CURITIBA – PR – “O eventual fechamento do Consulado italiano em Recife seria um ato grave e incompreensível, um gesto insensato e, diria, quase masoquista”. Assim o deputado Fábio Porta, eleito para o Parlamento Italiano pela Circunscrição do Exterior, área da América do Sul, reagiu em comunicado distribuído hoje (29.11.2013) às notícias sobre a proposta do governo italiano de fechamento de diversos consulados em todo o mundo, entre eles um do Brasil, dois da Argentina, um da Venezuela e o único do Uruguai.

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Em recife – observou Porta – dentro em breve será inaugurada a maior fábrica do mundo de “uma empresa nossa”, a Fiat. “Nosso país – disse ele – tem necessidade de uma política capaz de planejar estratégias de médio e longo prazos, e não apenas de recursos. Não é possível que, há poucos anos da aprovação do Plano Estratégico ‘Itália 2020’, que previa o reforço da rede diplomático-consular da Itália na América Latina se pense fechar alguns importantes consulados daquela área”.

A área em vermelho forma a jurisdição atual do Consulado Italiano no Recife (Arte Desiderio Peron / Revista Insieme)

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O comunicado do deputado Fabio Porta, em italiano, está transcrito abaixo, na íntegra:

ON. PORTA: “NO ALLA CHIUSURA DEGLI UFFICI CONSOLARI IN SUDAMERICA”

Grave e incomprensibile la ventilata chiusura di Recife e Maracaibo; garantire i servizi e tutelare i cittadini di Montevideo, Moron e Lomas de Zamora. Reperire nuove risorse destinando le entrate dei consolati ai servizi e prevedendo un contributo specifico per ogni pratica amministrativa

L’On. Fabio Porta, parlamentare eletto in America Meridionale, dopo essere intervenuto nella giornata conclusiva dell’Assemblea del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, ha dichiarato:

“Il nostro Paese ha bisogno di una politica capace di pianificare strategie di medio e lungo termine, e non solo di risorse. Non è possibile che, a pochi anni dall’approvazione del Piano strategico ‘Italia 2020’, che prevedeva il rafforzamento della rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri in America Latina oggi – a poche settimane dalla prossima Conferenza Italia-America Latina – si pensi di chiudere alcuni importanti consolati di quell’area”

“L’eventuale chiusura del Consolato italiano di Recife sarebbe un atto grave e incomprensibile, un gesto insensato e direi quasi masochista.  A Recife sarà inaugurata tra poco la più grande fabbrica italiana al mondo, grazie al più grande investimento fatto all’estero da una nostra impresa: la Fiat.  Il Consolato ha nel suo territorio ben sette Stati brasiliani, nella regione del Paese a più alto tasso di crescita e che più di altre ha ricevuto in questi anni il flusso della nuova emigrazione italiana; a riprova di ciò l’apertura pochi mesi fa di una nuova rotta di voli Alitalia da Roma a Fortaleza.”

“Nessuna collettività come quella italiana in Venezuela sta vivendo anni di difficoltà e disagi, anche a causa del grave fenomeno dei sequestri e dalla crescente insicurezza; anche nel caso di Maracaibo siamo a  migliaia di chilometri di distanza dalla capitale e in presenza di grandi opportunità di investimento nel settore energetico.”

“Da anni insisto per un potenziamento del Consolato di Montevideo, dove vive una collettività di oltre centomila italiani (una delle più grandi al mondo): a questa collettività l’Italia deve continuare a garantire servizi adeguati ed efficienti, senza nessuna penalizzazione ulteriore”

“Infine i casi delle agenzie consolari di Moron e Lomas de Zamora, la cui chiusura riverserebbe sul Consolato di Buenos Aires un carico di lavoro eccessivo, dovuto ai quasi centomila italiani serviti dalle stesse; anche in questo caso vanno mantenuti i servizi in loco, onde evitare disagi per i connazionali e un conseguente intasamento del Consolato Generale”

“Per ovviare a tale situazione occorre però intervenire subito sul fronte delle risorse, a partire dalla destinazione ai Consolati di riferimento delle ‘percezioni consolari’ e da una parallela introduzione di contributi specifici per tutti i tipi di pratiche e di domande ai nostri uffici; intervenire su questo fronte equivarrebbe ad una immediata soluzione del problema, trasformando le nostre grandi collettività nell’elemento essenziale e risolutivo di questa annosa questione.”

Roma, 29 novembre 2013. Ufficio Stampa On. Fabio Porta”.

