Roma, 8-12 dicembre 2008 – Documento finale gruppo tematico-  Mondo del Lavoro e Lavoro nel Mondo

Il presente documento si articola  in due parti che rappresentano le differenti realtà che i giovani vivono in Europa e nei Paesi extraeuropei.

PATROCINANDO SUA LEITURA

1.                  Introduzione

Quella dei Paesi extra europei è una realtà estremamente complessa sotto molti punti di vista, politicamente, storicamente e socialmente. L’aspetto migratorio non fa eccezione, questi Paesi conoscono infatti diversi tipi di migranti italiani, di prima, seconda e terza generazione. Tale diversità rappresenta un enorme bacino di potenzialità da sfruttare.

Esistono infatti giovani imprenditori e professionisti, artigiani, ricercatori e ragazzi che lavorano nel volontariato. Ciascuna di queste categorie contribuisce al progresso dell’Italia. I giovani imprenditori utilizzando macchinari italiani e personale italiano; le persone che lavorano nell’associazionismo svolgendo un lavoro fondamentale di diffusione e mantenimento della cultura italiana e dell’italianità. I giovani emigranti di nuova generazione dal canto loro, tolgono un problema all’Italia lasciando silenziosamente il Paese e cercando all’estero ciò che la loro patria non riesce a dare: un lavoro degno, oggi come tanti anni fa.

La crisi economica mondiale sta passando dall’essere puramente finanziaria all’aspetto della produzione e del consumo: alla cosiddetta economia reale. Ciò può provocare un riflusso migratorio da Paesi con sistemi sociali scarsi a un Paese come l’Italia che possiede uno stato sociale che assiste tutta la popolazione indistintamente. Diventa per tanto fondamentale pensare al modo di risolvere i problemi degli italiani all’estero nel loro Paese di residenza e non obbligarli a venire in Italia per superarli, potendo far collassare il sistema sociale italiano.

La presenza istituzionale e associazionistica italiana nei diversi territori è molteplice e frammentata: pensiamo alle camere di commercio, all’ICE, ai consolati, alle associazioni italiane, ai patronati. Queste entità non riescono ad agire in rete a causa della mancanza di direttive definite e centralizzate a livello continentale e  della sovrapposizione di funzioni. Ciò porta a una mancanza di coordinamento dell’agire tanto pubblico quanto privato.

In questo momento il sistema Paese non pensa a politiche per il lavoro, per l’impiego, per la formazione e per lo sviluppo degli italiani all’estero. Un disoccupato italiano nella ricerca di un lavoro o una persona che voglia migliorare la propria situazione lavorativa non può contare su nessun tipo di servizio da parte dello Stato.

In alcuni casi, situazioni già difficili in assoluto sono anche aggravate dalle specificità locali. Per esempio, in Sud Africa si registra una politica discriminativa attuata mediante BEE (Black Economic Empowerment) e “Affirmative Actions”, statuti che danno più opportunità alla popolazione nera e meno agli italo-Sud Africani. Questo è un problema grandissimo che affligge tutti i nostri giovani in Sud Africa che trovano problemi anche a iniziare una nuova attività privata.


2.                  Ripensamento del Sistema Italia all’estero

 

Per tutte queste ragioni e in considerazione di questo momento di crisi internazionale, il valore del lavoro assume importanza fondamentale. Per valorizzare al massimo le risorse umane presenti in un territorio è necessario adottare delle politiche del lavoro mentre, ad oggi, l’agire  dello Stato italiano si limita ad azioni spot, vedasi corsi di formazione totalmente fuori contesto dalle necessità del territorio di destinazione.

Per avere delle politiche del lavoro è però indispensabile mettere a pieno regime le Istituzioni presenti all’estero che ci sono e in quantità:

·         Camere di Commercio

·         ICE

·         Patronati

·         Consolati

·         Associazioni italiane

Sono istituzioni che lavorano in maniera indipendente l’una dall’altra, con competenze spesso sovrapposte, per cui è necessario metterle in rete e in sinergia per valorizzarne gli sforzi.

Unendo l’idea di una politica per l’impiego degli italiani all’estero con la valorizzazione delle istituzioni ed associazioni già esistenti nel territorio, l’ipotesi di lavoro da noi indicata è la seguente:

1)  da un lato raccogliere la richiesta di risorse umane delle imprese, utilizzando le entità che sono vocazionalmente portate alla relazione con queste, pensiamo in particolare all’ICE e alle Camere di Commercio. Queste dovrebbero mappare in modo dettagliato le esigenze di profili professionali richiesti e porle in un sistema informatico; 

2)  per quanto concerne l’offerta, utilizzare i patronati (considerando anche la  recente modifica della legge 152), associazioni “certificate” e consolati che inserirebbero i dati dei profili offerti dai concittadini nello stesso sistema. I  concittadini si recherebbero a tali istituzioni rispondendo a un‘ “obbligatorietà” di iscrizione mirata all’ottenimento di una base dati specifica sulla materia del lavoro e comprendente dati quali – condizione lavorativa, professione, esperienze, altre – e rinnoverebbero i dati annualmente.

 

Il sistema è unico per tutti, le informazioni inserite da un soggetto sono totalmente condivise dagli altri.

