FIRENZE – ITALIA – La RAI, RadioTelevisione Italiana, ha aperto una filiale a New Delhi, la quattordicesima all’estero. Lo ha fatto in pompa magna, in questi giorni, in occasione della visita ufficiale in India del premier Romano Prodi, che era accompagnato da una folta schiera di ministri, sottosegretari, giornalisti e industriali italiani.

Tutto bene, perché l’India è un Paese grande e strategicamente interessante sotto molti punti di vista, così come lo è la Cina, dove appunto la RAI ha giustamente aperto da non molto un’altra sede.

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Ma in questo scenario dobbiamo lamentare una cronica e colpevole carenza di strutture RAI in Sud America dove l’unico corrispondente della televisione pubblica italiana, fino a poco tempo fa, risiedeva non in Brasile e non in Argentina, ma in Uruguay (!) che – non ce ne vogliano i suoi abitanti – è uno dei Paesi più “insignificanti” di tutto il continente sudamericano.

Tuttavia, andando a verificare l’organigramma della RAI (www.ufficiostampa.rai.it), scopriamo che in Sud America c’è ora una “bandierina” e secondo la mappa questa bandierina risulta essere a San Paolo (se le nostre conoscenze geografiche non ci ingannano). Ma, a differenza di tutte le altre sedi, viene indicato solo il nome del corrispondente (il giornalista Flavio Fusi) e non un indirizzo, un numero di telefono, un recapito, un’e-mail. Segno evidente che si tratta di un corrispondente senza sede. Come potrà mai fare il suo lavoro ? O si tratta piuttosto di un corrispondente “volante” che viene inviato in Sud America solo in occasione di eventi particolari ? Ed in questo caso come si pretende di “coprire” (come si dice in gergo) con professionalità le notizie che provengono dall’America Meridionale ?

Eppure il Sud America, dal punto di vista economico, non è certo l’Africa; ma in Africa la RAI ha due sedi (una a Il Cairo, l’altra a Nairobi).

Tutto ciò dimostra la scarsa attenzione e la scarsa considerazione che il sistema televisivo pubblico italiano ha nei confronti di Paesi come il Brasile e l’Argentina (ma anche di interessanti realtà come il Cile, il Venezuela e l’Uruguay); Nazioni che, peraltro, contano il maggior numero di italiani e oriundi italiani al mondo (una cinquantina di milioni). Per di più, il continente più cattolico del mondo.

Evidentemente il Sud America, per la RAI, è solo bond argentini, Carnevale di Rio (immancabile ogni anno un servizio sul carnevale carioca con immagini stereotipate di ballerine seminude) e – quando tocca – l’insediamento di qualche Capo di stato. Come se Brasile e Argentina fossero solo questo.

Sono – invece – Paesi dove grandi aziende italiane (fra tutte la Fiat, che da tre anni consecutivi a questa parte è il più grande produttore di autoveicoli in Brasile) sono radicate da tempo e mietono successi che in Italia non riescono a raggiungere; Paesi che, oltre al tango argentino e al samba brasiliano, hanno tutto un background culturale da scoprire; Paesi che sono all’avanguardia in temi di estrema attualità, come ad esempio lo sviluppo delle energie alternative e dei biocombustibili, dove il Brasile è leader mondiale.

Perché, allora, la RAI non ha ancora deciso di adeguare la propria struttura in Sud America privando i suoi utenti di notizie, informazioni e servizi radiotelevisivi da una delle più interessanti e strategiche aree del mondo ?