Casa d'Italia em Juiz de Fora. (Foto Divulgação/Insieme)

“IlConsole d’Italia a Belo Horizonte, Dario Savarese, non rilascia interviste e non ha commenti da fare, trattandosi di questione giuridico-amministrativa ove il Consolato sta eseguendo istruzioni ministeriali”. Questa è stata la risposta, tramite il servizio di segreteria, data alla domanda sul motivo dell’ordine di sfratto e la decisione di mettere in vendita l’immobile della “Casa d’Italia” di Juiz de Fora, presa senza previo avviso o conversazione diretta con le entità che lo occupano e che è stato dato loro il termine di 30 giorni per consegnare le chiavi.

Dopo la pubblicazione di Insieme, il più assoluto silenzio è calato sull’argomento, incluso dallo stesso senatore Ricardo Merlo, sottosegretario degli italiani all’estero della Farnesina. Invitato a pronunciarsi sull’argomento direttamente, non ha nemmeno manifestato di aver ricevuto la domanda al suo numero whatsapp, che di regola è sempre disponibile.

PATROCINANDO SUA LEITURA

La “Casa d’Italia” di Juíz de Fora è una delle poche superstiti del periodo pre-Seconda Guerra Mondiale, quando ce ne erano circa 40 in tutto il Brasile. Costruita nel periodo del fascismo e, come tanti altri immobili appartenenti alla comunità italiana in ogni città, venne anche confiscata dal governo brasiliano. Solo nove anni dopo la comunità ne tornò in possesso. Vi funzionano vari corsi ed attività collegate direttamente e non alla comunità italiana. L’edificio è una pietra miliare della città, ufficialmente interamente dichiarato patrimonio.

Per la sua costruzione, comunque, poco ha contribuito il governo italiano dell’epoca (solo 50 Contos de Réis, oltre alla scritta in facciata). La grande quantità delle risorse era stata ottenuta grazie a donazioni dei cittadini italiani, emozionati dall’idea di costruire e mantenere un luogo per le loro attività sociali e culturali. Ci sono state anche persone che impegnarono gioielli per raccogliere soldi da donare. Come testimoniano le deposizioni dell’epoca, la decisione di registrare l’immobile in nome del governo italiano era stata presa come garanzia contro eventuali decisioni future che potessero far correre il rischio di far cambiare destinazione al progetto iniziale. “Che ironia”, dice il presidente della casa, avvocato Paulo José Monteiro de Barros, “ora è il governo che vuole porre fine alla nostra storia”.

Il fatto, reso pubblico all’inizio della serata tramite Insieme, si sta rimbalzando sui social network: “Così, oltre ad un governo che vuol porre fine con tutto ciò che è Cultura, abbiamo anche un console che fa cose come questa”, ha fatto notare l’internauta Luiz Guto de Paula. Domenico Italiano ha già scritto: “Che cosa passa per la testa di questo signore? Porre fine ad una delle più attive case di cultura italiana di Minas Gerais? La Casa d’italia ha squadra e campo di bocce attivi, gruppo di danza folcloristica con 20 anni di tradizione, corso di lingua italiana con oltre 60 anni di tradizione. Ciò è assurdo!”

“Assurdo, deludente! Il governo italiano, invece di lottare a favore della cultura vi sta andando contro, letteralmente vendendo la nostra storia!”, ha detto Paula M. Frizero Shaeffer, mentre Marcia Previdello insiste: “Che assurdità! Un affronto! Spero con il cuore che voi italiani di Juiz de Fora impedirete ciò”

Gabriel Meneghelli è andato oltre: “È assurdo quello che il Console Dario Savarese sta facendo. Una vera vergogna! Più che un immobile vuole annientare una delle più importanti eredità di affetto, storia e cultura che abbiamo. La Casa d’Italia, a Juiz de Fora, è un orgoglio per tutti gli italo-brasiliani! La Casa d’Italia non è del governo italiano e nemmeno del Console Savarese. Sono stati i nostri avi che, con molto impegno e sudore, hanno costruito questa icone dell’italianità a Juiz de Fora. La Casa d’Italia è nostra!”

Da parte dei cinque Comites – ‘Comitato degli Italiani all’Estero’, l’unico a parlare fino ad ora è stato il consigliere del Comites PR/SC, avvocato Elton Diego Stolf: “Sono solidale con gli amici italiani di Juiz de Fora. Rispetto ed empatia per la comunità non è chiedere troppo. Il Comites ed i leader della comunità italiana non hanno nulla da dire? Cosa stanno facendo per aiutare l’entità?”