Mario Agostinelli, Lei che è il presidente per l’Italia del Contratto Mondiale per l’Energia è stato anche tra gli organizzatori del forum Sociale Mondiale (FSM) che si è tenuto qui  a Belém. Cosa puó dirci sull’evento, cosa l’ha maggiormente colpita.

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u Partiamo  dal significato a mio giudizio straordinario del forum, io lo seguo dalla sua nascita, dal 2001, il forum  mantiene un forte limite in quanto è molto polarizzato anche dal punto di vista culturale, ma anche con una capacita di analisi del tutto eccezionali da parte del Brasile, cioè: da lungo tempo sono gli intellettuali brasiliani che hanno segnato il percorso del forum.

Continuamente, ad ogni passaggio, il forum ha arricchito la sua prospettiva soprattutto in due fasi straordinarie; quella di Bombay che per la prima volta mostra il coinvolgimento di grandi movimenti nel continente asiatico e l’ha ripetuto con prospettive straordinarie in Africa. Quindi il ritorno a Belém è un ritorno complesso, non è semplicemente una ripetizione. Belém è stata voluta con una battaglia intensa alla quale ho preso parte; l’idea che fosse la ricchezza della natura, la sua deperibilità, il punto da cui muovere una critica al neoliberismo non era facile da affermare.

C’è una cultura, quella del 900 che ritiene la natura  tutto sommato un corollario dello scontro sociale, quindi dato che il conflitto fra Capitale e Lavoro può risolversi a favore del Capitale se distrugge la natura, se si risolvesse in favore del Lavoro, potrebbe sembrare che automaticamente la natura sarebbe preservata. Ecco non è così e quindi aver messo al centro fisicamente la natura, ha un significato proprio per la crescita di questo movimento e del tutto inusuale. L’altro elemento da cui partiva la necessità  di venire a Belém era la multiculturalità con cui affrontare la crisi del pianeta, la crisi sociale, etica e anche ambientale e questo a partire dagli indigeni e dalla diversità di soluzioni che loro sanno dare a problemi comuni. Tutto ció arricchisce tantissimo la prospettiva di un altro mondo è possibile.

Questo elemento era già maturato fortemente sia in India che in Africa ma più come recupero di diseredati sostanzialmente. Qui invece si pone la natura come centro fisico di un nodo inestricabile; del rapporto tra natura e sopravvivenza dell’uomo, la parola giusta è sopravvivenza. Ci si rende conto stando a Belém che la finestra energetica entro cui si colloca la vita, la parola giusta è la vita, è molto stretta e che basta poco per distruggerne le basi, per non assicurarne la riproduzione. Quindi nell’orizzonte del forum la questione dell’acqua, della vita, è emblematica, e la questione della sopravvivenza della specie entrano con forza e sconvolgono alcuni temi che noi ci portavamo dietro. Qui,  ad esempio, parlando delle percezioni durante il corteo, che ad un certo punto è squassato da una pioggia torrenziale e che poi si ricompone, rinasce, la pioggia in questo caso non distrugge ma rigenera e lo si è visto lí; questa gente fuggiva stupita, con gli europei frastornati dalla forza della pioggia, eppoi invece ricominciano la camminata come nulla fosse. Questo è un segno molto grande nel senso che la natura si presenta prepotentemente e dice “Ci sono” però non distrugge ma rigenera, ecco questa cosa è quasi simbolica e l’evento quasi da parabola. Ecco io mi sono sentito così e ho molto gustato il momento,  se così posso dire; ci ha lasciato tutti leggeri, ci ha lasciato non spaventati.

Bisogna convivere con la natura non temerla, ne tantomeno distruggerla.

 

Quale è stato secondo Lei il passaggio più significativo del FSM ?

 

Il passaggio più significativo credo venga dall’immensa mole di notizie, scambi forniti dalle migliaia e migliaia di iniziative. Io sono stupito, la Università Federale del Parà per esempio, che era solo uno dei luoghi dove funzionava l’evento, è un campus universitario vastissimo, che non si riesce ad attraversarlo, ma che se ci si ripara dal sole o dalla pioggia entrando sotto le passerelle coperte, si trovano ad ogni due passi aulette e tende stracolme di persone che seguono i vari incontri. Forse neppure a Porto Al egre ho visto una cosa del genere, eppure Porto Alegre è stato un pezzo di Europa in Brasile, qui invece è un’altra cosa. Non sono in grado però di fissare questa ricchezza che diventa anche un pó il limite del forum. Un enorme mole di scambi e iniziative ed è difficile trasmetterne il frutto. Però l’evento si prepara prima di venire qui e quindi c’è già un dato di sintesi, quindi mille e mille e mille eventi hanno già fatto una sintesi prima ed hanno stretto collegamenti con altre reti e questo rimane; è come se si lanciassero dei semi in un campo che crescono; qui ho visto crescere qualcosa di straordinario.

Ritengo la riunione dei cinque presidenti sotto l’egida del forum e addirittura quasi l’impero morale del forum, marcante. I presidenti omaggiavano il forum continuamente, cioè non era la parata dei presidenti ma anzi loro erano lì un pó come dei potenti Re Magi, che però portavano i doni altrove e qualsiasi elemento di strumentalitá era superato, primo da una folla immensa, credo fossero 30-40 mila persone a presenziare, secondo da un’aspettativa forte cioè date, contenuto di potere, ma in termini democratico quindi in senso serio, di realizzabilità dei nostri sogni. Ce n’é bisogno, non è un’idea peregrina quella di “Un altro mondo è possibile” la crisi che viviamo ha fatto precipitare questo desiderio in qualcosa di assolutamente necessario ed il titolo, in effetti, era “La sfida della crisi”.

