La legge del pubblico registro (1): Creazione e ripristino

“Ciao a tutti”! Nell’articolo precedente abbiamo elencato alcuni elementi essenziali dei certificati di nascita, matrimonio e morte e commentato in maniera succinta le varie specie di certificati che possono essere emessi dalle Anagrafi in Brasile. Oggi, affrontiamo in un modo un po’ definitivo la necessità (o non necessità) di rettificare i nostri registri civili ai fini dell’accertamento della cittadinanza italiana presso le autorità competenti e parleremo brevemente di due “azioni di registro”.

Le azioni di registro si basano su situazioni di fatto che possono coinvolgere direttamente i registri pubblici sotto il controllo dei funzionari dell’anagrafe e sono previste nel capitolo XIV (art. 109 e seguenti) della Legge dei Registri Pubblici (LRP). Parleremo, in questo e nel prossimo articolo, sulle quattro azioni di questo tipo: a) la creazione di una registrazione; b) il ripristino di una registrazione e, infine, c) la rettifica di una registrazione nelle sue forme, giudiziaria ed amministrativa.

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La creazione di registrazione si rende necessaria quando, in una maniera tardiva, una registrazione non fatta possa essere accettata dal funzionario incaricato. Ne sono esempi classici la mancanza di registri civili di persone sposate solo in chiesa, anche dopo la promulgazione del Decreto nº 181/1890, che ha istituito il matrimonio civile in Brasile o quello dei bambini che, seppur nati dopo l’istituzione definitiva degli uffici anagrafici pubblici (si veda a questo proposito il nostro secondo articolo della serie), hanno solo il certificato di battesimo.

Prima di proseguire sugli elementi essenziali per procedere alla crazione di una registrazione, permettetemi di fare due osservazioni. Innanzitutto è importante notare che, per l’ampliamento dei diritti degli italo-discendenti, sarebbe un fatto positivo se i Consolati d’Italia in Brasile considerassero validi i matrimoni realizzati in chiesa, almeno fino all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica del 1934, il cui articolo 146, riparando ad un errore storico, prevedeva la semplice conversione del matrimonio in chiesa in matrimonio civile. È importante sottolineare che c’è stata in Brasile, dopo l’istituzione del matrimonio civile, una forte resistenza della Chiesa Cattolica e di importanti parti del Parlamento Nazionale per riuscire a raggiungere, finalmente, che esso fosse considerato valido. Per questo motivo molti brasiliani e stranieri che abitavano in Brasile si sposarono solo in chiesa. All’epoca, in una campagna dichiarata dalla chiesa contro il matrimonio civile, si sosteneva che il matrimonio in chiesa, più rigoroso di qullo civile, fosse l’unico in grado di garantire la legittimità dell’unione (e dei figli) davanti a Dio e agli uomini. Secondo la realtà profondamente cattolica degli italiani qui immigrati, si trattava di un argomento molto serio – che, in molti (incluso i miei bisnonni), lo accettarono senza tante storie. In realtà, il grado di parentela che imponeva un impedimento nel processo di riconoscimento in  chiesa, ossia, secondo il Codice Canonico, era più rigido rispetto a quello richiesto dal Decreto nº 181/1890. Oltretutto, la procedura civile richiedeva anche documenti che, per vari motivi, non potevano essere presentati da molti stranieri, rendendo difficile, in molti casi, il matrimonio civile degli interessati. E poi, il matrimonio civile aveva anche costi diretti e indiretti che i poveri italiani (nella stragrande maggioranza) non potevano pagare. Così, il fatto che alcuni Consolati italiani in Brasile (se non tutti) considerino non sposate le persone che possono solo comprovare il matrimonio in chiesa, corrisponde ad un’interpretazione completamente staccata dalla realtà storica, tanto degli immigranti come dell’evoluzione dell’istituto del matrimonio in Brasile.

Il mio secondo commento ha a che vedere con la resistenza ingiustificata dei Consolati ad accettare i certificati sostitutivi (o successivi) di nascita al fine di comprovare la linea di ascendenza di uno determinato(a) richiedente la cittadinanza. Innanzitutto, va detto che il registro civile non è costitutivo dello status civitatis del cittadino, visto che ci sono altri mezzi per comprovare l’attribuzione ex-lege della cittadinanza italiana all’individuo che nasce figlio(a) italiano(a). Con ciò non si vuole affermare che lo Stato italiano debba accettare qualsiasi tipo di prova di filiazione avvenuta all’estero ma che, rifiutando senza motivo un registro creato, finisce per negare la giurisdizione e la sovranità del paese in cui si trova la missione diplomatica italiana, visto che il registro presentato non solo ha fede pubblica ed è stato realizzato secondo le leggi locali, ma, ancor più importante, è stato approvato da un giudice brasiliano che, ovviamente, ha analizzato le prove presentate dagli interessati prima di ordinare la registrazione. Si tratta di un grave errore commesso dai Consolati italiani in Brasile anche perché qui si applica, in forza dell’art. 7º Legge di Introduzione alle norme del Diritto Brasiliano (LINDB), a lex domicilii. E non si deve opporre il criterio differente delle leggi italiane, visto che, persino un atto dichiarativo dell’autorità italiana, il (la) nato(a) in Brasile è, per lo jus soli, brasiliano(a), applicandosi, secondo l’art. 33 della legge 218/1995, la legge nazionale del figlio al momento della nascita, tanto per quanto riguarda lo status filiationis come della sua legittimazione. Questa stessa interpretazione sbagliata fa sì che i Consolati rifiutino, ingiustamente, richieste che partono da discendenti di italiani che, non sposati, non sono stati loro stessi i dichiaranti della nascita dei loro figli.

