u CURITIBA-PR– Di quanto sono lontani, i nostri supposti leaders, dalla realtá dei fatti e del popolo si può evincere dalle dichiarazoni del presidente del Brasile che ha detto che la recente crisi era solo un’onda che si sarebbe subito infranta sulla spiaggia della forte economia del paese, oppure dalla recente dichiarazione del Papa  che chiede la costruzione di più chiese per la città di Roma, come se quelle innumerevoli che ci sono non bastassero, o forse crede che la crisi si risolverá con preghiere, scongiuri e esorcismi.

PATROCINANDO SUA LEITURA

 

Cambiare le regole dell’assetto finanziario internazionale, impegno degli USA a firmare il Protocollo di Kioto, spegnere incendi, contenere i crack attraverso l’intervento dello Stato, tenere le agenzie di rating sott’occhio,  stabilizzazione, queste alcune delle idee esposte dall’economista  Mario Lettieri nel seminario.

 

Crisi – Destino & Verità,  Seminario organizzato dallo Governo dello Stato del Paraná ha portato nella Capitale Curitiba un fornito gruppo di economisti locali e dalle varie parti del mondo, come Germania, Inghilterra, Russia, Argentina, Messico, Stati Uniti, Venezuela , Argentina e naturalmente Italia con  Paolo Raimondi e Mario Lettieri* di cui pubblichiamo  le dichiarazioni.

Già nel primo giorno  sul  tema Crisi e Sistema Finanziario Mondiale, dopo i conferenzisti José Carlos de Assis (Brasile) e Tom Palley (USA), Mario Lettiri a preso la parola dicendo –  Bisogna cogliere questa occasione per cambiare nel profonto l’assetto  attuale, il mio presidente degli USA   Barak Obama, al quale voglio rivolgere i nostri auguri perché avrà molto da lavorare, parla di un nuovo modello di sviluppo, di una nuova civiltà e naturalmente si può essere d’accordo nella misura in cui questo non riguarda solo gli USA, cosa del resto impossibile, ormai tutto si tiene, il mondo volendo o nolendo, è unico.

Sarebbe sbagliato comunque se una volta superata la crisi, che a mio avviso sarà di non breve durata. Se si tornasse allo stato quo antes, e qui il governatore Roberto Requião ha  posto un esplicito riferimento al gattopardo, per dire che non vorremmo che tutto cambi per non cambiare niente, ecco perché ritengo che bisogna sconvincere  i vari gattopardiani che vi sono nei vari paesi, a livello politico sicuramente. Sono un politico più che un economista, so bene che vi sono esigenze di consenso immediato, per cui non si ha quella visione comune, quella grande strategia d’assetto, non solo nel proprio paese, ma tra i vari paesi, sarebbe quindi sbagliato  se si tornasse alla stato anteriore, con un assetto  mondiale squilibrato ed ingiusto che oltre  a produrre larghe fascie di povertà, continua a distruggere risorse ambientali e generare focolai di guerra, che sono il frutto di un sistema profondamente iniquo, perché quando qualcuno consuma più di quanto produce deve trovare il modo di far pagare ad altri il costo del consumo  eccessivo.

La crisi di cui stiamo parlando, come uno tsunami ha investito i mercati finanziari, nessuno è in grado di quantificarne la portata, ma gli effetti devastanti sull’economia reale, sulla  occupazione, sulle imprese, sui redditi delle famiglie e sulla qualità della vita sono già pesanti e diffusi.

La speculazione  finanziaria  è stata selvaggia, ha ignorato completamente quelle che erano le esigenze del mondo produttivo, dei servizi,  della ricerca e anche quelli abbinati alla salute dell’uomo, c’era tanto da fare e invece si è speculato su tutto.

Nel finale del 2007 il montante dei contratti di securitizzazione dei depositi ammontavano a 600 miliardi di dollari. La mancanza di fiducia sulle capacità di onorare questi strumenti di debito assieme alla crisi nel mercato ipotecario che generarono lo scoppio  della liquidità degli attivi globali (prezzo degli immobili, azioni, commodities) ha causato il capitombolo. Il totale di devalutazione del totale delle Borse mondiali sommano 31 miliardi di dollari o 2 volte il PIL americano.

