u ROMA – ITALIA – Brasile tra il 1945 ed il 2000 con particlare riferimento ai rapporti tra politica estera e politica interna

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CAPITOLO VI – IL DIBATTITO SULLA SICUREZZA IN BRASILE

 

1. Al termine della Seconda Guerra Mondiale il Brasile era stato uno dei piú convinti assertori della creazione in America Latina di un sistema di sicurezza regionale garantita dagli Stati Uniti. Questo progetto si era concretizzato nel 1947 con la firma del Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR), noto anche come Trattato di Rio de Janeiro.

 

2. Tradizionalmente il pensiero strategico brasiliano (ed invero anche di molte altre nazioni latino-americane) ha contemplato tre minacce principali, conferendo enfasi maggiore all’uno od all’altra in base al mutare delle circostanze (1):

1) la possibilitá di coinvolgimento in un conflitto globale tra blocchi ideologici contrapposti;

2) una guerra provocata da gruppi rivoluzionari oppure conflitti estesi legati al terrorismo e/o al narcotraffico;

3) un’ipotesi classica di conflitto regionale.

 

Un corollario di tale ipotesi era la neecssità di dotarsi di Dispositivo Strategico di Difesa (DED) autonomo e che puntava al rafforzamento delle Forza Armate come elemento chiave della contrattazione nelle relazioni intergovernative, seguendo le ispirazioni della geopolitica.

All’inizio degli anni ’70 Brasilia procede ad una sostanziale riformulazione della dottrina della sicurezza nazionale che vede affievolirsi l’importanza del primo fattore e permanere, ancorchè  in forma potenziale, solo gli altri due. Essi sono però interpretati in una chiave diversa, cioè di “ostacolo allo sviluppo” anzichè di “minaccia alla sicurezza”.

Nel complesso si mantengono fermi i tradizionali principi di non-intervento e di autodeterminazione dei popoli, ma cambiano le finalitá del concetto di sicurezza e con esse gli strumenti da adottare.

 

Tale revisione va di pari passo con l’affermazione di obiettivi internazionali di potenza in grado di sostenere i programmi di sviluppo economico del Paese. A ben vedere essa é però dettata soprattutto da due elementi esterni: 1 – la crisi del dialogo Nord-sud e delle aspettative  di poter disporre di tecnologie di punta; 2 – l’affievolimento della concezione bipolare del sistema mondiale con il consolidamento della distensione tra USA ed URSS (2).

La “nazionalizzazione” della sicurezza é quindi parte del mutamento piú generale di politica estera intrapreso da Costa e Silva e descritto nel capitolo precedente. Essa si basa sulle stesse esigenze prioritarie di garantire al Paese uno sviluppo economico autonomo.

Analogamente, in tale operazione venivano utilizzate parole d’ordine e strategie proprie del confronto/dialogo Nord-Sud (trasferimento di tecnologie, controllo esclusivo dello Stato costiero delle risorse marine, ecc.).

Questi concetti venivano però sagacemente indirizzi al proprio diretto beneficio poichè a Brasilia ci si rendeva conto che la loro effettiva realizzazione non era certo all’orizzonte e sarebbe stata impossibile in assenza di profondi rivolgimenti degli equilibri mondiali. Inoltre esistevano rischi che tali mutamenti potessero, in ultima analisi, andare a scapito dell’emergente potenza latino-americana.

I primi due eventi in tale riformulazione sono, da un lato, il progressivo abbandono del concetto di “sicurezza collettiva” continentale e, dall’altro, l’annuncio di un progetto di politica nucleare pacifica. La nuova posizione nei confronti del resto dell’America Latina assumeva un valore soprattutto tattico per ribadire gli intenti di assurgere al rango di potenza regionale e per sostenere il confronto geopolitico con l’Argentina.

 

Diverso é jnvece il caso del programma nucleare.

Circa la questione nucleare, il Brasile aveva manifestato sin dall’inizio (1967) una deciso rifiuto ad aderire al Trattato di Non Proliferazione, nonostante le forti pressioni di Washington . Il TNP era infatti ritenuto discriminatorio in quanto di fatto impediva l’accesso alle tecnologie per uso pacifico necessarie ad assicurare lo sviluppo economico dei Paesi piú deboli.

Il Ministro degli Esteri Magalhaes Pinto enunciava cosí i due punti fondamentali della politica nucleare del Paese che rimarranno inalterati per tre decenni: 1 – rinuncia alle armi atomiche ed appoggio al disarmo nucleare; 2 – utilizzazione dell’energia nucleare quale acceleratore dello sviluppo economico (3).

Il programma di costruzione delle centrali nucleari di Angra dos Reis necessitava però di forniture di uranio arricchito. Queste furono ottenute mediante accordi con Israele, Francia, Spagna, India e nel 1972 con gli Stati Uniti.

