Foto Desiderio Peron / Arquivo Insieme
O senador Fausto Longo: A língua italiana sob a proteção da Constituição.
CURITIBA – PR – Parte do senador Fausto Longo – que mal fala o italiano, na Itália não nasceu e descende da grande carga humana atirada ao mar pela Península no final do século 19 – a proposta de inscrever na Constituição Italiana a garantia de reconhecimento e tutela da língua italiana como o “idioma oficial da Nação”.
A proposta de lei constitucional, com um único artigo a ser acrescentado ao artigo 9 da Carta Magna italiana, acaba de ser apresentada no Senado, dentro do bojo das reformas institucionais em curso na Itália. A iniciativa de Fausto Longo – que é paulista de nascimento e foi levado ao Parlamento, Italiano, eleito pela Circunscrição Eleitoral do Exterior durante a últimas eleições, no início de 2013 – tem o apoio incondicional de seu partido, o PSI – Partido Socialista Italiano, e repete propostas semelhantes já anteriormente apresentadas. A última, conforme ele próprio explica na justificativa de seu projeto de lei, aconteceu há cerca de oito anos mas, segundo ele, foi mal sucedida porque à época a questão foi “mal colocada e, de forma ainda pior, interpretada”.
Segundo Longo, o cenário político nacional e institucional de hoje é bem diverso daquele do final da década de 40, no século passado (quando a Carta Magna italiana foi redigida), pois é “cada vez mais crescente o protagonismo dos organismos eletivos supranacionais, todos profundamente condicionados pelo monolinguismo anglófono”. Citando a questão dos regionalismos e autonomias, o parlamentar afirma que todo esse novo quadro torna “claramente necessário o reconhecimento da língua italiana como idioma oficial da nação” pela carta constitucional.
A língua italiana “está hoje colocada em discussão” – uma coisa impensável para os pais da Constituição, assegura Fausto, citando inclusive o fato de o Politécnico de Milão, uma universidade pública italiana que, desde desde 2012, proibiu o uso da língua de Dante para os “nativos” italianos em seus cursos, em favor do uso de Inglês. “Podemos imaginar a alegria dos professores de inglês”, observa o senador, que também se refere ao fato de a língua italiana estar cada vez mais ausente das traduções simultâneas em conferências de importantes organizações internacionais, inclusive da própria Comunidade Europeia.
Na justificativa a seu projeto de lei, Longo se refere também à “embaraçante” forma como os milhões de italianos e italiófonos do mundo todo são considerados pela República italiana, enquanto outras entidades, como o “British Council”, ou o “Goethe Institut” têm o apoio de seus países na difusão de sua língua pátria. “Finge-se não enxergar como, além do indiscutível valor do italiano como língua literária, aumenta sempre mais, hoje, a necessidade de uso da língua italiana na área do trabalho pare os que migram para a Itália e para os italiófonos ou italianos de segunda ou terceira geração no exterior”.
O italiano – prossegue Longo em sua justificativa – está “em perigo” tanto nas esferas internacional e nacional. E isto acontece diante de uma Europa política que renuncia à sua histórica vocação pluralística, em favor das tendências monolínguísticas e monoculturais. No máximo, observa ainda Longo, essa Europa política faz algumas concessões a algumas linguas representativas dos países nórdicos, mas em detrimento daqueles da bacia mediterrânea. Veja, no texto em italiano que se segue, como Longo justifica o projeto de lei que apresentou:
“ONOREVOLI COLLEGHI! – Sono passati più di otto anni dall’ultimo tentativo, non riuscito, di costituzionalizzare la lingua italiana. Le cronache parlamentari registrano che, ai tempi, fu fatale l’occasionale e inedita alleanza politica tra la Lega Nord e il partito della Rifondazione Comunista. Un esempio chiaro di come la questione fosse evidentemente mal posta e peggio interpretata.
Se così si voglia, potremmo assumere l’episodio a paradigma di come la distrazione che sul tema ebbero i padri costituenti, costituisca invece oggi, più che mai, un motivo postumo di urgenza e necessità. Quanto almeno quella che nel 1947 consentì l’introduzione dell’art.9 per garantire l’unità di indirizzo e di prassi amministrativa, conoscitiva e scientifica nella tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico su tutto il territorio nazionale.
Lo scenario politico nazionale e internazionale, assai mutato, il sempre più crescente protagonismo degli organismi elettivi sovranazionali, tutti profondamente condizionati dal monolinguismo anglofono, di pari passo al riconoscimento del ruolo delle regioni e delle autonomie, accresciuto e ricco di conflittualità (si pensi alla riforma del Titolo V), rendono chiaramente necessario il riconoscimento della lingua italiana, quale idioma ufficiale della nazione, nella prima parte della Carta fondamentale che noi oggi richiamiamo a quel ruolo primario di fissazione dei principi fondamentali sulle materie che possono essere controverse.
