u “Rieccoci. Ogni volta che parliamo dei patronati si scatena il putiferio. Il fatto è che andiamo a toccare gli interessi consolidati di tanta gente. Più di metà dei Consiglieri del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, direttamente o indirettamente, devono i loro introiti al patronato. Un buon numero di parlamentari eletti all’estero provengono dal patronato.
La cosa più odiosa che il fuoco di sbarramento viene fatto fare dal “fuoco amico”. Ci fanno contestare dall’unico patronato del centrodestra, come se ce l’avessimo con chi rappresenta, dati alla mano, lo 0,187% dell’intero sistema all’estero. Sfruttano, seppure in questa maniera minima, il sistema finché dura. E fanno bene.
Vogliamo dare un’occhiata agli introiti dei patronati, questa stranezza tutta italiana. In nessun altro Paese del mondo esiste simile entità di intermediazione fra il cittadino e lo Stato per l’affermazione dei suoi diritti.
Premettiamo che i dati che abbiamo davanti si riferiscono alla ripartizione “fondo patronati” da parte del Ministero del lavoro nel 2004.
In totale i patronati incassano 348 milioni 628mila 721 euro. 310.278.699,00 euro vanno ai patronati in Italia e 38.349.053,00 ai patronati all’estero. E a noi, quotidiano per gli italiani nel mono, interessa per l’appunto ciò che avviene fuori dai patri confini.
La cifra di oltre 38 milioni va messa in relazione al costo dell’intera attuale rete consolare italiana valutato dal Viceministro Danieli, al netto dei proventi dei visti, a circa 180 milioni di euro. Pertanto stiamo versando nelle casse dei patronati l’equivalente del 21,30% del costo di tutti i Consolati.
Domanda: se dessimo questi soldi proprio ai Consolati, questi riuscirebbero a fornire un servizio uguale, minore o maggiore agli italiani all’estero? Fra un po’ la domanda risulterà pleonastica a chi avrà la pazienza di seguire il nostro ragionamento.
Vediamo intanto come il Ministero del lavoro distribuisce il “fondo patronati”. Lo fa in base a “punti”.
All’estero il valore di un “punto” è di euro 76,11. Ogni operazione svolta vale un tot di punti in base ad un tariffario. Ad esempio una pratica di riconoscimento di invalidità vale 20 punti, una di pensione vale 4 punti.
Quanto tempo ci vuole per un impiegato per istruire una pratica di pensione? Vogliamo dire un quarto d’ora, tanto per non farlo lavorare troppo celermente? Ecco: un quarto d’ora di lavoro viene compensato con 304,44 euro (76,11 x 4). Niente male, eh? Sembrano tariffe da legali americani.
In molti Paesi ad alta concentrazione di emigrati italiani, in Sud America per esempio, 304 euro corrispondono a 4 o 5 mesi di stipendio per un impiegato. Sì, i 304,44 euro di un quarto d’ora di lavoro.
Ma non finisce qui. Oltre a questo pagamento per le prestazioni, ad ogni patronato vengono pagati 2 punti per ogni ufficio che hanno. Si tratta di un altro tipo di punti, ognuno dei quali vale 18.348,83 euro.
Facciamo l’esempio dell’INCA-CGIL. All’estero nel 2004 ha fatto 94.998 punti-lavoro guadagnando 7 milioni 230mila 297,78 euro. Ha poi incassato ulteriori 2 milioni 348mila 650,24 euro per 128 punti-sede (ha 64 uffici fuori d’Italia)
Ritorniamo al discorso dei Consolati. Che ci sarebbe di male se aumentassimo del 21,30 % lo stanziamento alla rete consolare e permettessimo l’assunzione in ciascun Consolato di un impiegato locale per espletare le pratiche di competenza oggi dei patronati?
Certo, i partiti di sinistra non potrebbero più contare su basi amiche in occasione del voto degli italiani all’estero. Ma questo non sarebbe che un vantaggio per la democrazia”.

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