“Sono qui preparando le mie lezioni on line e mi chiedo: ma che notizia è questa? Non si rende ancora nemmeno conto della situazione che si sta creando….esproprio, asta…come?”. Voce calma, piena di domande, è Mariza Bordin Pinto Ribeiro che parla: pronipote di immigranti italiani venuti da Cosenza, in Calabria, prima tre anni studentessa e, poi, 31 anni come professoressa di lingua e cultura italiana nella “Casa d’Italia” a Juiz de Fora.

Mariza fa una dolce dichiarazione su alcuni aspetti culturali del funzionamento dell’immobile che, senza spiegazioni, è stato messo all’asta dal console d’Italia in Minas Gerais, Dario Savarese, dopo aver emesso un ordine di sfratto grazie ad una notifica extragiudiziale inviata al presidente dell’Associazione italo brasiliana ‘San Francesco di Paola’, avvocato Paulo José Monteiro de Barros. Con la tipica veemenza mineira, dice: “Chi sta facendo ciò non ha idea di quello che sta facendo”.

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La professoressa, che è anche presidente del Gruppo di Danza Tarantolato, esistente da circa 20 anni, spiega che la “Casa d’Italia”, costruita con risorse della stessa comunità negli anni 30 del secolo scorso, presa dal governo brasiliano nel periodo della II Guerra Mondiale e solo nove anni dopo restituita, “ha 70 anni di storia, non solo con l’insegnamento della lingua e cultura italiana ma anche con danze, costumi, gastronomia” e molto altro ancora. “Questo spazio ci accoglie”, ha detto, affinché si possa “parlare la stessa lingua, coltivare le nostre tradizioni e cultura, avere un po’ di Italia qui”.

Con calma chiede nel video che ha inviato alla redazione di Insieme: “Come può un consolato voler assassinare, tagliare, eliminare queste radici che il popolo ha con l’Italia? Questo anello che ci unisce all’Italia? Come possono voler togliere ciò alla gente? Il fatto è serissimo!”, dice.

Secondo Mariza, l’impressione che ha è che “sta avvenendo un golpe e credo che tutti coloro che abitano qui si sentano come me”, così come ogni associazione o entità che occupa la casa – “la nostra seconda casa, la nostra seconda famiglia”. E conclude garantendo che a Juiz de Fora la comunità combatterà affinché lo sfratto e l’asta non accadano. “Non possiamo immaginare il nostro futuro senza la Casa d’Italia”, dice la professoressa Mariza.