u SAN PAOLO – SP – “L’Italia non è la signora Duse” è la frase pronunciata da Giolitti, quando stroncò con le armi l’avventura fiumana di D’Annunzio. “L’Italia non è una S.p.A dove lei ha la maggioranza azionaria” è la frase che potremmo rivolgere al “Cavaliere” ossia a Silvio Berlusconi, il “ducetto” del centro-destra, che ora s’impunta, scalcia, minacciando anche una fantomatica “marcia su Roma”, se non si fanno immediatamente nuove elezioni.
Queste impuntate alla “duce”, non sono poi una novità, già che in lui sono abituali nella gestualità, con il mento proteso e lo sguardo imperioso. Dimentica, già che gli conviene dimenticare, che negli anni in che ha gestito il governo italiano, con la stessa forma, e con gli stessi metodi di come dirigeva le sue imprese, che la sua montagna ha saputo generare appena null’altro che ridicoli topolini, che ora non è più il caso di inseguirli con i programmi alla mano, se ne ha qualcuno, come quelli usati per le elezioni passate, ma basterà la scopa elettorale per spazzarli via.
Una scopa elettorale che però dovrà essere usata nel momento opportuno, cioè quando saranno eliminati gli ostacoli che non permettono ai governi in carica di portare a termine ciò che si erano proposti di realizzare. Ostacoli questi, che non bisogna dimenticare, furono escogitati proprio dal Berlusconi, quando primo ministro, come la sua legge elettorale, ed altre che servivano a portare acqua al mulino del suo impero impresariale.
Il risultado di questa filosofia gerenziale, adattata all’amministrazione pubblica, aveva trasformato il suo governo in un feudo personale indipendente dalle leggi generali, in uno Stato nello Stato, dove l’abuso ed il soppruso erano le quotidiane attività che travolgevano e dissolvevano le tradizioni, la sicurezza, gli interessi cosiddetti legittimi, le gerarchie e i rapporti sociali.
Ed è stato proprio questo lo scenario che il governo di Centro-sinistra eletto, si è trovato ad affrontare in questi quasi 20 mesi, un periodo nel quale ha dovuto rimboccarsi le maniche, per poter raddrizzare, come prima necessità urgente, l’impalcatura ricevuta che minacciava crollare.
Quanto alla revisione della legge elettorale, ora reclamata ad alta voce proprio dai suoi autori, questa sarebbe venuta a suo tempo, sempre nell’attuale legislatura ma dopo di aver risolto i problemi impellenti, per poter rimettere sui binari il Treno Italia, che un conducente facilone, senza esperienza e capacità, aveva fatto deragliare.
Oggi questo governo, dopo appena 20 mesi è caduto. Però, in questo corto spazio di tempo a disposizione, qualcosa di positivo ha avuto l’opportunità di far apparire. Commentando la situazione creatasi con le dimissioni del governo Prodi, la stampa estera ha messo in risalto, come realizzazioni importanti, il calo del debito pubblico, come anche quello della percentuale della disoccupazione, il che era la conferma che il Treno Italia, anche se lentamente, aveva ricominciato a muoversi.
Questi dati però sono stati contestati da Berlusconi, accompagnato dai suoi alleati del centro-destra, che affermano che gli stessi sono stati addomesticati ad arte, dimenticandosi delle alterazioni, queste reali, che avvenivano quando loro erano governo.
Sono convinti questi signori, e questo sarebbe comico, se non fosse assurdo, che con nuove e immediate elezioni potrebbero nuovamente montare in sella, perché la loro aspirazione è un governo che rivolga a loro vantaggio l’apparato amministrativo dello Stato. Non si rendono conto invece, e questo è tragico, che l’attuale sistema elettorale da loro creato, ha la capacità di tagliare a sinistra, come anche a destra. I suoi autori, ossia il centro-destra, al crearlo si sono comportati come il “marito” dell’aneddoto “che per far rabbia alla propria moglie si evira…!”, già che caso dovessero conquistare la maggioranza nelle prossime elezioni, cosa questa ipotetica, sarà sempre per uno scarto minimo, e caso non si cambi la legge, avranno gli stessi problemi e difficoltà che il governo uscente ha dovuto affrontare.
Non so se il buon senso esiste nella politica, specialmente in certe tendenze…, Se non c’è dovrebbe esistere, già che si tratta dell’interesse collettivo. In base a questo principio, ciò che la ragione avrebbe consigliato, è proprio quello di aver varato un governo tecnico, apolitico, che governando, allo stesso tempo avrebbe messo in discussione al Senato e alla Camera il progetto di una nuova legge elettorale che poteva soddisfare i due schieramenti opposti. Alla luce di questa promulgazione si sarebbero indette nuove elezioni, che avrebbero potuto garantire una governabilità della quale la Nazione ha urgente bisogno.