 A seguir um resumo publicado pela Agência Aise dos debates ocorridos na Plenária do CGIE dia 29.11.2013

PLENARIA CGIE/ CONSOLATI: L’INTERVENTO DEI CONSIGLIERI E LA REPLICA DELL’AMBASCIATORE BELLONI/ SPERANZE PER DURBAN

Venerdì 29 Novembre 2013 17:31

ROMA aise – Un lunghissimo dibattito ha fatto seguito all’intervento con cui il Direttore Generale Elisabetta Belloni (Dgri) ha confermato al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero che da qui al 2015 chiuderanno altre 20 (più o meno) sedi diplomatico-consolari.

Posto che il compito del Cgie è fornire – in un parere – indicazioni e suggerimenti, i consiglieri sono intervenuti al dibattito sia per sottolineare le peculiarità delle sedi “in pericolo”, che per proporre soluzioni alternative.

Petruzziello

(Brasile) si è chiesto perché, se la motivazione della chiusura è economica, Recife è nella lista. “Il Consolato è piccolo ma ha un territorio che comprende 9 stati brasiliani per un territorio 5 volte l’Italia e la Fiat ha appena aperto una sua fabbrica”. Oltre ai turisti, “nella regione ci sono i 2/3 degli italiani detenuti in Brasile. Il consolato americano nella regione ha 101 dipendenti!”.

Mangione

(Usa) ha ricordato che “nessuna legge, eccetto il Decalogo, è scritta sulla pietra quindi il Parlamento può modificare queste tagliole. Chiudiamo sedi nel territori più consolidati: Edmonton e Durban, poi Newark Brisbane e ora Detroit, che con la Fiat è passata da 6mila a 17mila connazionali. Usa, Australia e Canada non sono molto generosi col partner che gli strappa il tappeto da sotto i piedi, soprattutto se quel partner cerca di strappare contratti vantaggiosi, come Saipem in Canada”.

De Martino

(Venezuela) si è detto “perplesso perché dite che chiudete a vantaggio dei mercati emergenti. In Venezuela Maracaibo significa petrolio, Eni e ferrovie”. Senza dimenticare il dramma dei sequestri e che “il Venezuela è uno stato federale”.

Senatore del Pd eletto in Nord America, Renato Turano si è “preoccupato moltissimo” a sentire l’intervento di Belloni: “noi cerchiamo di dare servizi ai connazionali con le risorse che abbiamo, e possiamo farlo solo se ci mettiamo insieme. Siamo sulla stessa barca? Allora remiamo insieme: noi abbiamo cercato di farlo”. Se “sono emersi dei dubbi è perché l’Amministrazione non è stata trasparente. Io sono stato imprenditore per 51 anni e so cosa significa avere fondi o no e dove si deve cominciare a tagliare se non li si ha. Il problema è che al Mae alcune cose vengono imposte, e può anche essere giusto, ma servirebbe una buona spiegazione a corredo”.

Preoccupata anche Filomena Narducci (Uruguay) per tutto il Sud America dove “la rete consolare è già deficitaria”. In Uruguay è previsto il declassamento di Montevideo, dove gli italiani sono 120mila. “Approfondite la situazione locale prima di chiudere. Siamo d’accordo su trasferimento della sede del Consolato in quella dell’Ambasciata che è sede demaniale”.

Lodetti

(Inas) è intervenuto per “sollecitare ancora una volta l’apertura vera del Mae verso i patronati che sono istituzionalmente preposti ad erogare servizi, sono riconosciuti dalla Corte Costituzionale e controllati dal Ministero del lavoro. Lavoriamo con protocolli veri, reali, con le amministrazioni locali. È ora di dare applicazione all’articolo 11 della legge 152. Non è più derogabile”.

Per il deputato Pd Fabio Porta “più che la mancanza di risorse manca la capacità di fare sistema. Pensiamo a come affrontare il problema delle risorse, e invertire l’equazione per cui a grandi collettività corrispondono grandi problemi. Interveniamo in Parlamento per dire che le percezioni consolari vadano al Mae e non al Mef. Introduciamo contributi sul riconoscimento della cittadinanza, usiamo i patronati. Serve coraggio, altruismo e fantasia, come scriveva De Gregori”, ha concluso annunciando la convocazione del Comitato della Camera la prossima settimana.

Secondo Capaldi la Francia “già falcidiata” nel passato – proprio oggi chiude ufficialmente Tolosa – si dovrebbe prestare “maggiore attenzione”.

Per Mariano Gazzola (Argentina) è “un errore difendere ciascuno il suo: ci chiedono di dare un parere su un piano, senza darci tutti i dati perché è chiaro che non è la stessa cosa chiudere un consolato o uno sportello consolare. e poi qualcosa non mi torna: si parla di mercati emergenti e poi nella lista c’è tutto il Sud America! Venezuela, Argentina, Brasile ed Uruguay non vengono considerati mercati emergenti?”. Quanto ai contrattisti, Gazzola ha detto all’Ambasciatore Belloni che “in Argentina fanno un ottimo lavoro, lo stesso se non di più de dipendenti di ruolo”.

