PATROCINANDO SUA LEITURA

u SAN PAOLO- SP – Il Ministero dell’Ambiente e del Territorio d’Italia, attraverso il suo Direttore Generale Corrado Clini, sta promuovendo una serie di incontri bilaterali, al fine di creare progetti che poi risultino in Crediti di Carbonio, cosa che sarà estremamente interessante sia per lo sviluppo che per il risultato finanziario per il Brasile.

In una intervista ci ha riferito: “Noi siamo venuti qui per occuparci del Protocollo di Kyoto, che è un accordo internazionale per ridurre le emissioni di anidride carbonica che è prodotta dall’uso di combustibili fossili. Ogni volta che si utilizza il gas naturale, l’olio combustibile, il carbone, bruciandoli si emette anidride carbonica e siccome tutto ciò ha un effetto globale sul clima, l’accordo internazionale prevede che, indipendentemente da dove si riducono, queste riduzioni delle emissioni producono un effetto positivo, le possiamo ridurre in Italia piuttosto che in Brasile, piuttosto che negli USA, ma ha lo stesso effetto, allora questo protocollo prevede anche che i paesi possano collaborare per realizzare progetti comuni per ridurre queste emissioni.

Se dovessimo ridurre le emissioni di questi gas soltanto in Europa avremo un costo altissimo, perché ridurle in questo continente vuol dire sostanzialmente cambiare sistema energetico, ossia aumentare l’efficienza per diminuire i consumi energetici. Ridurre queste emissioni in altri paesi che hanno una situazione organizzativa dal punto di vista energetico ancora non sviluppata ha un costo molto basso, perché possono utilizzare le fonti rinnovabili, cioè quelle che non emettono anidride carbonica, cioè l’acqua, le biomasse, il vento, il sole. Il Brasile è molto interessante da questo punto di vista, perché è ricco in biomassa, acqua, quindi ci sono buone possibilità.

L’Italia come vuol coinvolgersi in questi progetti, è interessata ai Crediti di Carbonio?

Noi siamo interessati a promuovere progetti che producano crediti, e allora sono venuto a San Paolo e vado a Brasilia per fare in modo che si creino le condizioni per una collaborazione tra i due paesi, per dare il via a progetti che possono poi generare dei crediti per l’Italia.

Ci sono già progetti in via di essere concretizzati?

Di progetti ce ne sono molti già pensati. Noi ne abbiamo già cofinanziati alcuni per vedere come funziona il sistema e ci sembra che possa dare buoni risultati, costituiremo una task-force italo-brasiliana qui a San Paolo per selezionare i progetti che hanno una qualche possibilità di successo.

Qual’è la localizzazione geografica di questi progetti?

Ce ne sono di proposti in tutto il Brasile, qui a San Paolo, nel Paraná, in Pernambuco, a Bahia, nel Mato Grosso do Sul.

Quindi sono degli investimenti sostanzialmente applicati a che cosa?

Ci sono diverse ipotesi, una è quella di utilizzare il gas delle discariche per produrre elettricità, in questo modo si evita che questo gas, che è metano, vada nell’atmosfera, è un gas che ha un forte potere di riscaldamento, allo stesso tempo creando elettricità, crea le condizioni per un ritorno economico dell’investimento, generando crediti.

Un’altra linea di intervento sicuramente interessante è quella che riguarda le biomasse, in genere la così detta bioenergia, cioè l’etanolo da un lato, la produzione e l’uso dell’etanolo come fonte energetica e dall’altra l’utilizzazione delle biomasse forestali, prodotte dalla gestione sostenibile delle foreste, oppure dalla lavorazione del legno per produrre elettricità. Le biomasse sono fonti rinnovabili, perciò utilizzandole si ha una riduzione delle emissioni, perché sostanzialmente viene calcolata la quantità di combustibile fossile, che non è stato utilizzato e che è stato sostituito dalla fonte rinnovabile e questa quantità risparmiata corrisponde poi a emissioni evitate, perciò a crediti, lo stesso vale per i piccoli impianti idroelettrici per usi civili oppure industriali.

Perciò sono progetti che hanno un forte collegamento con lo sviluppo, produrre energia significa creare una infrastruttura per lo sviluppo, dall’altro lato sono molto importanti perché riducono le emissioni.

Tutto ciò coinvolgerebbe un programma in tutta la rete delle emissioni di gas e di petrolio in Brasile?

Certo! La domanda di energia del Brasile aumenta con la crescita economica, ovviamente per rispondere a questa domanda il Brasile può utilizzare le fonti rinnovabili, piuttosto che utilizzare olio combustibile o carbone, o gas naturale, per cui il nostro programma di cooperazione si inserisce in questa linea di attività, contribuire ad aumentare l’offerta interna di energia per le necessità di sviluppo del paese, senza aumentare l’utilizzazione di combustibili fossili.

Quanto di crediti di carbonio può raggiungere il Brasile, sia come riduzione di emissioni, o come risultati finanziari?

La potenzialità del Brasile è molto alta, appunto perché è un grande paese in crescita economica che ha bisogno soprattutto di energia. In termini economici la valutazione dipende molto dal prezzo unitario di 1 credito, ovvero di 1 tonnellata di carbonio assorbito dall’atmosfera, oppure evitato come emissione. Naturalmente se la tonnellata di carbonio vale attorno ai 6 U$D, il Brasile potrebbe offrire dai 100/150 milioni di tonnellate/anno, questo fa 900 milioni di U$D/anno, e siccome il periodo nel quale bisogna rispettare questo impegno è di 5 anni, la stima potenziale per quello che si sa è di 4,5 miliardi di dollari in 5 anni.

Come stanno i negoziati Europa/Stati Uniti? Perché poi se si farà tutto questo ed alcuni paesi non vorranno rispettare il protocollo, a poco servirà.

Gli USA, per il momento hanno confermato che non aderiscono al Protocollo di Kyoto. Quello che cerchiamo di fare dopo il vertice del G8 che c’è stato di recente in Scozia, è di definire un programma globale, che coinvolga anche gli USA, e il documento finale approvato si muove in questa direzione. Ci sarà a novembre una riunione a Londra per costruire un’ipotesi di lavoro che vada oltre il Protocollo di Kyoto, è interessante che in questo sforzo, in questo impegno siano presenti contemporaneamente le più grandi economie del mondo, più il Brasile, la Cina, la Nigeria, il Sud Africa, l’Indonesia, cioè i grandi paesi che hanno economie in crescita, o grandi paesi che sono consumatori, o produttori di energia.

Clini, in una recente pubblicazione dice: “Appare evidente che il Protocollo di Kyoto, che impegna i soli paesi industrializzati a ridurre le proprie emissioni nella misura del 5,2% entro il 2012, rappresenta – nella migliore delle ipotesi – solo un primo passo verso l’impegno globale richiesto dalla sfida dei cambiamenti climatici.

Il “format” del protocollo non è efficiente anche nel caso in cui i paesi sviluppati adottassero ulteriori misure di riduzione delle emissioni oltre il 2012. Secondo lo scenario alternativo del World Outlook, i paesi OCSE, adottando un pacchetto severo di misure per la riduzione dei consumi e la promozione delle fonti rinnovabili, potrebbero ridurre le proprie emissioni di un ulteriore 16%, che tuttavia corrisponde solo al 5% della riduzione delle emissioni globali.

Emerge con chiarezza che la sfida dei cambiamenti climatici si vince nelle economie emergenti, dove è urgente creare le condizioni per la “decarbonizzazione” della loro crescita economica, rendendo disponibili le “nuove energie” e le nuove tecnologie”.