Per quanto riguarda la costruzione dell’interfaccia di raccolta delle informazioni relative ai profili si può mutuare da quella già utilizzata dal Ministero del Lavoro in Italia per i centri per l’impiego oppure solo fare un collegamento simile a quello che utilizza la piattaforma “easy” con la quale si trasmettono le informazioni dai patronati all’estero all’INPS. Considerando l’incrocio esistente tra i dati INPS, Ministero del Lavoro e Ministero delle Finanze, il Governo avrebbe un’informazione completa sulla condizione di tutti gli italiani all’estero.

La sola riorganizzazione delle strutture non sarebbe sufficiente se non si decidesse a livello centrale di attuare una politica di responsabilizzazione di quelle imprese, grandi, piccole e medie, che investono all’estero affinché considerino l’utilizzo delle risorse umane italiane presenti nel Paese di riferimento. E’ impensabile che imprese come FIAT sbarchino in Sud America con migliaia di posti di lavoro disponibili e nessuno di questi arrivi agli italiani all’estero in forma strutturata e coordinata. Rimarremmo l’unico Paese europeo all’estero a non avere una politica di questo genere a fronte dell’eccellenza della Germania e della Francia, per esempio. Questo sistema non sarebbe di aiuto solo per l’impiego degli italiani all’estero ma un sicuro vantaggio per l’impresa che si trova a lavorare con una cultura simile e sistemi di valore condivisi con tutte le conseguenze positive che ne derivano in termini di produzione e radicamento nel tessuto sociale del territorio.

I benefici del sistema ora esposto sono enormi. Per quanto riguarda ICE e Camere di Commercio queste verrebbero a prestare un servizio prezioso per le imprese aggiungendo valore al loro ruolo di sostegno.

I patronati vedrebbero rinnovata la loro funzione di assistenza ai concittadini all’estero, rivolgendosi a un pubblico giovane finora pressoché ignorato.

L’associazionismo italiano all’estero si vedrebbe riconosciuto da un ruolo fondamentale di miglioramento e di supporto della situazione sociale della comunità italiana, con la possibilità di avvicinare le generazioni giovani demotivate da Istituzioni che non vengono loro incontro nelle problematiche fondamentali quali, in primo luogo, il lavoro.

Ma, al di là dei benefici per ogni singola Istituzione, il valore aggiunto sarebbe di avere finalmente un sistema Italia per il lavoro degli italiani all’estero, di avere delle Istituzioni che lavorano in collaborazione, di avere un database aggiornato da cui trarre le direttive per politiche di formazione per il lavoro efficienti, di avere una comunità italiana (soprattutto giovanile) motivata e soddisfatta dalla presenza delle entità operanti nel territorio.

2.1               Modelli di Valutazione

 

E parlando di efficienza non si può non pensare a rendere tali sistemi così. Noi giovani siamo sempre estremamente attenti a quelli che sono i tempi e la qualità del servizio offerto.

Proponiamo di istituire dei modelli di valutazione che provvedano feedback alle Istituzioni sui loro processi.

Questo può essere implementato con diverse modalità e con gradi di complessità diversi. Per essere concreti si può iniziare da una “scatola dei suggerimenti” aperta, alla quale le singole Istituzioni diano report periodici e aggiungere un questionario di valutazione del servizio ricevuto dal cittadino ogni qual volta ci si rivolge alle Istituzioni.

Proponiamo che, a partire da noi, si studino le variabili e le modalità più indicate per fare questa analisi, di tradurre i dati e le schede in una sintetica relazione valutativa e di presentarla al Ministero corrispondente affinché possa avere chiara l’immagine che percepiscono gli italiani all’estero delle Istituzioni e dei loro servizi.

Anche in questo caso non chiediamo nuovi fondi, ma semplicemente che si dia attenzione all’efficacia e all’efficienza dei processi in atto, nonostante la scarsità di risorse dove spesso ci si trova ad operare.

2.2               Formazione

 

Un sistema come quello descritto ci permetterebbe di capire quali sono le vere esigenze formative degli italiani all’estero, in accordo anche con il Paese che li ospita. Renderemmo la formazione all’estero efficiente a partire da una visione “welfare to work” così da ampliare immediatamente il numero di beneficiari dei percorsi formativi, valorizzando le proposte locali senza incidere sul bilancio nazionale italiano. Razionalizzare gli investimenti programmandoli a partire dalle esigenze reali dei beneficiari.

In particolare in Africa e in America Latina, la formazione professionale e l’alta formazione sono una necessità, perché permettono agli italiani in loco di cogliere le opportunità che i mercati locali offrono; permettono inoltre la crescita individuale e collettiva nei vari settori economici, promuovendo la professionalità italiana sotto tutte le sue forme, ma anche di partecipare assiduamente alla crescita sociale ed economica dei Paesi che ci ospitano.

Se questo punto dovesse essere di vostro interesse, siamo pronti a farvi una valutazione specifica dei costi e dei risultati che attraverso questa impostazione la politica di formazione all’estero potrebbe avere. Ancora una volta, come professionisti vi mettiamo a disposizione il nostro tempo e capacità a titolo gratuito affinché non gravi, anche solo lo studio, sul bilancio nazionale.