Riferendosi alle precisazioni del Direttore Belloni sull’Ise, Conte (Germania) ha invitato l’Amministrazione ad “essere trasparente, mettendo online i vostri stipendi”, facendosi rispondere dal Belloni con un “già lo facciamo”. Il punto, però, per il consigliere del Cgie è che le informazioni sono confuse: “con l’ambasciata italiana a Berlino abbiamo cercato di capire quanto costa un docente di ruolo, dopo 4 mesi abbiamo ancora dei dubbi. Non è così semplice verificare i dati come dice lei”. Per Conte “la colpa è del Ministro, cioè della politica che dirige questo Ministero. Con Bonino vorrei discutere dei tagli. Perché non possiamo avere il quadro preciso dei risparmi? Per il nostro parere sarebbe opportuno averlo. Continuiamo a dirvi: chiudete tutti i consolati in Europa, a noi servono i servizi. La legge dice risparmiare non tagliare”.

Senatore Pd eletto in Australia, Giacobbe ha sostenuto la necessità di discutere su tre cose: “quali criteri usate per decidere dove chiudere; una analisi finanziaria dettagliata; servizi alternativi”.

A Belloni che, a inizio seduta ha informato il Cgie dell’amarezza con cui ha letto alcune dichiarazioni, Schiavone (Svizzera) ha ricordato che anche lui era parecchio arrabbiato a giugno scorso quando, “dopo cinque giorni alla Farnesina, solo tornato a casa ho scoperto dalla stampa che si chiudevano 13 sedi consolari. Mi sono sentito profondamente umiliato. Allora la moralità dove sta? L’educazione e il buon senso dove vige? Noi siamo da sempre disponibili a fare proposte: il Cgie da tempo sottolinea che alla modernizzazione del Paese debba corrispondere la modernizzazione della Pubblica Amministrazione nel mondo. E ricordiamoci che se vengono meno i consolati anche i Comites sono messi in discussione e il giocattolo implode”.

Papandrea

(Australia) ha ricordato che “quando il Mae ha deciso di chiudere Brisbane e Adelaide non ha interpellato nessuno. Ci sono alternative migliori del funzionario itinerante; noi abbiamo delle proposte che volentieri approfondiremmo, ma solo se ha un senso, una utilità vera”.

Dubbioso

anche Casagrande (Australia): “siamo stati due anni a discutere e a fare proposte sulle 13 sedi che ora chiuderanno lo stesso e non abbiamo avuto mai una risposta dal Mae. Questo ci dispiace. Qua non c’è colloquio: noi diciamo e nessuno risponde. C’è solo l’imposizione”.

Della Nebbia

(Usa) ha annunciato che non voterà il parere del Cgie: “mi asterrò dal voto perché sono ignorante, nel senso che ignoro i dati, visto che non ce li hanno dati. La legge serve a proteggere i deboli non per punirli. Noi siamo persone serie e volgiamo dare un parere serio, ma ci servono i dati. Se il Mae è “amico” allora formiamo dei comitati nazionali con ambasciatore, console, Cgie e Comites: insieme esamineremmo i dati del Mae. Così avrebbe senso”.

Pinto

(Argentina) ha spiegato a Belloni che “pensare di dirottare i connazionali dalle agenzie consolari di Moron e Lomas de Zamora a Buenos Aires è una pazzia. Giù da anni sono oberati di lavoro”. Pinto ha poi ricordato che “l’allora ministro Terzi nel dicembre 2012 disse che per 3 anni l’Argentina sarebbe stata fuori dai piani di chiusura”.

Per Arona (Argentina) “sarebbe bene riflettere sulle proposte dei parlamentari e dei consiglieri sulle chiusure in Europa”, mentre Nardelli (Argentina) ha ricordato che “tagliare a volte non significa risparmio. Noi ci sentiamo su una barca che naviga a vista. Dateci almeno una previsione a medio termine, così che noi possiamo dare un parere motivato, senza ingaggiare una guerra tra poveri”.

Per Nardi (Svizzera) la rete consolare in Svizzera “si sta sciogliendo come i ghiacciai”. Quanto a Panorama e agli stipendi dei diplomatici, “resta il fatto che il costo dei funzionari Mae al’estero sono fuori mercato rispetto ai paesi dove viviamo noi. Speriamo che Cottarelli corregga anche queste storture”.