Dati che devono farci riflettere, ogni governante è responsabile e gli stessi economisti preoccupati  di far in modo che i loro studi vengano acquisiti  nei dati reali e veritieri  da chi ha responsabilità di governo. Questo incontro ci sta consentendo un libero confronto con posizioni diverse come giustamente deve essere in un paese libero  e democratico – afferma.

Probabilmente dell’ultimo decennio  si sarebbe potuto intervenire se si fosse dato ascolto a quei pochi  studiosi e economisti che  denunciavano il rischio di una crisi sistemica del mercato finanziario globale, dopo il crack della Parmalat che determinò un buco di 14 miliardi di Euro,  Enron, Bond argentini,  Fondi americani ed altri, dall’insieme di quelle vicende emergevano già i segnali di una crisi profonda del sistema bancario e finanziario, di una crisi che superava i circuiti delle Borse e toccavano profondamente il mondo della produzione, della vita reale dei cittadini, i loro risparmi ed il loro lavoro. Nel dibattito parlamentare che io proposi al tempo, emersero con nettezza relativamente al crack Parmalat le responsabilità  del sistema bancario, oltre che dei manager, tutti ben pagati con le Stock Options, dei consulenti e delle Agenzie di Rating, spesso certificatrici di dati non veritieri, si comprese come gli effetti del default di una singola società multinazionale  o di uno Stato come l’Argentina, erano tali da richiedere regole e controlli comuni, non a livello di singolo paese ma a livello internazionale, quindi non è l’Italia o l’Europa da sole  che possono garantire grande trasparenza ed efficacia nel controllo ai mercati.

Occorrono regole condivise ed efficaci – prosegue –  per le operazioni finanziarie  che oggi scavalcano i confini nazionali , che inquinano le economie reali, impoveriscono o vari paesi di volta in volta spostando capitali e che spesso violano il principio di legalità  ricorrendo ai paradisi fiscali, utilizzando e reciclando risorse provenienti da attività illecite, promuovendo la corruzione, penalizzando gli operatori onesti.

Mi auguro che il Brasile per il ruolo che ha nel Mercosud e nel G20, possa svolgere una funzione importante tanto quanto l’Europa, occore però avere la consapevolezza che i problemi posti dall’attuale crisi, aldilà delle misure  urgenziali adottate dagli USA, Europa, Cina, che hanno immesso centinaia di miliardi, intervenendo a sostegno delle banche ma  c’è bisogno di un approccio multidisciplinare che guardi non  solo alla finanza ma alla produzione, alla cooperazione, alla sicurezza  e ai diritti dei popoli, la risposta quindi non può essere il protezionismo, bisognerà prendere atto anche dei limiti delle attuali istituzioni internazionali  a partire dal Fondo Monetario Internazionale, Banco Mondiale, Organizzazione del Commercio Mondiale.

Non possiamo riportarci alla situazione preesistente, bisogna uscire con soluzioni nuove, con regole nuove,  con istituzioni rinnovate che dovrebbero indirizzare le proprie attività certamente alla stabilità e alla trasparenza dei mercati, ma dovrebbero finalizzare le loro attività soprarattutto alla crescita economica  e allo sviluppo compatibile.

Abbiamo appreso che il presidente Barak Obama ha deciso di sottoscrivere il Protocollo di Kioto, dobbiamo spingere perché questo accada e si rispettino i parametri dello sviluppo eco-compatibile.

Il debito americano che qualche anno fa era di 5.700 miliardi di U$ è passato in pochi anni  a 10.600 miliardi di U$, ciò vuol dire che questo indebitamento eccessivo, questa crescita storica del debito pubblico non può essere ulteriormente scaricato sulle economie degli altri paesi, né sulle future generazioni.

Resta il problema dei debiti pubblici dei vari paesi, fatto che riguarda molto l’Italia che ha il 3° debito più grande  nel mondo e noi in maniera scellerata non possiamo continuare ad indebitarci, lasciando questo passivo ai nostri figli e nipoti, bisogna porre un argine, gli Stati devono porre un limite alla eccessiva  finanzializzazione brutale, allo stesso tempo porre ordine  nei loro conti pubblici è un dovere.

