CURITIBA – PR – Nós, giulianos, celebramos hoje (10/02) o “Giorno del Ricordo”, que é uma data especial para lembrar as vítimas das “foibas” e do grande êxodo giuliano-dálmata, de lembrar o nosso passado, aquele que não podemos esquecer pois faz parte da nossa história e nos traz inspiração para que o mundo não repita os erros cometidos.

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Este ano em especial comemoramos 10 anos da instituição deste dia como de celebração nacional na Itália através da lei

92, de 30 de março de 2004, com alto valor moral, civil e político, que conclama a cada um a recordar os milhões de vítimas das “foibas” e o êxodo de centenas de milhares de italianos das terras nativas da Ístria, de Fiume e da Dalmácia.

Muitas destas famílias que saíram destas regiões encontram-se no Brasil e em Curitiba. Para citar alguns exemplos, temos as famílias: Covacci, Franolli, Piffar, Pirih, Girotto, Pernar, Rovedo, Bavastri, Cettina, Cordi e tantas outras. As novas gerações desses imigrantes estão integradas à sociedade Curitibana, muitas vezes questionando a sua origem, pois, por exemplo, a Ístria, que era Itália, já foi Ioguslávia, Croácia… enfim uma confusão de entendimentos, de documentos, de identidade em corações que sentem-se integralmente italianos.

A história precisa ser conhecida, respeitada, valorizada.

Maria Jose de Luca, presidente do “Circolo Giuliani” de Curitiba (Foto Perfil Facebook)

Abaixo uma mensagem que o presidente da Associazione Giuliani nel Mondo, de Trieste, nos enviou:

Cari amici, ricorre oggi il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

Si tratta di una solennità nazionale – giustamente istituita con legge nel 2004 – con un’altissima valenza morale, civile e politica, che chiama ciascuno a ricordare le migliaia di vittime delle foibe e l’esodo di centinaia di migliaia di connazionali dalle terre natie dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

Un lutto che era stato rimosso dalla coscienza dell’Italia del dopoguerra – un Paese che aveva voglia di ricominciare a vivere, di voltare pagina, di dimenticare – e che fu lasciato quasi unicamente alla memoria delle comunità degli esuli istriani, fiumani e dalmati.

“Italiani dimenticati in qualche angolo della memoria, come una pagina strappata al grande libro della storia” recita la canzone “Magazzino 18” di Simone Cristicchi che, al magazzino in cui vennero stipate le masserizie abbandonate dagli esuli, dedica questo verso: “tracce di gente spazzata via da un uragano del destino, quel che rimane di un esodo ora riposa in questo magazzino”.

Molti esuli trovarono rifugio a Trieste e nel resto del Paese. Molti, come voi sapete bene, furono costretti ad emigrare all’estero.

Sono dunque passati dieci anni da quando il Parlamento approvò, con voto pressoché unanime, la legge sul Giorno del Ricordo. È stato un atto molto atteso, con il quale la Repubblica italiana affermava, finalmente e ufficialmente, che la storia del confine orientale era un pezzo, importante, della storia del nostro Paese.

Da quel momento le pagine più dolorose della storia della civiltà istriana, fiumana e dalmata appartengono alla storia d’Italia e, quindi, alla storia d’Europa, e le tragedie che colpirono le nostre terre, nel cuore di quel “secolo breve” e difficile che è stato il Novecento, vengono riconosciute come tragedie dell’intera nazione italiana, capitoli integranti della sua storia nazionale, superando così ogni reticenza ideologica o rimozione opportunistica.

Qualcuno si chiederà: “Ma non abbiamo ormai detto tutto su vicende di 70 anni fa? Ha senso ritornarci sopra ad ogni ricorrenza del Giorno del Ricordo?”

Ebbene sì, ha senso, per rendere giustizia a chi visse quella tragedia e ne può dare ancora testimonianza, ai loro figli e ai loro nipoti, a quegli italiani che furono vittime innocenti di un moto di odio, di cieca vendetta, di violenza prevaricatrice, che si esplicò in modo barbaro e con modalità raccapriccianti e segnò la conclusione sanguinosa della seconda guerra mondiale lungo il confine orientale della nostra Patria. A cui si aggiunse la tragica odissea dell’esodo dalle loro terre di centinaia di migliaia di istriani, fiumani e dalmati.

Cari amici, ricordare, con equilibrio e serietà, un pezzo feroce e scomodo della storia recente, una tragedia umana a lungo dimenticata e ancor oggi poco conosciuta, è una occasione per coltivare, senza risentimenti paralizzanti ma con profonda e lucida consapevolezza, la volontà di togliere dalla nostra vita civile, oggi e per sempre, le ragioni e le motivazioni che furono all’origine di quella tragedia e cioè le ideologie totalitarie del Novecento che si fondavano sui miti della razza e della classe.

La pulizia etnica subita dagli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia trova infatti la sua interpretazione più convincente in un incontro perverso tra nazionalismo esasperato e ideologie totalitarie, che si proponevano la soluzione dei problemi delle aree mistilingue attraverso l’eliminazione fisica del nemico del popolo o della razza o la sua espulsione dal territorio dello Stato totalitario.

Possiamo dire, con sicurezza, con sollievo e con speranza, che, per fortuna, in queste nostre terre dell’Adriatico orientale, tutto ciò appartiene per sempre al passato.

Si è aperta una fase nuova. Nel momento in cui anche la Croazia è entrata a far parte nell’Unione Europea ed assistiamo alla progressiva caduta dei confini, possiamo finalmente guardare, con ottimismo, ad un futuro di integrazione e di sviluppo.

Dario Locchi, Presidente dell’Associazione Giuliani nel Mondo.

10 febbraio 2014