 

3. Successivamente si definiscono gli altri momenti della nuova visione auto-centrata della sicurezza brasiliano.

Innanzitutto nel 1970 viene decretata l’estensione del mare territoriale brasiliano a 200 miglia, forzando il dibattito allora in corso sulla questione in seno alla comunità internazionale (nel quale i Paesi occidentali miravano invece al limite delle 12 miglia) allo scopo di vedere riconosciuti  diritti di sfruttamento delle risorse aleutiche e minerarie sul restante mare aperto (3).

Nel 1974 viene poi varata una politica di esportazione di materiale bellico capace di  rendere conveniente la produzione interna su larga scala di numerosi sistemi d’arma.

Nel 1975, nonostante la veemente opposizione statunitense, viene poi firmato l’accordo nucleare con la Repubblica Fedrale tedesca. A differenza di quelli per la fornitura di materiale fissile, quest’accordo prevedeva anche il trasferimento progressivo della tecnologia del settore. Piú in dettaglio quest’importante intesa statuiva: a) la  realizzazione di 8 centrali nucleari in Brasile; b) l’arricchimento in loco dell’uranio; c) il riprocessamneto dei combustibili; d) la produzione in Brasile di reattori nucleari, tecnologie e componenti.

L’accordo – come si vedrà – raggiungerà risultati solo parziali. Ciò é attribuibile alle difficoltà mostrate dal Brasile sia nel procedere della costruzione degli impianti (che negli anni ’80 verranno ridotti a tre, soltanto due dei quali poi definitivamente realizzati) sia nella capacità di assorbire effettivamente le tecnologie desiderate ed inoltre alle reticenze di Bonn nel trasferire tecnologie che potevano prestarsi ad un uso duale in mancanza di adeguate garanzie da parte brasiliana.

Nel 1979  iniziava poi il cosiddetto “programma parallelo” che mirava  alla costruzione di un sottomarino a propulsione atomica ed era affidato in gestione esclusiva alle Forze Armate. Nello stesso lasso di tempo era anche varato un “programma spaziale” che si poneva l’obiettivo di mettere in orbita entro il 1990 satelliti di comunicazioni e raccolta dati mediante un veicolo lanciatore (VLS) di costruzione nazionale.

 

4. Tali iniziative si collocavano sullo sfondo di un crescente attrito con Washington che riteneva oramai eccessiva la “capability projection” regionale del Brasile. Le reprimende statunitensi inducevano così Geisel a denunciare nel 1977 l’Accordo militare bilaterale risalente al 1952.

In tal modo si accantonava, almeno temporaneamente, il modello di “relazione speciale” con gli Stati Uniti nelle questioni strategiche che aveva guidato il Brasile sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In senso contrario non erano valsi nè gli sforzi di Kissinger nel 1976 per migliorare le relazioni bilaterali attraverso un memorandum per consultazioni politiche regolari ad alto livello (4) nè la contrarietá alla rottura espressa dalle correnti politiche liberali delle due forze politiche legali, l’ARENA ed il MDB, che trovavano eco sui principali mezzi di comunicazione del Paese. Di riflesso e seppur a malincuore, anche la Scuola Superiore di Guerra accantonava nei suoi documenti ufficiali i concetti di “bipolarismo” e di “lotta alla sovversione” quali fondamenti delle relazioni di sicurezza collettiva regionale garantite dall’OSA .

 

5. Tali concetti erano stati elaborati in larga misura dalla dottrina geo-politica brasiliana che dal 1960 in poi aveva formato la “koinè” culturale dei piú alti gradi delle Forze Armate brasiliane ed ispirato le formulazioni della sicurezza nazionale sopra illustrate. I testi-base di questa dottrina – scritti dal Generale Carlos de Meira Mattos (5) – ritengono che la posizione geografica ed i fattori di potenza, attribuirebbero al Brasile un ruolo centrale sulla scena internazionale al quale farebbero peró da ostacolo le difficoltá incontrate nello sviluppo sociale ed economico.

Non mancavano indicazioni su una possibile serie di azioni per ridurre tali difficoltà, in particolare l’integrazione delle regioni occidentali (“marcia verso l’Ovest”), il controllo delle comunicazioni marittime nell’Atlantico ed un vigoroso incremento delle esportazioni industriali per generare i redditi necessari alla crescita economica interna.

Si legge – come e’ evidente – una descrizione del modello di “Brasile-potenza” effettivamente perseguito dai governi militari a partire dal 1968.

