“Non ci sono valide ragioni per cui gli Ufficiali di Registro Civile in Brasile non si organizzino per dare un servizio più puntuale, veloce e meno caro a tutti i discendenti di stranieri

Un saluto ai nostri lettori! Oggi continueremo a parlare dell’azione che, prevista dalla Legge dei registri pubblici (LRP), più ci interessa: l’azione di rettifica dei registri. Nella prima parte, pubblicata nell’edizione del mese scorso, abbiamo fatto importanti distinzioni e, anche, alcune critiche molto rilevanti; qui tratteremo in un modo più schematico le possibilità che il Diritto brasiliano ci da per correggere i registri familiari.

PATROCINANDO SUA LEITURA

Come ho sostenuto nell’edizione scorsa, la via della rettifica dei registri deve essere necessariamente preceduta da altre azioni a disposizione dell’Ufficiale del Registro Civile, ossia l’annotazione e la correzione ufficiosa dei registri pubblici. Così, se l’alterazione di registro voluta è sufficiente con una semplice annotazione o in via ufficiosa di chi registra, questa è l’azione da fare; c’è poi il caso in cui, invece, è necessario istruire una procedura, amministrativa o giudiziaria più articolata affinché si possano raggiungere i cambiamenti richiesti, senza così ritrovarci in una rettifica  in senso stretto. Avviso il lettore che questo punto di vista è di questo autore ma che non trova il consenso dei più importanti teorici che trattano l’argomento.

La prima questione che dobbiamo affrontare è se ci troviamo di fronte ad una modalità amministrativa o giudiziaria di rettifica. Come sappiamo, la maggior parte degli ufficiali di Registro si nega a procedere con una rettifica amministrativa a non essere che sia solo di un mero “errore di grafia”, come comunemente usano dire questi funzionari. Si può affermare che, in pratica, c’è una divergenza tra gli Ufficiali sull’interpretazione dell’art. 110 della LRP che, alla lettera I, dice: 

“L’ufficiale rettifica la registrazione o l’annotazione, d’ufficio  o dietro richiesta dell’interessato (…) nei casi di: I – errori che non esigano nessuna ricerca per l’immediata constatazione della necessità della sua correzione”.

Comprenda il lettore che l’argomento si fa specifico sull’affermazione “errori che non richiedano nessuna ricerca”. Secondo gli Ufficiali che credono che la modalità amministrativa di rettifica si applichi solo a errori di grafia, l’affermazione si riferirebbe alla natura dell’errore o all’errore stesso. Nel frattempo, l’affermazione completa dell’art. 110 della LRP è “errori che non esigano nessuna ricerca per l’immediata constatazione della necessità della sua correzione”, ossia non riferendosi alla natura dell’errore ma al fatto che questo sia chiaro, evidente. Questa è l’interpretazione corretta della disposizione! Così, se il richiedente è in grado di istruire la domanda amministrativa in modo da portare l’Ufficiale alla constatazione immediata dell’errore, si trova di fronte ad una rettifica che si potrà fare amministrativamente. Non ci sono motivi legali per cui i funzionari neghino la possibilità di rettifica amministrativamente i registri in loro possesso se i documenti presentati dall’interessato(a) giuridicamente interessato(a) comprovino immediatamente l’indubbia esistenza degli errori indicati.

Se interpretato correttamente l’art. 110 della LRP, poche rettifiche di registro dovrebbero essere inoltrate alla Giustizia. Fatta salva l’esistenza di altre rare ipotesi, me ne viene in mente solo una: quando ci sono dubbi sull’identità del (a) registrato(a). In questi casi è necessario al richiedente dimostrare che il(la) registrato(a), identificato(a) come “A” è in realtà “B”. Sono casi in cui è richiesto l’apporto di una prova di sostanza e in cui, di fatto, vale la pena contare sui controlli che solo la modalità giudiziaria di rettifica può disporre.

Formalmente non ci sono molte differenze tra le modalità giudiziarie e amministrative di rettifica dei registri. Ovvio che la modalità giudiziaria richiede la rappresentanza di un avvocato ed alcuni documenti straordinari (come, per esempio, una procura), ma, nel merito, entrambe le pratiche devono essere istruite con gli stessi documenti: certificati dei registri – preferibilmente di contenuto completo – che contengono i malintesi e tutti i documenti capaci di comprovare gli errori indicati. Gli errori devono essere indicati in ipsis litteris, suggerendosi all’ufficiale o al giudice di inserire, al posto del testo sbagliato, il testo corretto. È sempre giusto ricordare che, in tutto il contenuto, le correzioni appaiono come le annotazioni di rettifica, in modo che si mantenga il testo originale, presente in tutto il suo contenuto, dopo che l’espressione “a margine è presente” o un’altra simile, il nuovo testo che sostituisce quello precedente.

La procedura amministrativa è molto più semplificata visto che ha bisogno di un solo atto: il richiedente compila un modulo presso il Registro Civile competente (una specie di domanda), paga le tasse e gli emolumenti ed istruisce la sua richiesta con gli opportuni documenti. In un termine di tempo che può variare da Anagrafe ad Anagrafe, tra i 5 e i 15 giorni, il richiedente ritorna al Registro per ritirare il certificato che comprova la correzione della registrazione. Nel procedimento giudiziario la rettifica ha molti altri atti – benché si tratti di un rito speciale e di giurisdizione volontaria. L’avvocato fa la petizione iniziale che, in linea di principio, verrà inviata al parere del Pubblico Ministero. Non essendoci obblighi da parte degli interessati, tanto per la requisitoria del Pubblico Ministero o per decisione giudiziaria, gli atti sono inviati per il giudizio. Subito dopo la sentenza, si attende il passaggio in giudizio della decisione e inizia la fase esecutiva, che va presso gli Uffici del Registro Civile. In questa fase sono inviati agli Uffici di Registro i mandati di annotazione o, a seconda, la sentenza stessa, affinché i funzionari facciano le rettifiche stabilite. Va sottolineato che, in mancanza di assistenza giudiziaria gratuita, gli interessati devono pagare agli Uffici di Anagrafe le tasse e gli emolumenti affinché si rispettino i mandati giudiziari.

In teoria, le rettifiche fatte amministrativamente sono più economiche – ma il calcolo dipende sempre da altri fattori ed è imperativo confrontare i costi caso per caso. Fattori come l’accesso gratuito (o no) ai servizi legali, numero e dispersione dei registri da correggere, grado di difficoltà e costi per l’ottenimento di certificati stranieri, oltre alla stessa prassi anagrafica (per esempio accettare o no certificati di registro già rettificati come prova per altre rettifiche), possono far sì che la rettifica giudiziaria, seppur più burocratica, sia meno costosa, in modo che solo un’analisi approfondita di ogni caso concreto può rivelare quale sia la modalità più adeguata da seguire.

Insomma, dopo tutti questi articoli, cercheremo di rispondere, nel prossimo numero, alla domanda che tanto affligge tutti gli italo-discendenti che cercano il riconoscimento della loro cittadinanza: è veramente necessario rettificare i registri? Credo che la risposta sarà molto sorprendente. Ci vediamo al prossimo numero. A presto!


Testo originariamente pubblicato sul numero 266 della Rivista Insieme.