Se Lula, come si dice, avesse un po’ di “vergonha  na cara”, avrebbe dovuto chiedere alla mogliettina di aspettare fino all’ormai imminente scadenza del suo mandato.

 

PATROCINANDO SUA LEITURA
u ROMA – ITALIA – Ho  raccolto un po’ di documentazione sul “caso della moglie di Lula”. Tutto è iniziato da questa breve nota, pubblicata sulla “Folha de Sao Paolo”:

  • A troco?
  •  Ficamos sabendo que as raízes de Marisa Letícia da Silva dão à primeira-dama o direito de possuir o passaporte italiano que acaba de lhe ser concedido. O que eu queria entender é por que a mulher do presidente da República precisa ter um passaporte de outra nacionalidade.”
    http://www1.folha.uol.com.br/fsp/cotidian/ff1410200504.htm

In primo luogo, se la citazione è esatta (io non ho accesso a quella pagina della “folha de S. Paulo”), se ne deduce che, giustamente, alla giornalista non interessa affatto se la Marisa ha “furato” o no la fila consolare. Si scandalizza, giustamente, da cittadina brasiliana, perchè la moglie di un presidente, se è convinta che suo marito svolga un ruolo utile e sero e non di pagliaccio, come minimo, dovrebbe dare segnali di attaccamento e di fedeltà al proprio stato,  e non ripescare cittadinanze lontane che comunque denotano un certo grado di spregiudicato cosmopolitismo, se non addirittura una riserva mentale di cambiare patria quando dovesse far comodo.
Io sono stato sempre favorevole alle doppie, triple (e chi più ne ha più ne metta) cittadinanze: ma ho sempre chiarito che questa posizione non ammicca ad ambizioni o nostalgie di imperialismo etnico, ma, al contrario, nasce dalla consapevolezza che la cittadinanza in un mondo globalizzato non ha  nè può  più avere alcun senso che non sia quello strettamente anagrafico e di stato civile. Questione che – guarda caso – proprio nei prossimi giorni sarà dibattuta a Milano a un convegno dell’Istituto P.Freire a cui purtroppo non potrò intervenire.
In questa prospettiva, ogni cittadinanza in più che l’individuo possiede, è un passo avanti verso la cittadinanza globale, verso il recupero dell’universalità primordiale, a cui confido che prima o poi seguirà anche la corrispondente consapevolezza e maturazione cculturale.
Ovvio che questa prospettiva muove verso il dissolvimento degli attuali stati nazionali, e quindi dovrebbe imporre, almeno a certi livelli, una scelta di coerenza. Se Lula, come si dice, avesse un po’ di “vergonha  na cara”, avrebbe dovuto chiedere alla mogliettina di aspettare fino all’ormai imminente scadenza del suo mandato.
Nel riportare la nota della “Folha”, il portale “Oriundi.net” – che comunque va elogiato per aver rilanciato la notizia e anche per il sacrosanto commento che vi ha aggiunto – confonde leggermente il lettore quando scrive che “a questao, a indignaçao na verdade està relacionada a outro aspecto”. In questo modo lascia intendere che quest’altro “aspetto” (più esattamente, un “sospetto”), interessi anche la redattrice della “Folha”, mentre invece sarebbe logico che esso riguardasse soltanto gli italobrasiliani. E non solo le centinaia di migliaia che sono in fila presso i consolati in Brasile in attesa di una cittadinanza che diventa sempre più fantomatica; ma anche le altre centinaia di migliaia che invece la stessa cittadinanza l’hanno ottenuta, negli anni scorsi, quando ancora i consolati ce la facevano. In questo caso, la cittadinanza, se non era stata richiesta in modo puramente strumentale (caso che secondo  i detrattori sarebbe il più frequente), dovrebbe obbligare i compatrioti a unirsi nella richiesta di chiarimenti che è partita da “Oriundi.net”. A un primo controllo, il nome della Marisa Leticia non figurava nella lista di attesa di S.Paolo; può darsi che il riconoscimento sia stato fatto in altra circoscrizione, e magari sia stato fatto nei tempi giusti e senza violare l’ordine di trattazione – rigorosamente cronologico – che la legge (una delle poche leggi italiane chiare nell’intenzione, semplici da applicare e facili da controllare!) prescrive e impone. Se così non fosse, però, unanime e schiacciante dovrebbe salire la protesta di tutti gli italiani del Brasile contro uno stato – la attuale Repubblica italiana – che ancora una volta avrebbe dimostrato una totale mancanza di serietà e di dignità, un atteggiamento servile e corrivo verso il potere in quanto tale, che da un lato disonora chi lo pratica, e dall’altro danneggia persino chi si presume esserne beneficiario.
Notazione finale. Come si spiega che – almeno per ora e salvo errore – nessuna delle agenzie specializzate in questioni emigratorie, così sollecite a registrare ogni movimento dei nostalgici garibaldini e ogni sospiro dei più inconsapevoli “italici” sparsi nel mondo, su una questione di tale evidenza e impatto, non abbiano pubblicato nulla?

