CURITIBA – PR – É unânime, na Itália, a indisposição contra as autoridades brasileiras, depois que o governo do Presidente Lula resolveu conceder o status de asilado político ao ex-guerrilheiro Cesare Battisti, preso em 2007 quando aqui se encontrava em situação clandestina. Battisti é condenado na Itália à prisão perpétua por quatro assassinatos. Na quarta-feira (28.01) o líder da oposição italiana, Walter Veltroni, voltou a pedir a intervenção do presidente do Conselho de Ministros, Silvio Berlusconi, dizendo que “a posição do Brasil é inaceitável”. Veltroni, que já havia pedido que Berlusconi intercedesse no caso, quer que o chefe do governo italiano telefone a Lula “para fazer serem respeitados a Justiça e o povo italiano”.
Também o presidente da Corte Constitucional da Itália, Giovanni Maria Glick, declarou sua indignação com o argumento do Brasil para conceder refúgio político a Battisti. “Segundo informou a Agência Ansa, o presidente da Corte italiana disse que “é desconcertante que a Itália possa ser considerada um País onde haja perseguições políticas”, acrescentando não saber “se algumas decisões tipicamente políticas sobre extradições são fruto da falta de conhecimento da Constituição italiana ou puramente escolhas políticas”.
Antes já haviam se manifestado o presidente da Nação, Giorgio Napolitano, que em carta endereçada a Lula pediu a revisão do entendimento. Os presidentes do Senado e da Câmara dos Deputados também tomaram posição. Outra ação que demonstra a indisposição italiana, embora com ela nem todos concordem, foi a convocação do embaixador da Itália no Brasil, Michele Valensise, para consultas. O vice-presidente da bancada governista na Câmara dos Deputados italiana, Italo Bocchino, declarou que “Battisti é um criminoso comum e não um refugiado político”. Na última terça-feira, os expoentes políticos no Parlamento italiano manifestaram apoio total à convocação de Valensise.
O deputado Fábio Porta, eleito pela circunscrição exterior na América Latina entende, conforme comunicado datado de 27.01, como “grave a decisão do procurador geral Antonio Fernando de Souza sobre o caso Battisti”. Para ele, que discorda, entretanto, da convocação de Valensise, o governo brasileiro errou no “politizar” o caso, concedendo a Battisti o estatus de refugiado”. O mesmo procurador, anteriormente, tinha dado parecer favorável à extradição. O Conare – Comitê Nacional para Refugiados também tinha emitido parecer pela extradição do italiano.
Embora o presidente Lula, pessoalmente, tenha solicitado seus auxiliares para “esfriar o caso Battisti”, a animosidade parece crescer também no Brasil. Até o protesto que um grupo denominado “Brava Gente” havia programado diante do Consulado Italiano de São Paulo para reclamar contra as chamadas “filas da cidadania” foi adiado. Num debate com o deputado Fabio Porta através das ondas radiofônicas da CBN, o senador José Nery (Psol-PA) chegou a falar em “atitudes colonialistas inaceitáveis”, ao defender a soberania nacional brasileira no entendimento segundo o qual Cesare Battisti – que nega categoricamente ter cometido algum crime – merece o asilo político. Em 2007, quando Battisti foi preso no Brasil depois de estar foragido da justiça francesa, o governo italiano, então comandado por Romano Prodi, comemorou o fato, cumprimentando as polícias francesa, italiana e Brasileira. Na oportunidade, também a França pediu a extradição do ex-guerrilheiro mas, conforme se esclareceu na oportunidade, o pedido da Itália teria precedência sobre o francês. Embora a decisão do Ministro da Justiça, Tarso Genro, seja defendida por muitos como o ponto final na questão, o caso vai ao pleno do Supremo Tribunal Federal, provavelmente depois do dia 2 de fevereiro. É para lá que as ações do governo italiano estão agora sendo dirigidas
Abaixo transcrevemos uma carta de Adriano Sabbadin (46 anos, filho de Lino Sabbadin, barbaramente assassinado em 1979 por um comando terroristya dos PAC – Proletários Armados pelo Comunismo do qual fazia parte Cesare Battisti, publicada em 15 de janeiro pelo jornal “Corriere del Veneto”:
VI RACCONTO IO CHE E’ QUELL’ASSASSINO