Fatti i commenti, andiamo avanti con gli elementi essenziali per la “creazione” della registrazione. In primo luogo, è necessario comprovare l’inesistenza di una registrazione. Questa prova è fatta grazie a certificati negativi emessi dagli uffici di Registro nei quali dovrebbe essere depositata la registrazione. Un’importante attenzione è sempre consultare l’organizzazione politica dei comuni (e le rispettive anagrafi) all’epoca in cui il fatto è probabilmente avvenuto. Oltre all’assenza della registrazione, è necessario comprovare l’evento registrato; così, per le nascite, la prova per eccellenza è il certificato di battesimo, che dovrà essere accompagnato da altri certificati e documenti che comprovino la filiazione, il luogo e la data di nascita della persona in questione. Servono i certificati di matrimonio, di morte, di nascita dei figli, documenti di identità, passaporto, tessera elettorale e altri nelle mani della famiglia, come la Scheda Professionale del Lavoratore, la Tessera Sanitaria (CTPS in Brasile), tessere di iscrizione a sindacati, imprese, circoli, ecc.. Più documenti si presentano più saranno le probabilità di successo. Per i matrimoni, la prova per eccellenza è il certificato di matrimonio religioso, in particolare se vi si uniscono altri documenti. La nascita dei figli in comuni è un’ottima prova perché in essa si possono trovare dati sui soggetti coinvolti; i certificati di morte sono importanti documenti dato che in essi si può rilevare lo stato civile dei deceduti; così come nel caso della creazione di una registrazione di nascita, altri documenti possono comprovare l’esistenza del vincolo coniugale e devono essere usati senza restrizioni. La registrazione più difficile da creare e quella di morte, per una questione ovvia: è la fine della personalità civile dell’individuo e quindi in assenza di prove successive della vita civile della persona. Per questo le prove, per eccellenza, diventano solo il certificato di morte e/o il certificato di sepoltura. In rari casi si possono trovare altri documenti che comprovino il luogo, la data e l’identità del compianto, come, per esempio, le esequie cattoliche o, addirittura, certificati medici o ospedalieri. Comunque, riuniti i documenti che comprovano l’esistenza del fatto che si vuole registrare, l’esito positivo della pratica è certo.

L’azione di ripristino si basa anche essa sull’assenza della registrazione. Però, a differenza della “crazione”, stiamo parlando di una registrazione che già era esistita ma che, a causa di fortuiti avvenimenti, è stata distrutta, danneggiata o scomparsa. Purtroppo non è inusuale che Anagrafi brasiliane abbiano la loro raccolta, in tutto o in parte, distrutta da incendi, inondazioni, contaminazioni di funghi o un uso improprio dei libri o, anche, per deliberati atti umani (possiamo citare un curioso caso avvenuto in Minas Gerais, in cui donne, per la paura della chiamata dell’Esercito dei loro mariti e figli, abbiano dato fuoco all’anagrafe, distruggendo tutti i documenti fino ad allora esistenti). Per ripristinare una registrazione, il cittadino deve presentare la prova che un evento esterno l’ha distrutta; in generale è lo stesso funzionario che certifica l’evento ma, nell’impossibilità di presentare questo tipo di certificato, possono essere usate notizie giornalistiche o altre pubblicazioni che danno notizia dell’evento accaduto. Oltre a ciò è necessario presentare alla Giustizia una copia completa della registrazione che si vuole ripristinare. È un’ottima abitudine archiviare tutti i certificati familiari, completi (o le loro copie autenticate) affinché, in caso di un’eventualità avversa, si possano facilmente restaurare le registrazioni perse o danneggiate. In assenza di certificati completi, ovviamente potranno essere usati certificati meno dettagliati – però, la registrazione ripristinata non conterrà tutta la ricchezza di informazioni che risultavano nella registrazione originale.

Nel prossimo numero parleremo delle azioni di rettifica dei registri civili, visto che si tratta di azioni ovviamente molto importanti per gli italo-discendenti – e su di esse dobbiamo parlare con più dovizia di dettagli. “Arrivederci”! 


Testo originariamente pubblicato sul numero 264 della Rivista Insieme.