Il generale Meira Mattos era peraltro legato alla fazione moderata dell’Esercito brasiliano (6). Rispetto all’ala ultra-nazionalista, i “liberali” propugnavano uma politica estera non aggressiva, improntata a stretta collaborazione con gli Sati Uniti ed ad un buon vicinato con l’Argentina e gli altri paesi latino-americani. A questa tendenza appartenevano anche il generale Castello Branco, il generale Golbery do Couto e Silva ed, infine, il generale João Batista Figuereido, Presidente della Repubblica tra il 1979 ed il 1984.

 

6. Nonostante la moderazione di fondo della dottrina del “Brasile-potenza” – che riusciva a non contrastare con la formulazione di principi espansionistici – la democratizzazione comporta una profonda, seppur progressiva, modifica della politica di sicurezza in Brasile.

I fondamenti di questa evoluzione appaiono sostanzialmente due: stabilimento di una stretta collaborazione com l’Argentina nel campo nucleare e degli altri armamenti di distruzione di massa nonchè ripresa della preferenza per un sistema di sicurezza collettiva, stavolta non solo regionale, ma allargato ai teatri contigui.

Nelle nuove iniziative si profila infatti una costante attenzione alla multilateralizzazione della sicurezza sia nel campo della politica marittima che di quella nucleare.

Per la prima si assiste, ad esempio, alIa proposta (approvata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1986) per la creazione di una “Zona di pace e di sicurezza nell’Atlantico Meridionale”.

 

Per la seconda é stato piú volte affermato che il programma nucleare brasiliano é esclusivamente rivolto a fini pacifici. É stato poi accettato l’aumento del controllo internazionale sulle attività nucleari del Paese, aderendo, unitamente all’Argentina, alle clausole di salvaguardia dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) che consentono ispezioni internazionali in loco.

Nel 1991 il Brasile sottoscriveva poi , insieme ad Argentina e Cile, la “Dichiarazione di Mendoza” che prevede il reciproco impegno dei tre Paesi a rinunciare ad acquisire qualsiasi tipo di armamento chimico e biologico.

Il nuovo spirito di cooperazione con l’Argentina trova il suo apice nel maggio 1994 allorchè il Brasile ha aderito pienamente al Trattato di Tlatelolco sulla denuclearizzazione dell’America Latina e dei Caraibi (7).

Non é per contro ancora maturata la partecipazione del Brasile al Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) né il sostegno al “Comprehensive Test Ban Treaty” (CTBT) discusso in quel periodo. Come ricordato nel 1996 dallo stesso Presidente Cardoso in occasione di una visita ufficiale in Giappone, il Brasile continua a considerare il TNP discriminatorio tra Stati detentori e privi di armamenti nucleari ed in prospettiva ritiene che “tutte le armi nucleari dovranno essere abolite”, mentre il CTBT urtava contro l’interesse ad accedere alle tecnologie nucleari pacifiche (8).

 

7. É comunque da sottolineare che l’evoluzione più profonda degli anni ’90  nel campo di sicurezza riguarda l’assetto del polo militare-industriale brasiliano. Fiore all’occhiello dei governi militari, esso si era costituito in un rilevante e diversificato sistema d’imprese a controllo azionario pubblico con il duplice obiettivo di garantire l’approvvigionamento delle Forze Armate e di conquistare quote di mercato all’estero. Quest’ultimo obiettivo era stato raggiunto alla fine degli anni ’80 quando il Brasile si presenta come il 5° esportatore mondiale di sistemi d’arma (soprattutto verso i Paesi arabi ed il resto dell’America Latina).

Il governo Collor, spinto dall’esigenza di ridurre drasticamente il disavanzo pubblico, inizia invece un processo di privatizzazione delle principali aziende del settore (Embraer, Engesa, Celma, Avibras) che comunque non ne intacca le capacità tecnologiche e commerciali (9).

 

8. Nell’intento di avvicinarsi ai Paesi piú industrializzati e di consolidare un’immagine internazionale rassicurante, il Congresso brasiliano approva nell’ottobre 1995, dopo lunghe esitazioni, la legge per il controllo delle esportazioni dei considdetti “beni sensibili”. Recependo i criteri internazionali piú rigorosi, sono definiti come tali i beni che possono avere applicazioni belliche, quelli a doppio uso (utilizzabili sia a fini militari che pacifici) e quelli destinabili ad azioni aree nucleari, chimiche e biologiche. In questo modo, il Brasile ha visto accolta la domanda di adesione al sistema di controllo missilistico MCTR, con ricadute positive sul programma spaziale brasiliano. Diviene così possibile dotarsi legittimamente delle tecnologie necessarie alla costruzione del lanciatore di satelliti e probabilmente di sviluppare secondo criteri commerciali la base di lancio di Alcantara, nello Stato settentrionale del Maranhao, potenziale concorrente di quella di Korou nella Guyana francese.