Mi chiamo Adriano Sabbadin, abito in un paesino della provincia di Venezia, in Italia, e vi scrivo, scrivo a tutti i brasiliani perché oggi mi sono sentito veramente, profondamente ferito dalla decisione del vostro ministro della Giustizia di considerare Cesare Battisti un rifugiato politico. Trent’anni fa Battisti ha ucciso mio padre. Non voglio vendetta, ma da allora aspetto giustizia e non l’ho mai avuta. Battisti è stato condannato a quattro ergastoli per quattro efferati omicidi. Dopo un solo anno di galera, è avaso e si è rifugiato prima a Puerto Escondido, poi in Francia – dove ha ritrovato una celebrità come giallista – e ora in Brasile. E allora, perché possiate capire come mi sento, e decidere, in piena consapevolezza, se Battisti è stato condannato in processi di carattere politico, o se è un criminale, vi racconto, più semplicemente possibile, chi è. Cesare Battisti inizia a fare politica in carcere, dove – detenuto per reati comuni – conosce un terrorista di una formazione di estrema sinistra, Arrigo Cavallina . (…) La prima vittima dei Pac è Antonio Santoro, un maresciallo degli agenti di custodia di Udine. Battisti gli spara di prima mattina, quando esce di casa, il 6 giugno del 1978. Tre colpi alle spalle. Di rientro dall’azione descriverà eccitato alla sua ragazza “l’effetto che fa vedere sgorgare il sangue”. Dopo una serie di rapine e ferimenti, il gruppo decide di puntare sugli “agenti della controrivoluzione”, cioè negozianti che abbiano reagito a tentativi di rapine della mala comune. Si pensa a ferirli, inizialmente. Ma la volontà di mostrare la propria forza rispetto ad altri gruppi di terroristi di sinistra convince i Pac che c’è necessità di far vedere che si è capaci di uccidere. A Milano viene individuato l’orefice Pierluigi Torregiani, che poco prima ha reagito ad una rapina nella pizzeria in cui stava cenando: nella sparatoria morirono un cliente e un rapinatore. Nel Veneto viene indicato mio padre, Lino Sabbadin, che il 16 dicembre 1978 aveva reagito ad un colpo nella sua macelleria uccidendo un rapinatore. (…) Il giorno fissato era il 16 febbraio 1979. A Milano un gruppo di fuoco dei Pac uccise Torregiani, e ferì il figlio Alberto che era con lui. Da allora vive paralizzato in una sedia a rotelle. Qualche anno fa ha pubblicato un libro con la sua storia. Si intitola “Ero in guerra e non lo sapevo”. Nella nostra macelleria arrivavano alle 16.30. Mio padre, aiutato da mia madre, stava servendo alcuni clienti. Io ero al telefono nel retrobottega e all’improvviso sentii dei colpi di pistola rimbombanti nelle orecchie. Scappai di sopra, dove abitavamo. Dopo pochi, lunghissimi istanti vidi degli uomini allontanarsi di corsa in macchina. Quando entrai nel negozio vidi mia madre, con il grembiule bianco tutto insanguinato e mio padre era a terra, in una pozza di sangue. Chiusi le saracinesche, poco dopo arrivò l’ambulanza, ma non c’era più nulla da fare. Ai processi, dalle perizie e dalle testimonianze di un perito, emerse che Battisti sparò a mio padre i colpi di grazia quando era già stato colpito ed era a terra. Lo crivellò senza pietà. E’ stato condannato per quattro omicidi: mio padre, il gioielliere Torregiani, il direttore delle guardie carcecarie di Udine Antonio Santoro e il poliziotto milanese Andrea Campagna, per tre ferimenti e per numerose rapine e reati minori. Il tribunale ha rifiutato di concedergli le attenuanti generiche perché, si legge nella sentenza , “è stato presente nella banda armata sin dall’inizio, ha messo a disposizione dei compagni politici la sua esperienza acquisita nella malavita comune, si è sempre e comunque distinto per la sua determinazione nell’uccidere, non ha esitato neppure per un attimo”. Per tutti questi reati Battisti ha fatto un solo anno di carcere, mentre la mia vita è stata completamente stravolta, mi sono trovato a 17 anni ad avere responsabilità enormi oltre a un vuoto che con gli anni, anziché diminuire, cresce. Il fatto che Battisti sia in prigione o meno non mi restituisce mio padre. Ma non c’è mai pace senza giustizia e la mia famiglia non ha avuto giustizia. Non so, non riesco neppure a capire che cosa possa aver spinto il vostro ministro della Giustizia a ritenere Cesare Battisti un rifugiato politico. Il vostro ministro ha dichiarato che in Italia agiscono apparati illegali di repressione legati alla mafia e alla Cia e che per questo non può concedere l’estradizione: a me sembra folle, oltre che offensivo per la nostra democrazia. Non ho parole per esprimere la rabbia e lo sdegno per quella che a messa sembra solo una crudele presa in giro. Vi chiedo di far appello al vostro presidente per rivedere questa decisione”.