Dire in America Latina che questa si gioca strategicamente, questo hanno detto i cinque messi insieme; per dare una risposta globale ai problemi, quindi lì è stata rivendicata una leadership mondiale e questo è un fatto a mio giudizio di un’importanza incredibile. Quando al telefono con l’Italia racconto questa cosa, mi dicono, “Si però guarda qui ci sarà lo sbarramento al 4%, guarda che qui hanno detto che ritirano la squadra dall’amichevole con il Brasile, mi sento davvero dentro una crisi quasi epocale, del pensiero addirittura, che invece in passato aveva inspirato tutte le lotte in America Latina. Le lotte di liberazione dell’America Latina vengono dall’Europa, vengono dai loro grandi leader del movimento operaio, dai movimenti socialisti, comunisti…oggi invece nasce in America Latina. Questo mi sembra qualcosa di assolutamente originale e ha voglia di togliersi dalle remore, dalle strette,  dalle dipendenze culturali dell’Europa. Tutto ció è a mio giudizio molto interessante, in un mondo multipolare l’Europa dovrebbe come minimo prestare attenzione a queste cose. Però ho timore che i Governi europei non ne siano capaci: se si pensa a Sarkozy a Berlusconi famosi più per i rapporti con le loro donne che non per quelli con il loro popolo, si rimane un pochino affranti. Ecco c’è però da pensare alla rinascita di un rapporto popolare anche dall’Europa in questa direzione e credo che sia indispensabile guardare all’America Latina ed alla sua esperienza in questo momento.

Vorrei anche dire che avere lì fisicamente un tornitore metalmeccanico, un padre della Teologia della Liberazione, due indios ed un economista democratico è il sogno che hanno avuto molti come me e vedere quella loro presenza ed unità che era pressata, lì moltissimi si riconoscevano magari in una delle molte sfaccettature. Spesso si vedevano costretti a rispondere insieme, dico costretti perché ci sono state forti differenze nei loro interventi: Chavez ha fatto un discorso più di propaganda che non di merito, Lula ha fatto il padre nobile e si è in fondo un  pochino preso le sue libertà, Correa stranamente è apparso il più impegnato, e la statura sociale, quella morale, la profondità di Morales, mi ha fatto molta impressione, Morales ha addirittura provato a dire quattro punti di costruzione del socialismo del ventunesimo secolo. Hanno tutti però come dicevo prima  mantenuto  l’articolazione, nessuno è sfuggito a due cose: ossia che bisogna avere una visione di convergenza; quindi le reti comuni, la banca comune e pan-americana, una risposta comune alla crisi, una lotta comune alla disoccupazione. L’altra cosa interessante è che hanno tutti posto le loro leadership sotto il “Cappello” o il segno del forum cioè : “Noi pensiamo che voi abbiate avuto straordinarie intuizioni e noi siamo stati eletti perché queste intuizioni qui in America Latina cominciano a passare”.

 

Per quanto concerne il tema dell’energia come è andata?

 

Devo dire c’è stata una certa delusione, Le dico il senso: il tema non è stato centrale e nemmeno le reti che avevamo costruito sono riuscite a traghettare l’oceano; i brasiliani hanno fornito questa volta pochissimi spunti. Avevamo diviso in tre la rete lasciando ai brasiliani i rapporti con l’America Latina, il Venezuela ed il Nord America.

Si sono consolidate le reti europee e quelle africane ma qui non abbiamo trovato molta rispondenza. L’Energia è potentemente entrata come corollario alla questione climatica.

La questione climatica è assunta come uno dei punti fondamentali all’approccio di un mondo nuovo da parte del forum e ci si rende conto che le combustioni energetiche sono il principale fattore di rischio. Peró valeva la pena di discutere di piú sulle alternative e soprattutto fare una riflessione non tanto sull’aspetto tecnico, pure importante, quanto piuttosto sula cultura che sta alla base di questo, la cultura territoriale: si governano le energie se si governa il territorio e quindi non è piú la grande centrale con grandi reti di trasporto ma è la convivenza dei cicli naturali e economici con le risorse che il sole, il vento e l’acqua mettono a disposizione. Tutto ció in grande integrazione con l’alimentazione, con l’agricoltura, con il sistema di consumo, il modo di vivere…è molto interessante ma tutto ció è stato molto trascurato nel forum.

Forse questa incertezza nella questione energetica  nasce anche da una questione interna della politica brasiliana e non ancora risolta. È la questione delle soluzioni attraverso le grandi dighe, le grandi centrali, e le infrastrutture che il Brasile vuole adottare come modello energetico, la produzione industriale di bio-combustibile e per ultimo e non è certo indifferente tutta la questione che riguarda la Petrobras ed il suo ruolo in America Latina adesso che è stato scoperto un nuovo grande giacimento di petrolio. È un errore perché si scoprono i giacimenti di qualcosa peró che sta finendo e che incorrerá in enormi problemi di accaparramento, di prezzo, di controllo e che va incontro a pochissima possibilitá di consumo.

Con il cambiamento climatico e la “finestra stretta della vita”, si potranno incontrare nuovi giacimenti ma potremmo essere costretti a non bruciarli.