Il credito e la finanza come si ipotizzò  nel 1944  a Bretton Woods, è stato anche qui puntualmente richiamata,  doveva dare sostegno all’economia reale, non penalizzarla, noi non siamo contro il credito e la finanza, siamo contro la finanza distorta, efferata, il credito è necessario per sostenere l’economia reale,  non le bolle speculative che rendono quell’economia penalizzata. Bisogna quindi ritornare  all’attenzione dello spirito di crescita che stava alla base del sistema sorto a Bretton Woods, che avrebbe dovuto portare al superamento del colonialismo, debellare la miseria e il sottosviluppo.

Moltissimo è stato fatto anche se in maniera distorta, certo il benessere di molti popoli è sicuramente aumentato, ma a distanza di 60 anni la Bretton Woods  purtroppo  non ha evitato che in molte parti del  pianeta  vi sia ancora miseria, epidemie e guerre.

Nessuno di noi mette in discussione il libero mercato, dico che ci vuole più mercato e più cultura del mercato, ma anche più Stato, più intervento pubblico, non possiamo accettare la cosidetta economia di carta o quella elettronica, che continua a penalizzare l’economia reale. Gli sconvolgimenti e gli squilibri che vi sono  nella finanza mondiale rendono  urgenti le misure  necessarie anche al sostegno ai redditi più bassi, alle pensioni minime per sostenere i consumi, perché con il crollo dei consumi interni si profila una tragedia per le famiglie, senza questi consumi non vi sarà una spinta alla ripresa della produzione e dell’impiego.

Mi auguro che si avvii una profonda  riflessione critica, perché occore definire regole nuove per  il sistema monetario e finanziario, ma anche per il commercio e per l’ambiente. In quella sede il Mercosud, l’Europa, la Russia, la Cina, nel convergere su un nuovo orizzonte del sistema, non possono non tenere conto rispetto al dollaro,  che nuove monete come l’Euro,  hanno una stabilità diciamo più certa, e che nell’ultimo decennio nuovi paesi sono emersi con forza sulla scena modiale e hanno determinato anche situazioni di crisi, perché con la divisione internazionale del mercato del lavoro, la Cina ha invaso con i propri prodotti l’intero mondo  e quei prodotti a basso costo hanno messo fuori mercato una serie  di attività che prima  venivano svolte nei singoli paesi.

La realtà di oggi non è più fondata sulla proeminenza di un solo paese, oggi vi è l’aproccio  multipolare, al centro delle scelte che saranno fatte occorre mettere non i banchieri e i finanzieri, che spesso sono senza vincoli e senza preoccupazioni né nazionali, né sociali, occorre mettere al centro l’uomo, il suo ingegno, le sue attività, i suoi diritti, se così sarà il nuovo New Deal che riteniamo necessario potrà attuarsi per l’oggi e per il domani per l’intera umanità.

 

Le ultime  notizie locali sono che il presidente  Roger Agnelli, del secondo maggiore conglomerato minerario  al mondo la Vale do Rio Doce, ha chiesto la flessibilizzazione delle Leggi che regolano il lavoro in Brasile, questo vuol dire licenziamenti, ferie forzate, accordi di pensione e cosí via. Il crack della Medoff con un buco di 50 miliardi di dollari  rafforza il sistema dominó che si è stabilito sui mercati.

L’aiuto alle banche con  dollari ed euro a pioggia, sta salvando solo le banche che trattengono anche i valori destinati al mercato del lavoro. Chi sarà il prossimo?

* Mario Lettieri – Laureato in lingue e letterature straniere, docente in numerosi istituti tecnici per ragionieri. Nella regione Basilicata è stato Presidente della Commissione Bilancio e Programmazione e Vice Presidente del Consiglio Regionale. Eletto alla Camera nel 2001, nella XIV legislatura ha fatto parte della commissione Finanze di cui è stato anche segretario. Dal   18 maggio del 2006 ha  fatto parte del secondo governo Prodi in qualità di sottosegretario all’Economia.