Per essere completo gli mancava appena il monocolo. Difatti usava sempre il “fulard” (ne aveva una collezione) che era più elegante della cravatta plebea, strascicava la erre di forma impeccabile, era specializzato nel baciamano alle signore, al perfetto e protocollare inchino con sottofondo dell’immancabile schioccar di tacchi, e inoltre si dava anche all’ippica. Veramente questo nobile sport aveva dovuto lasciarlo, per una caduta, ahimè da cavallo, che gli aveva squinternato il telaio degli arti inferiori

Aveva, attraverso smorfie e contorsioni facciali, realizzate davanti allo specchio, imparato ad assumere quell’aspetto “blase”, leggermente annoiato, che secondo il suo modo di pensare, donava un’aria di antica nobiltà, di peculiare finezza, appannaggio di chi appartiene per schiatta alla vera e legittima nobiltà di sangue.

PATROCINANDO SUA LEITURA

La mania

Adesso, parlando sempre di schiatta, schiattava sempre di malcelata invidia, tutte le volte che in feste, ricevimenti, o “party”, dove riusciva ad introfularsi, si imbatteva in personaggi che ostentavano una qualsiasi lucente patacca di cavaliere o commendatore.

Aveva messo in moto tutte le sue presunte amicizie e conoscenze, suggerito, implorato, ma non era riuscito a commuovere nessuno affinchè gli fosse concessa l’ambita decorazione .L’idea oramai si era trasformata quasi in una mania. Tutte le domeniche si aggirava frugando negli stand dei venditori di oggetti antichi per vedere se riusciva a scovare la vistosa patacca che assillava i suoi sogni..

Alla fine la trovò .Non da un antiquario, ma tra le carabattole di un rigattiere che esponeva la sua merce in una “kermesse” parrocchiale. Come pezzo era realmente magnifico, vistoso. Un vero e proprio pugno in un occhio. Una gran croce di Malta, smaltata in azzurro, circondata da un serto di alloro dorato, sormontata da una corona ducale con due spade incrociate.

La sorpresa fu così forte che quasi non riuscì, per l’emozione, a spiaccicar parola. Quando riavutosi e riuscì a parlare, la voce gli uscì fioca e tremante. Non osò mercanteggiare. Pagò senza discutere il prezzo richiesto, che non era poi eccessivo, e con la patacca incartata in un foglio spiegazzato di giornale, senza indugi si precipitò verso casa.

Li giunto, dopo aver sbarazzato il suo tesoro dall’indegno involucro, delicatamente lo depositò sul tavolo dove aveva steso un rettangolino di velluto rosso. Rimase assorto, in muta contemplazione, imaginando già l’effetto che avrebbe sicuramente fatto dopo un’accurata ripulitura con il Sidol, sul nero lucente dello “smocking”.

I sogni al galoppo

Già si vedeva circondato da dame e cavalieri, gentiluomini blasoonati, in un risplendente salone feericamente illuminato, cimentandosi in impeccabili inchini e baciamani, un vero e proprio revival dei fasti dei balli degli Asburgo, nel palazzo imperiale Shonbrunn, nella Vienna del Kaiser Francesco Giuseppe. Questa immagine, parto della sua mente accesa, condita dalla nobile presenza di duchi, duchesse e arciduchi, anche se altamente eccitante, non gli parve adeguata al fiero aspetto della sua patacca, che ostentando due spade suggeriva ardire, fiereza, eroismo e gloria, e così cambiò registro.

Dando briglia sciolta alla sua fantasia scatenata, addirittura già si immaginava montato in arcione a un focoso destriero, al comando di uno squadrone di cavalleria, il monocolo ben incastrato nell’orbita, la patacca ben visibile sul petto, la spada sguainata levata in alto, ordinando la carica al grido: “Avanti Savoia…! Gorizia è nostra…!”.

Nei giorni che si seguirono fu um fitto telefonare a manca e a dritta, questo per mettersi al corrente dell’agenda dei party e delle feste, e riuscire così a spigolare un qualsiasi invito. La fortuna questa volta gli fu propizia. Non erano passati nemmeno quattro giorni, ecco che un invito arriva per un party, offerto dal console onorario di uno sperduto Paese africano, meglio sarebbe stato dire “tribù”, che commemorava il primo anniversario dell’ultimo colpo di Stato. Eccitato com’era, nemnmeno gli passó per l’anticamera del cervello l’idea di rifiutare. Infine un Console era sempre un Console, anche se…! Era giunto infine il momento di assaporare in pieno l’elisir inebriante della gloria, con la rilucente onorificenza appuntata sul petto, e solo questa prospettiva riempiva il suo animo di ebbrezza, quase un orgasmo.

La preparazione

La preparazione materiale e spirituale per l’evento lo occupò sin dal mattino del giorno del “party”. Dubbi crudeli lo assalivano: frac o tait, smocking o blazer con i bottoni dorati, e il gibus, sarebbe stato appropriato usarlo? Risolto l’amletico dubbio in favore del tait e rispettivo gibus, si immerse nella vasca da bagno, convinto che una lunga immersione nell’acqua calda l’avrebbe rilassato, dandogli un aspetto fresco e riposato.

Fu così, che lustro e pinto si presentò alla residenza consolare, logico con la rilucente patacca appuntata sul petto.

L’effímera gloria

Si incontrò subito a suo agio. Il canovaccio precedentemente stabilito seguiva alla perfezione. Inchini e ossequiosi baciamani si alternavano secondo le circostanze. Reggeva sempre il bicchiere con la sinistra, evitando così che il movimento del braccio coprisse la patacca, inoltre cercava di strategicamente collocarsi in una posizione, dove la luce potesse battere direttamente sull’onorificenza che, Sidol e olio di gomito avevano reso splendente, convinto di provocare, con questa strategia, un rilucente effetto pirotecnico.

Era sicuro che gli sguardi di molti invitati, non tanto discretamente erano puntati sul suo faro. Si sentiva infine qualcuno, finalmente il centro delle attenzioni generali.

Ad un certo momento, lusingato si accorse che c’era una persona che sembrava addirittura ipnotizzata, e che lo accompagnava con lo sguardo fisso dimostrando ammirazione. Per assaporare ancora di più il gusto della gloria, cercando di non dare all’occhio, si avvicinò allo sconosciuto ammiratore, il quale inmediatamente lo interpellò: “Caro signore – disse dopo essersi presentato – vedo che lei ostenta la Medaglia del Centenario. Mi permetto di chiederle, pregandola di scusarmi per l’ardire, come è riuscita ad ottenerla. Como lei sicuramente saprà, questa medaglia è stata coniata specialmente per offrirla, come ricordo del Centenario di fondazione ai clienti della rinnomata ditta “Norcinerie Riunite”, specializzata in salumeria ed affini. Le chiedo questo spinto dalla mia curiosità di collezionista, già che mi dedico appunto alle medaglie commemorative”.

Dagli altari alla polvere, o meglio sarebbe dire: “Sic transit gloria mundi”. E qui per finire veramente in gloria, nulla di meglio che ricordare l’ultima strofa del “Testamento de Meo der Cacchio” dell’immortale Trilussa (un poco modificata …per l’occasione) che appunto dice:

“E ar nobbile fasullo, che non bada

che alle patacche della vanagloria

lascio 1’augurio de piantà la boria

pe’ vive in pace e seguità la strada

senza bisogno de nessun pennacchio

ma sempre a testa dritta.Meo der Cacchio”