POETA CHE HA SEMINATO AMORE PER LA CITTÀ CHE GOVERNA E CHE HA RACCOLTO L’AMORE NELLE URNE. PER LA TERZA VOLTA


G li manca il Tignanello, uno dei migliori vini toscani, che aveva provato quando il real faceva ombra al dollaro. Si riconosce enfatico, emotivo, lirico ed anche epico. “Se mi legate le mani, posso anche rimanere muto”, e se sembra arrabbiato non fateci caso: “sta solo facendo le sue necessarie iperboli” per far sì che i suoi argomenti siano accettati dalla platea. Ha 64 anni e su Wikipedia è presentato come ingegnere, economista, urbanista, scrittore, poeta, editore, storico, politico… Qualcuno ne dubita? Il suo nome completo è Rafael Valdomiro Greca de Macedo, dal 15 novembre scorso per la terza volta eletto sindaco di Curitiba, una città con quasi due milioni di abitanti che la vuole moderna, ecologica e socialmente giusta.

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Quasi come in un omaggio a tanti italo-brasiliani eletti in giro per il Brasile, lo abbiamo intervistato il 27 scorso (27/11), ancora fresco della vittoria ottenuta al primo turno con un incoraggiante 59,74% sul totale di voti validi, in una campagna in cui la nota di base è stata il suo amore per la città che sa dipingere con la sua ineguagliabile dialettica poetica ed accattivante. Non per parlare di politica ma per una piccola radiografia della sua anima italiana, formata – come lui stesso dice – a causa delle sue origini venete-calabresi, animate famiglie con molti figli, lavoratori, sacerdoti, vescovi e suore, ma anche dall’onnipresente Margarita Sansone, sua moglie, che un giorno aveva incrociato la sua strada, quando tornava da un corso di italiano nella Dante Alighieri di Roma.

E il Greca sindaco, deputato statale costituente, deputato federale e Ministro dello Stato dello Sport e Turismo che un giorno probabilmente è stato anche chierichetto, ha aperto il suo cuore definendosi fin dall’inizio, ed in italiano, felice di parlare con “questo importante veicolo di diffusione culturale che si chiama Insieme”.  Come si vedrà, Greca esterna le sue preferenze per la pittura, la musica e le arti in generale, i cui storici protagonisti – almeno gli italiani – dà l’impressione di conoscere molto bene. Ecco le sue parole.

La sua “italianità” è acquisita o ha radici?

La mia anima italiana viene dalla mia culla e dal mio amore. La culla della famiglia Greca/Gasparin, famiglia di mia madre, la mia famiglia veneto-calabrese. Mia nonna materna era Emília Gasparin, prima figlia Brasiliana di una famiglia di immigranti veneti, venuta a Curitiba per stabilirsi nelle colonie Gabriela e Santa Felicidade. La mia famiglia Greca – la famiglia di mio nonno materno, di Rafael Francesco Greca, è di calabresi che arrivarono, tutta la famiglia, per lavorare nelle cave della Serra do Mar e quelle del Morumbi; lavorarono con gli ingegneri italiani nei contrafforti della ferrovia Curitiba-Paranaguá. Lavorarono anche con l’ingegnere Lazzarini nella costruzione della Cattedrale di Curitiba, nella costruzione di Palazzo Garibaldi, nella costruzione delle grandi chiese ed edifici che la città ha e che sono parte, oggi, del “volto” della nostra città.

Nella famiglia di mia madre c’erano anche i cugini Mazzarotto: due vescovi, Antônio e Jerônimo, molte suore e molti sacerdoti. Figli di mia zia Amália – Amália Gasparin Mazzarotto. Il primo, Don Antônio, fu vescovo di Ponta Grossa, fondatore della diocesi di Ponta Grossa; era Vescovo di Ponta Grossa fino a Guaíra, percorreva il Paraná in sella ad un somarello. L’altro era Don Jerônimo Mazzarotto che fu vescovo nell’Arcadia; era un vescovo erudito, è stato vescovo ausiliario di Curitiba ed è stato il fondatore dell’Università Cattolica del Paraná, oggi Pontificia Università Cattolica del Paraná. Con tanti parenti italiani a casa delle mie cinque zie, sorelle di mia madre, che era l’ultima dei tredici figli di Rafael Francesco Greca e Emília Gasparin Greca, per forza dovevo avere l’italianità nel sangue e nell’identità.

