italianidade seria a melhor maneira de celebrar dignamente o ano de 2011, quando se comemora os 150 anos da unidade italiana e o “Momento Italia-Brasil”.
Veja a carta, na íntegra, em português (tradução originalmente apresentada pelo parlamentar) e em italiano:
Roma, 22 ottobre 2010
All’Ambasciatore d’Italia in Brasile
S.E. Min. Gherardo La Francesca
Brasilia
Caro Ambasciatore,
non sono certo di essere presente alla prossima riunione Intercomites e Cgie prevista, come da prassi, prima della Assemblea Generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero che si riunirà qui a Roma dal 17 al 19 novembre.
Anche per questo motivo ho deciso di anticiparLe per iscritto e nel formato di una “Lettera aperta” questa mia preoccupata riflessione, che prende spunto dall’ultimo di una serie di episodi (procedimenti, problemi, situazioni…) che hanno in questi mesi contribuito a complicare lo stato già difficile dell’andamento dei processi di cittadinanza italiana presso la nostra rete consolare in Brasile.
Mi riferisco alla decisione, presa da alcuni consolati (e probabilmente concordata con l’Ambasciata di Brasilia) di legalizzare soltanto i documenti relativi agli Stati di competenza territoriale del Consolato: decisione presa senza nessuna consultazione previa con gli organismi di rappresentanza della comunità italiana in Brasile, senza alcuna azione di adeguata e preventiva informazione agli interessati, e – soprattutto – senza una conoscenza minima delle dimensioni di un Paese-continente come il Brasile. Ulteriore e spiacevole esempio, infine, di difformità di comportamenti e decisioni tra i diversi consolati italiani in Brasile: pratica errata e fuorviante, oltre che confusa e incomprensibile, più volte denunciata nelle sedi istituzionalmente preposte a segnalare tali casi.
Se questo nuovo orientamento è stato indicato dal Ministero, occorrerà che insieme ne rigettiamo le motivazioni sostenendone l’incongruenza e l’impraticabilità. Io presenterò in tal senso una apposita interrogazione parlamentare.
Come è infatti pensabile, Signor Ambasciatore, che un nostro concittadino italo-discendente oggi residente a Brasilia ma anni fa a Manaus o Porto Alegre (e magari, nel corso della sua esistenza, in altre città di uno dei ventisette Stati del Brasile) possa recarsi in uno o più Consolati italiani a distanza di migliaia di chilometri tra loro e con tutti i problemi e i disagi che tale operazione comporta?
Un tale sconsiderato procedimento può derivare soltanto da due fattori: a) Una scarsa conoscenza della realtà brasiliana; b) Uno scarso rispetto per chi chiede il riconoscimento “ius sanguinis” della cittadinanza italiana.
In più di una occasione, in passato, ho avuto modo di rivendicare una tesi che mi è cara: “Non è soltanto la mancanza di risorse a complicare la vita ai cittadini italiani residenti in Brasile; spesso la mancanza di buon senso e di buona educazione sono più deleterie della cronica precarietà delle strutture e dell’annosa carenza di personale.”
Con quali altre parole posso infatti stigmatizzare questo episodio, che si inserisce in un quadro a Lei ben noto di grandi difficoltà e lentezze che penalizzano da anni proprio il Brasile, unico Paese al mondo dove il numero delle domande di cittadinanza depositate presso i Consolati è superiore a quello dei cittadini iscritti all’AIRE?
Qualche anno fa il Parlamento, a seguito della forte insistenza del sistema Comites-Cgie del Brasile e grazie ad una specifica azione del Senatore Pollastri, era riuscito ad approvare uno stanziamento aggiuntivo che istituiva nei Paesi sudamericani dove esisteva questo grande accumulo di processi la cosiddetta “task force”.
Oggi, a distanza di alcuni anni, possiamo tranquillamente affermare che mentre in Argentina, Venezuela ed Uruguay tale arretrato è stato praticamente azzerato in Brasile la situazione continua grave ed è sempre più lontana una soluzione definiva al problema.