(Segue – 19 ottobre)
Quasi tutti i commenti, almeno in Brasile, sono sullo stesso tono:

Quem será que autorizou Dona Marisa Letícia da Silva a passar na frente da imensa fila dos ítalo-brasileiros que há anos aguardam a chamada nos
consulados?
E vejam que também na Itália deveria vigorar a regra constitucional de que todos são iguais perante a lei. Saudações, Léia Silveira Beraldo http://www.imigrantesitalianos.com.br/

  • Prezada Sra.
    É com indignação que recebo a noticia que a Sra Maria Leticia da Silva, por ser esposa do Sr. Presidente da República, pessoa que, em tese, deveria ser exemplo de lisura e acatamento às normas de pessoas comuns, obteve em tempo recorde sua dupla cidadania Italiana.
    Pergunto, como ficarão as pessoas que estão há anos aguardando na fila serem chamadas para obterem o mesmo direito, será que elas estão felizes por terem dado sua vez na fila a tão nobre cidadã (desculpe-me mas meu humilde pc está sem ponto de interrogação).
    Que respostas poderiam ser dadas, pelos Cônsules dos diversos Consulados Italianos no Brasil à elas (interrogação), ou será que o fato de ser essa senhora esposa do Presidente da República lhe dá direito a não permanecer em fila alguma (interrogação)
    Será que essa senhora fez uso de algum escritório mágico, daqueles que obtem a dupla cidadania aos interessados em apenas um final de semana (interrogação)
    Até quando cidadãos comuns terão que ter seus direitos aviltados por pessoas que usam de suas prerrogativas sociais, econômicas e politicas, para obterem em alguns dias, aquilo que a grande maioria dos mortais, devido à burocracia imposta pelos governantes, leva anos e em muitas vezes morre sem conseguir (interrogação).
    Participo de diversas listas de discussão sobre genealogia e dupla cidadania, na internet, e sei que todos os que delas participam e leram a noticia, estão tão indignados quanto eu, neste momento.
    atenciosamente. Julia Helena Ruffini Vallada

  • Prezados Todos
    Isso no mínimo deveria ser questionado junto ao Consulado e certamente deveriamos enviar à Italia tanto o artigo quanto o questionamento, somente assim, quem sabe, teriamos um atendimento digno e coerente. Abraços – julia
    helena
  • E sono sicuro che scorrendo i gruppi, ad esempio quelli di Yahoo, se ne potrebbero trovare diecine dello stesso tenore. A proposito, questa ricerca mi ha fatto scoprire l’ottimo sito “imigrantesitalianos.com.br”. Però non ho trovato il nome dell’amministratore – forse la stessa Leia Silveira Beraldo?

    Vi sono tuttavia anche dei commenti sostanzialmente compiaciuti, del tipo: “quale onore per la comunità italo-brasiliana il fatto che una persona importante come la Moglie del Presidente sia diventata una di noi! Un onore così grande che per arrivarci in fretta valeva senz’altro la pena di calpestare le teste di centinaia di migliaia di altri italobrasiliani meno importanti”!

    Questo, mi pare, è lo spirito dell’intervento di Paolo Meneghini pubblicato nella sezione “articolistas” di questo stesso portale.

    Credo che l’amico Paolo non abbia riflettuto abbastanza sulla differenza che esiste fra essere, e sentirsi, italiani, cioè membri di una comunità di tradizioni, di cultura, di valori etc., e il semplice fatto di possedere un passaporto italiano.

    Il passaporto denota qualche valore, qualche tradizione, qualche sentimento?

    Il primo sentimento che mi aspetterei da un membro della comunità italiana, sarebbe la solidarietà verso i membri della stessa comunità. E in primo luogo, quelli che condividono con me la stessa condizione di cittadino di un altro stato e discendente di emigrati.

    Per molti di loro, o almeno per alcuni di loro, il passaporto è qualcosa di meno, ma anche qualcosa di più che un semplice simbolo. Esso può significare la possibilità di una vita migliore. La moglie del Presidente cerca anche lei una vita migliore? Nessuno ci crede, anzi nessuno osa neppure dirlo!

    Paolo Meneghini paragona la fila per la cittadinanza in Brasile a quella per comprare un biglietto per il teatro, o per ottenere una prestazione sanitaria. Paragoni molto diversi anche fra loro, che allontanano da una prospettiva realistica. Una cosa è certa: la modernità di un paese si misura perfettamente da come si comportano i suoi governanti. I governanti seri, preoccupati della loro immagine, non si espongono a facili accuse di favorotismo, anzi ci tengono a esibire il fatto che nella vita di tutti i giorni sono esattamente dei cittadini comuni. I paesi dove si dà per scontato il privilegio del potere, sono paesi arretrati, destinati a restare sempre più indietro.

    L’operazione confezionata dal nostro Paese potrà avere attirato la simpatia dell’interessata. Intanto però ha ulteriormente reso malvista l’Italia agli oppositori interni di Lula, che oggi sono quasi certamente la maggioranza dei cittadini brasiliani. Forse ha dato il colpo di grazia finale alla sua declinante popolarità. Chissà che non sia stata un colpo di coda dell’attuale Governo italiano, che con Lula ha poco da spartire….

    Se ne potrebbe discutere a lungo, e sarò lieto se Paolo vorrà farlo. Per ora, concludo associandomi alla sua perorazione finale. Se l’importante per i discendenti di italiani è il fatto simbolico, morale, perchè non utilizzare più sistematicamente la cittadinanza onoraria? Alle persone “importanti”, di successo, è un tipo di riconoscimento che può far piacere sennza davvero danneggiare nessuno. Tuttavia, giacchè si parla di Comuni, non dimentichiamo che essi potrebbero fare anche qualcosa di più. E cioè affiancarsi ai consolati nello smaltire le montagne di richieste di riconoscimento che giacciono da anni. Ma questo è un altro argomento, di cui parleremo in altra sede (per ora gli interessati possono vedere nel sito www.lombardinelmondo.it )

    20 ottobre – terza e ultima

    Una notizia positiva: nell’edizione del 18 scorso, l’Agenzia INFORM ha pubblicato il mio commento!