Secondo Consiglio (Canada) “visto che le chiusure rappresentano un danno grave e irreparabile per le comunità e considerato che l’Italia è il “paese delle tasse” si potrebbe istituire una tassa di 50cent sui servizi consolari da destinare esclusivamente al sovvenzionamento delle sedi”.

Per Losi (Gran Bretagna) bisogna “il Mae dovrebbe cercare aiuto fuori dalla sua struttura, in primis presso i patronati”, mentre per Neri “va fatta una considerazione complessiva su quello che produce il Sistema Italia nel mondo” prima di ogni altra cosa.

A preoccupare Carozza il fatto che nella lista ci siano anche gli sportelli consolari: “toccarli dovrebbe essere l’ultima operazione da fare, perché si risparmia poco, o molto poco, ma si va a toccare la ferita aperta dei servizi”.

A tutti ha l’Ambasciatore Belloni ha risposto nella sua replica: “terremo conto di quello che avete detto. Spero che nel vostro parere ci diate qualche indicazione pratica da mettere nelle osservazioni che stiamo raccogliendo. Grazie a chi ha compreso il senso di questo esercizio e ha indicato criticità specifiche”.

“Nessuno di voi ha parlato del numero delle sedi quando è quello che la legge ci chiede di fare: chiudere una percentuale precisissima delle strutture. Non abbiamo molti margini con la matematica: se non tocco uno sportello, tocco un consolato, rendetevene conto. Il Mae oggi ha 319 strutture, dobbiamo tagliarne 33. deve essere chiaro che io devo arrivare a 33. Magari potessimo fare come a Montevideo: è un trasferimento di sede che di fatto non cambia nulla. Così come è “finta” la chiusura di Reykyavik che in realtà non ha mai aperto perché non avevamo soldi. In tutti gli altri casi sarà chiusura vera”.

A Gazzola, Belloni ha risposto che non ha nulla contro i contrattisti: “come Direttore generale per me il personale è uno, ma cambiano le sue funzioni. Nessuno può contrastare che un contrattista non può fare l’ambasciatore. Rispettiamo le funzioni di ciascuna categoria. Nessuno dice che i contrattisti sono stati gli unici ad avere aumento di stipendio nonostante la spending review. Dunque non accetto accuse di discriminazioni”.

Sulla trasparenza dei dati sulle retribuzioni del Mae, Belloni ha concesso che si può fare di più per renderle comprensibili. “Presto proporremo in Parlamento, la revisione di questo sistema che renda chiare queste voci. I dati sono pubblici e non abbiamo niente da nascondere: i dati di “Panorama” sono distorti”.

Al senatore Giacobbe che chiedeva dei criteri, Belloni ha risposto che l’approccio è giusto, ma che alla fine “rimane il vincolo del numero. Secondo la legge il risparmio può essere anche di 100mila euro, ma dal numero di sedi da chiudere non mi posso spostare”.

I dati sui risparmi il Direttore generale li avrà solo a lista confermata. Dopo di che si può parlare – con più calma e elasticità – dei servizi consolari alternativi.

A Conte che ha chiamato il causa il Ministro Bonino, “che comunque non ha nessun bisogno di essere difesa”, Belloni ha ricordato che “stiamo applicando leggi pregresse, tutti fanno sacrifici, e il Ministro si è battuta per salvare la funzionalità di alcuni capitoli”.

È successo per la legge di stabilità: “i 5 milioni aggiuntivi non sono arrivati dall’esterno, ma sono stati presi dal bilancio del Ministero alla tabella A. Bonino è andata in Parlamento, di domenica, per chiedere che questa cifra – inizialmente 15 milioni – non venisse imputata sul capitolo dell’Ise, ma sulla tabella C. Dunque queste “risorse aggiuntive” in realtà vengono dal Ministero. Se si continua ad imputare decurtazioni sul capitolo dell’Ise significherà mandare meno personale all’estero. La coperta non si può tirare da troppe parti”.

Sulla “visione di insieme” evocata da Neri, Belloni è più che d’accordo. “il Ministero all’estero produce tantissimo per le casse dello stato, 94milioni di euro solo dai visti, che vanno al Mef”. Irricevibile la proposta di Consiglio – “non posso proporre anche una tassa!” – Belloni ha aperto uno spiraglio sul destino di Durban, perorato nei giorni scorsi dal consigliere Pinna.

“Ho chiesto all’Amministrazione di riconsiderare la riapertura del Consolato; ne ho parlato con il Segretario Generale che appoggia l’idea, tutto dipenderà dal numero delle sedi che devo chiudere e quelle che potrò aprire. Se ci saranno le condizioni – ha concluso – riapriremo a Durban”. (m.c.aise)