Tutto ciò, lo sappiamo bene, anche in funzione di un processo più lungo e complesso, anche a causa della mancata adesione del Brasile al cosiddetto “Trattato de L’Aia” (a proposito: a che punto siamo con la missione ministeriale per procedere alla verifica delle condizioni per un possibile accordo bilaterale?); allo stesso modo sappiamo che la rete consolare in Brasile è stata penalizzata in questi ultimi anni dalla graduale forte valorizzazione del Real, che ha contribuito a diminuire la portata delle risorse ad esso destinate; e sappiamo anche che 6 Consolati Generali in un territorio così grande e con una popolazione oriunda di tali dimensioni sono insufficienti a trattare un tale numero di domande; etc. etc.
Ma forse è proprio perché conosciamo bene tali difficoltà che ci aspetteremmo legittimamente un maggiore sforzo di comprensione e di buon senso da parte dei responsabili della nostra struttura diplomatico-consolare.
E questo anche in ragione di altri elementi che dovrebbero contribuire al nostro sereno ragionamento:
In primo luogo il fatto che, dati alla mano, abbiamo ormai visto come non siamo davanti ad un aumento esponenziale delle domande di cittadinanza italiana a fronte di una parallela trattazione delle relative pratiche.
Poi per il fatto, altrettanto comprovato, che il riconoscimento della cittadinanza è chiesto, nella stragrande maggioranza dei casi, da cittadini brasiliani di livello medio-alto con scarsa propensione ad emigrare in Italia o a chiedere contributi o sussidi di carattere economico-assistenziale al nostro Paese (a differenza, mi pare, di altre situazioni).
E infine, per la nota e ormai imponente crescita economica dello stesso Brasile, che in maniera inversamente proporzionale all’Italia guadagna ogni anno posizioni nel ranking mondiale delle grandi potenze mondiali; dato quest’ultimo, che dovrebbe convincere anche i più recalcitranti ad apprezzare e valorizzare lo straordinario patrimonio umano costituito dagli italo-brasiliani.
Nei confronti di questi problemi devo purtroppo registrare come le risposte che sono giunte in questi mesi dalle istituzioni italiane, compresa – non me ne voglia ! – la nostra Ambasciata, sono state nella migliore delle ipotesi di carattere burocratico-amministrativo.
La grande collettività italiana del Brasile meriterebbe, a mio parere, una maggiore attenzione ed un rispetto più grande.
Conosco bene la sua sensibilità personale e so che non rimarrà indifferente a questo mio appello.
Sono certo che trovare insieme una risposta coerente ed adeguata a questa domanda di italianità sarebbe la maniera migliore per prepararci a celebrare degnamente il 2011: l’anno dei 150 anni dell’Italia unita e quello, al quale tutti teniamo molto, del “Momento Italia-Brasile” !
Cordialmente e con la stima di sempre,
(On. Fabio Porta)
Roma, 22 ottobre 2010
Ao Embaixador da Itália no Brasil
S.E. Min. Gherardo La Francesca
Brasília
Prezado Embaixador
não estou certo de estar presente na próxima reunião Intercomites e Cgie prevista, como de praxe, antes da próxima Assembléia Geral do Conselho Geral dos Italianos no Exterior aqui em Roma.
Também por este motivo decide antecipar-lhe por escrito em uma “Carta aberta” esta minha preocupada reflexão, que se deve a uma série de episódios acontecidos nos últimos meses (procedimento, problemas, situações) que contribuíram para complicar ainda mais a já difícil situação dos processos de cidadania italiano em andamento junto à nossa rede consular no Brasil.
Me refiro a decisão, tomada por alguns consulados (e provavelmente com o consentimento da Embaixada de Brasília) de legalizar somente os documentos emitidos pelos Estados de competência territorial do Consulado: decisão tomada sem nenhuma consulta previa aos organismos de representação da comunidade italiana no Brasil, sem nenhuma ação de adequada e preventiva informação aos interessados, e – acima de tudo – sem nenhum conhecimento mínimo das dimensões de um País-continente como o Brasil. Posterior e desagradável exemplo, enfim, essa desigualdade de comportamentos e decisões entre os diversos consulados italianos no Brasil: processo errado e tortuoso, além de confuso e incompreensível, mais de uma vez denunciado nas sedes institucionalmente competentes para verificar tais casos.
Se essa nova orientaçao foi indicada pelo Ministerio, precisarà que juntos rejeitaremos as motivaçoes sustentando sua incongruencia e impraticabilidade. Apresentarei, neste sentido, um questionamento parlamentar especifico.
