CURITIBA – PR – Em entrevista concedida ao jornalista Alberto Fusco, da agência Aise, o recém-eleito deputado Fabio Porta (PD) demonstrou a esperança de obter “algumas respostas concretas aos problemas e às reivindicações de nossa comunidade”. Porta, cuja família vive em São Paulo, é um dos cinco representantes da América do Sul no novo Parlamento italiano (os outros, dois senadores e dois deputados, são ítalo-argentinos) que, junto aos demais eleitos em todo o mundo e na Itália, tomam posse amanhã (29.04.2008) em Roma. A entrevista foi concedida a Fusco momentos antes da partida de Porta para a Itália, sexta-feira última, mas só foi publicada pela Aise em 28.04.2008. O jornalista explica que, antes de partir, o neo-deputado topou “uma entrevista diferente, um corpo a corpo”. O parlamentar foi questionado inclusive sobre o polêmico assunto da cidadania italiana por direito de sangue. “É um valor a ser preservado”, disse Porta, que nos últimos anos tem se batido para uma solução à enorme ‘fila da cidadania’ firmada diante dos consulados italianos que operam no Brasil.

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Confira a entrevista que transcrevemos abaixo:

 

u ANCORA UNA VOLTA “IL FUTURO SIAMO NOI!”: A TU PER TU CON L’ON. PORTA (PD)

SAN PAOLO aise – Alla vigilia della partenza per l’Italia, l’On. Fabio Porta ha accettato di buon grado una nuova sfida: un’intervista differente, un corpo a corpo a ruota libera, senza peli sulla lingua: sette domande, a raffica, in cambio di altrettante risposte “tutte insieme appassionatamente” del neo deputato italo-brasiliano del Pd.

n On. Porta, andiamo a Roma per una gita turistica, una visita ai Musei Vaticani, magari a Fontana di Trevi per il classico lancio del soldino, o per tutelare e salvaguardare gli interessi di coloro che hanno firmato una cambiale in bianco, ossia oltre 17 mila testimoni a suo favore?

FABIO PORTA – Vado a Roma con estrema umiltà e la consapevolezza della grande responsabilità che mi attende; tentando di onorare, come ho già detto, non soltanto quei diciassettemila elettori ma i milioni di italiani e i loro discendenti che vivono in Sud America. Non dimenticando mai i miei doveri di deputato, ossia il servizio in Parlamento a tutto il Paese e a tutti gli italiani, sia quelli che vivono all’interno dei confini nazionali sia di quelli che – come nel mio caso – vivono all’estero.

n Si é fatta molta polemica durante la campagna elettorale sulla questione della cittadinanza, non Le pare che bisognerebbe metterci le mani una volta per tutte e modificare lo ‘jus sanguis’ per concedere il passaporto solo ai discendenti che parlano un po’ di italiano e conoscono la storia, almeno in parte, del nostro Paese e non a coloro che dicono “Mio nonno era piemontese, era nato a… Catanzaro”? Lei che ne pensa?

FABIO PORTA – Penso che la cittadinanza ‘ius sanguinis’ sia un valore da preservare e, anzi, da valorizzare con adeguate politiche volte a darle il giusto significato. In questo senso concordo sulla necessità di non banalizzare un diritto tanto importante, quasi “sacro” nella misura in cui riguarda valori tanto importanti e profondi. Un impegno che deve coinvolgere tutti coloro che come noi sono impegnati nella difesa e nella rappresentazione dei diritti degli italiani all’estero.

n Ogni tanto qualche burlone, come Sergio Romano dalle colonne del “Corriere” spara a zero sulla cultura e sulla lingua “infarcita” – come dice lui – di ispanismi dei nostri connazionali; ci sarà anche qualcuno, a cui dopo tanti anni, in Sud America, qualche battuta spagnolesca o portoghesizzata sfugge, senz’altro: ma c’è anche tanta gente che grazie ai giornali italiani e soprattutto a “Rai Italia” riesce a mantenere degnamente il possesso della lingua di Dante. Quindi le domando, in Italia ci sono 57 milioni di abitanti, tutti laureati?


