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Un interesse storico ma anche, per molti, una ricerca delle proprie radici, dei motivi, sogni e speranze che spinsero molti nostri connazionali, fra il 1880 e il 1960, a varcare l’oceano in cerca di avventura, forse anche di ricchezza o semplicemente del pane quotidiano.
Qualunque sia stato il motivo individuale, che spinse ogni emigrante all’esilio dalla propria terra, tutti, comunque, si trovarono a vivere una situazione speciale che accomuna i migranti in generale, la situazione alienante di chi non è piú considerato in patria un italiano come gli altri che vi risiedono, mentre è visto come un individuo con uno strano accento e abitudini diverse, nel paese che lo ospita, una specie di cittadino del “paese di mezzo” che, alle volte, si sente un estraneo nel paese che ha scelto, e che corre il rischio di vivere in modo idealizzato il paese di origine.
Un riflesso di parte di tutto questo lo si è visto pochi anni fa quando in Italia si è aperto il dibattito se era giusto o no dare il voto agli italiani all’estero.
Chi era, infine, un italiano all’estero? Come coloro che erano residenti in Italia vedevano gli emigranti e i loro discendenti?
Una cronica mancanza di informazione non ha certo aiutato nel dibattito, che si è snodato principalmente su pregiudizi e stereotipi, cosa che succede quando manca l’informazione.
La proposta dell’On. Porta sull’insegnamento della storia dell’emigrazione nelle scuole potrà aiutare, e molto, a far rientrare gli italiani all’estero nel mondo e, speriamo, nel cuore di coloro che non si sono mai allontanati dalla propria terra, certo che anche una migliore informazione di ritorno potrebbe fare molto, se non fosse così inefficiente e totalmente dimenticata sia dal mondo politico che dai responsabili della stampa in Italia.
È certamente impensabile che pochi giornalisti all’estero, senza mezzi e appoggi, possano fare qualcosa che possa incidere sul volume e sulla qualità dell’informazione di ritorno.
Il V Seminario dell’Immigrazione Italiana nel Minas Gerais, così come gli altri quattro che lo hanno preceduto, può fare molto in questa direzione e anche nel riscrivere la storia individuale e collettiva degli italiani che sono arrivati nello stato del Minas Gerais, sostituendo una certa idealizzazione locale, secondo cui gli italiani sarebbero stati semplicemente “ben ricevuti”.
La storia reale, quella che si sta scoprendo di più ad ogni seminario, è molto più conflittuale, come del resto era da aspettarsi in un paese che stava abbandonando l’istituzione della schiavitù e si stava aprendo all’ingresso di stranieri, per sostituire gli ex schiavi nella coltivazione della terra.
Come poteva essere un rapporto di lavoro fra un lavoratore che conosceva, almeno in parte, i suoi diritti, e un grande proprietario terriero abituato con gli schiavi?
Il seminario che si apre il 26 ottobre alle ore 19, e si conclude il 1º novembre, in Belo Horizonte, presso la Scuola di Architettura e Urbanismo della UFMG – Università Federale del Minas Gerais, mette quest’anno al centro della discussione il contributo che gli emigranti italiani hanno dato allo sviluppo di tutte le aree dell’attività umana dall’industria e commercio, all’attività sindacale e a quella artistica, nei suoi vari aspetti.
Altro punto importante al centro del dibattito saranno le migrazioni del passato e del presente, fra Minas Gerais e l’Italia. I partecipanti, potranno inoltre seguire varie attivitá parallele.