Proprio la lingua italiana è oggi messa in discussione, cosa impensabile per i padri costituenti, in molti atenei nel nostro territorio nazionale. Mentre da noi è materia di pubblico dibattito, anche ai livelli più alti, l’utilizzo della desinenza femminile o maschile per qualificare più propriamente secondo il genere, talune cariche dello Stato, il Politecnico di Milano, Università pubblica statale, ha precluso dal 2012, l’utilizzo della lingua di Dante ai “nativi” italiani nei suoi corsi, in favore dell’utilizzo esclusivo ed escludente della lingua inglese sul suolo italiano. Possiamo immaginare la gioia anche degli insegnanti madrelingua inglese: Di fatto, privilegiati rispetto a quei cittadini europei di lingua italiana che chiedono semplicemente di poter apprendere in scienza e coscienza nella loro lingua.
Appare poi imbarazzante il confronto tra il modo in cui i milioni d’italiani e italòfoni nel mondo sono presi in considerazione dalla nostra Repubblica e il ruolo fondamentale svolto all’estero per la difesa e la promozione della loro lingua da importanti organizzazioni sostenute dai rispettivi governi quali il British Council, per il Regno Unito o il Goethe Institut per la Germania. Nulla di paragonabile al sostanziale non cale della Repubblica italiana .
Si fa ancora finta di non vedere come, al di là della indiscutibile valenza dell’italiano come lingua letteraria, sempre più, oggi, ci sia la richiesta della lingua come lingua del lavoro: Per gli immigrati in Italia e per gli italòfoni italiani o di seconda e terza generazione all’estero.
Non va meglio ai massimi livelli istituzionali europei. E’ nota l’esclusione del nostro idioma, in sede di traduzioni, dai momenti più importanti della Commissione europea.
L’italiano è dunque in pericolo sia presso i consessi internazionali quanto in quelli nazionali. In particolar modo, preoccupa la deriva omologante di un’Europa politica rinunciataria alla storica vocazione pluralistica, in favore dell’accentramento monolingustico e monoculturale. Al massimo, questa Europa politica, concede mediazioni politiche e culturali in favore di alcune lingue rappresentative dei paesi del nord a tutto detrimento di quelli bacino meridionale: Nei fatti incapaci di coordinarsi per rappresentare una sacrosanta “eccezionalità” culturale più declamata che realmente difesa.
Proprio l’“eccezione culturale” italiana ci spinge dunque a riprendere il progetto del riconoscimento della lingua ufficiale in Costituzione; in quell’art. 9 mirabilmente cogitato da Tristano Codignola e Concetto Marchesi e strenuamente difeso durante tutti i lavori della Costituente da Emilio Lussu e Aldo Moro.
Vogliamo la lingua italiana riconosciuta all’art.9 e non già all’art.6, che lasciamo volentieri in beata solitudo, perché riteniamo che fondamentali principi di riconoscimento e protezione delle minoranze linguistiche abbiano bisogno della massima chiarezza, visibilità e incontrovertibilità all’interno dei principi fondamentali della Costituzione.
Vogliamo qui, e non già all’art.12, poiché riteniamo che la lingua italiana, la “voce” e lo “scritto” del pensato del nostro quotidiano, la forma delle nostre rappresentazioni concettuali, prodotto culturale, opus vivum sempre rinnovantesi, valga assai di più delle indicazioni cromatiche di una bandiera o di qualsivoglia simbolo dello Stato.
Vogliamo la lingua italiana riconosciuta dove e più precisamente i costituenti, con invidiabile avvedutezza, decisero di forgiare in quel “volto amato della Patria” (Benedetto Croce) che definisce il nostro irriproducibile Paesaggio in tutte le sue inscindibili connessioni al patrimonio storico e artistico, il disegno di una identità italiana fondata sulla cultura, la bellezza, la libertà di pensiero e la ricerca scientifica.
Se al “volto” mancò dunque la parola, noi, oggi, chiarifichiamo per le genti del belpaese là dove’l sì suona, a tutti i milioni di italofoni nel mondo e a tutti gli altri, che a partire dalla nostra carta fondamentale la lingua ufficiale della nazione è l’italiano: Lingua del lavoro e lingua letteraria; promossa, riconosciuta e tutelata anche da quegli alti istituti culturali che fino ad oggi, stante la lacuna formale che noi oggi andiamo a colmare, a mala pena han potuto dispiegare le loro possibilità.
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
All’articolo 9 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Tutela e riconosce la lingua italiana idioma ufficiale della Nazione ”.