FABIO PORTA – No, grazie. Non voglio tornare a polemizzare con Sergio Romano o con chiunque si diverte a giocare al tiro al bersaglio contro gli italiani che vivono all’estero, e in particolare contro il loro diritto di votare ed eleggere propri rappresentanti in Parlamento. Credo che bisogna rispondere con i fatti, con l’impegno serio e costante di tutti noi, parlamentari in testa. Sarà questa la risposta migliore a tale tipo di polemica. Noi italiani all’estero non siamo in competizione con i nostri concittadini residenti in Italia, al contrario.

n La recente elezione ha portato in Italia 4 parlamentari dall’Argentina e uno solo dal Brasile per la nostra ripartizione America meridionale. Conti alla mano, non ci vuole Pitagora per capire che gli argentini partono sempre con enorme vantaggio: 450.000 in Sud America aventi diritto al voto, la metà dei quali si trovano nella terra del tango. Non sarebbe più logico l’istituzione di due ripartizioni, una per l’Argentina e l’altra per il resto del Sud America? Non sarebbe più rappresentativo? Ci sono anche i cileni, i peruviani, gli ecuadoriani, tutti con lo stesso diritto. Ha una sua proposta?

FABIO PORTA – Non è il caso di banalizzare una questione tanto importante. Non è colpa dell’Argentina o degli italo-argentini se in quel Paese vive quasi il 60% degli elettori della Circoscrizione Elettorale America Meridionale. È evidente, ed in qualche modo giusto, che di conseguenza siano maggiormente rappresentati in Parlamento. Certo, come dice Lei, il problema è un altro, ossia quello di garantire una adeguata rappresentatività a Paesi ingiustamente considerati “minori” (se non altro dal punto di vista del numero degli elettori) che difficilmente in questo sistema riusciranno ad esprimere un loro rappresentante. Un problema complesso, sicuramente da affrontare, ma di non facile soluzione.

n Senza giochi di parole: l’On. Porta parte adesso, ma quando Porta riparte (da Roma) che porta, oltre all’On., in Brasile?

FABIO PORTA – Sicuramente un grande sforzo e il massimo impegno di onorare il mio mandato, non solo per rappresentare gli italo-brasiliani ma tutti gli elettori e i cittadini italiani del Sud America. E poi, spero, alcune risposte concrete ai problemi ed alle rivendicazioni della nostra comunità, per le quali non soltanto in campagna elettorale mi sto battendo da anni. Ma, in primo luogo porterò “in” Italia la forza ed il contributo fondamentale della nostra comunità del Sud America, spiegando quanto sia importante per loro valorizzare questa risorsa.

n On. Porta, Lei, qualche mese fa, ha scritto un articolo ripreso da vari organi di stampa italo-americani, dal roboante titolo “Il futuro siamo noi!”. Ne è ancora convinto o, dopo la Sua elezione, nutre qualche dubbio? O era solo una trovata per la campagna elettorale?

FABIO PORTA – Assolutamente no! Scrivevo quell’articolo all’indomani di commenti e reportage apparsi su alcuni giornali stranieri, a proposito della crisi economica (e non solo) italiana. Mi riferivo ad un patrimonio ancora poco esplorato, da parte di un Paese povero di energia e materie prime ma ricco di un “petrolio” che nessuno ha: una comunità di 60 milioni e più di discendenti all’estero, oggi in grande parte costituita da gente che può dare molto all’Italia. Ecco, in quel senso, scrivevo che “Il futuro siamo noi!”. Non solo non me ne sono pentito, ma credo di esserne ancora più convinto oggi di quando ho scritto quel testo.

n Onorevole, Lei nelle elezioni nel 13 aprile ha ottenuto circa 17 mila voti. A 3.300 uomini l’una, tra decurie e centurie, fanno poco più i5 legioni romane. Si sente un “piccolo Cesare”?

FABIO PORTA – Il mio successo è il successo di un lavoro di equipe, di un gruppo di persone; non è la vittoria di un candidato ma di un progetto politico che viene da lontano. Avendo iniziato la militanza politica nei movimenti sociali e sindacali da ragazzo (ormai trenta anni fa) ho l’umiltà sufficiente per riconoscere il valore di questa vittoria e per darle le giuste proporzioni.