Como se pode imaginar, Senhor Embaixador, que um nosso concidadão ítalo-descendente hoje residente em Brasilia mas anteriormente residente em Manaus ou Porto Alegre (e quem sabe, no curso de sua vida, em outras cidades de um dos vinte e sete Estados do Brasil) deve dirigir-se à um ou mais Consulados italianos, distantes milhares de quilômetros entre si e com todos os problemas e desvantagens que tal operação comporta?
Uma tal falta de consideração só pode ter sido originada por dois fatores: a) pouquíssimo conhecimento da realidade brasileira; b) nenhum respeito por quem pede o reconhecimento “ius sanguinis” da cidadania italiana.
Mais de uma vez, no passado, tive oportunidade de reinvindicar uma teoria que mi è muito querida: “Não é somente a falta de recursos que complica a vida dos cidadãos italianos residentes no Brasil; muitas vezes a falta de bom senso e de boa educação são mais danosos da crônica precariedade das estruturas e da velha falta de pessoas”
Com que outras palavras podem estigmatizar este episodio, que inseri-se num quadro que o Sr. sabe, é cheio de grandes dificuldades e lentidão que penalizam há anos principalmente o Brasil, único País no mundo onde o numero dos pedidos de cidadania aguardando junto aos Consulados è superior aquele dos cidadãos inscritos no AIRE?
Alguns anos atrás o Parlamento, em decorrência da forte insistência do sistema Comites-Cgie do Brasil e graças a uma especifica ação do Senador Pollastri, conseguiu aprovar um financiamento extraordinário que instituía nos países sul-americanos onde existia este grande acumulo de processos a chamada “task force”.
Hoje, alguns anos depois, podemos tranqüilamente afirmar que enquanto na Argentina, Venezuela e Uruguai este atrasado foi praticamente zerado, no Brasil a situação continua grave e está cada vez mais distante uma solução definitiva para o problema.
Tudo isto, sabemos bem, também em função de um processo mais longo e complexo, também por causa da falta de adesão do Brasil ao “Tratado de Haya” (a propósito: em que ponto estamos com a missão ministerial para a verificação das condições para um possível acordo bilateral?); sabemos também que a rede consular no Brasil foi penalizada nestes últimos anos pela gradual e forte valorização do Real, que contribuiu para diminuir o valor dos recursos à ela destinada; e temos conhecimento também que são 6 Consulados-Gerais em um território assim grande e com uma população de origem italiana de tamanha dimensão, que estes são insuficientes para tratar um numero de pedidos desse porte; etc. etc.
Mas talvez é exatamente porque conhecemos bem tais dificuldades que esperaremos legitimamente um maior esforço de compreensão e de bom senso por parte dos responsáveis da nossa estrutura diplomático-consular.
E isto também em razão de outros elementos que deveriam contribuir também em razão de outros elementos que deveriam contribuir com o nosso sereno raciocínio:
Em primeiro lugar o fato que, dados em mãos, verificamos que não estamos diante de um aumento exponencial dos pedidos de cidadania italiana comparado com o numero de processos definidos.
Em seguida, o fato, também comprovado, que o reconhecimento da cidadania è solicitado na esmagadora maioria das vezes, por cidadãos de nível social médio-alto com mínima intenção de emigrar para a Itália e pedir contribuições ou assistência de caráter econômico-assistencial ao nosso País (ao contrario, me parece, de outras situações).
E por ultimo, pelo notável e imponente crescimento do próprio Brasil, que de forma inversamente proporcional à Itália ganha a cada ano posições no ranking mundial das grandes potencias mundiais; dado este ultimo, que deveria convencer até os mais resistente em reconhecer e valorizar o extraordinário patrimônio humano constituído pelos ítalo-brasileiros.
Com relação a estes problemas, tenho infelizmente fazer constar que entre as resposta que chegaram nestes meses das instituições italianas, consta também – não gostaria! – a nossa Embaixada, e crer que foram, na melhor das hipóteses de caráter burocrático-administrativo.
A grande coletividade italiana do Brasil merece, a meu ver, uma maior atenção e um respeito ainda maior.
Conheço bem a sua sensibilidade e sei que não ficará indiferente a este meu apelo.
Estou certo que entrarmos juntos uma resposta coerente e adequada a este pedido de italianidade seria a melhor maneira de nos prepararmos para celebrar dignamente 2011: o ano dos 150 anos da Itália unificada e aquele, ao qual todos queremos muito, do “Momento Itália-Brasil” !
Cordialmente e com a estima de sempre,
(On. Fabio Porta)