Ma poi è arrivata Margarita. L’ho conosciuta al mio arrivo a Roma, parlando di Roma, immersa nella cultura italiana dopo che aveva fatto la scuola Dante Alighieri a Roma, dove ha frequentato archeologia e storia dell’arte. Non credo che ci fosse un’altra donna per me, così come non c’era altro marito per lei, visto che per due romani nello spirito come noi sarebbe stato molto difficile trovarne in questa parte meridionale del pianeta. Quindi la mia italianità viene dalla culla e dall’amore.

Quale italiano vive in Rafael Greca?

Come probabilmente ha già capito io parlo con le mani. Se me le legate potrei restare muto. E come può anche aver capito, sono enfatico, parlo con l’anima; a volte sembro furioso ma non lo sono; sto solo facendo le mie necessarie iperboli per far sì che le mie tesi vengano accettate dalla platea. Sono emotivo, di certo lo sono; lirico, molto lirico e a volte molto epico. Amo la saga italiana. In fin dei conti siamo discendenti dell’Impero Romano, abbiamo già avuto la pretesa di chiamare il Mar Mediterraneo di “Mare Nostrum” – il nostro mare, il luogo più bello del mondo, dove le muse vivono. Mi ricordo molto dei versi di Pindaro: dite alle muse che non si dimentichino della bellezza di Ortigia e di Siracusa. Siracusa, la città del Sud d’Italia, dove la musa Aretusa, fuggendo dal fauno Alfeo, arrivò sulle onde per trasformarsi in una fontana di acqua dolce vicino al mare, posta in una piazza all’ombra di mandorli, dove vi è la bellissima Basilica di Santa Lucia che è stata, tempo fa, Chiesa Episcopale di San Pietro, sorprendente chiesa Barroca che però, entrandovi, rivela un tempio greco-romano del IV secolo AC, intatto. Insomma, tanta storia, tanta tradizione, tanta anima e tanto cuore non si possono disprezzare. E devono essere usati anche in Brasile che, a detta del mio amico Darcy Ribeiro, era l’ultima espressione della civiltà italiana. Diceva che il Brasile era l’ultima espressione della romanità tardiva.

Prima e ultima volta che è andato in Italia… a fare cosa?

Per la prima volta sono andato in Italia con Margarita; poi altre 45 volte, di cui l’ultima, due anni fa, dopo essere stato eletto sindaco, nel secondo anno del mio mandato, per partecipare alla festa di Natale e, l’anno dopo, vi sono tornato per celebrare Pasqua. Siamo stati invitati da Papa Francesco per assistere alle cerimonie in Vaticano. Siamo arrivati solo il giorno prima perché Alitalia aveva avuto un ritardo e l’aereo non era partito causando una gran confusione… Alitalia ci mollò a Rio de Janeiro anziché a Roma. Una cosa imperdonabile. Ma, dopo un giorno e mezzo, siamo riusciti ad arrivare a Roma e partecipare alla Messa di Pasqua con Papa Francesco.

Di tutti gli incarichi che ha occupato, quale di essi le ha dato più contatti con l’Italia?

Quello di Ministro dei 500 anni del Brasile, quando il presidente Ciampi mi ha invitato a parlare sull’importanza di Amerigo Vespucci per la creazione del Brasile, nel disegno del Brasile. Come sapete, i banchieri fiorentini finanziarono le caravelle ed anche i Re di Portogallo Spagna nei grandi viaggi di navigazione. E Amerigo Vespucci giunse in Brasile prima di Cabral. Ma arrivò a Capo di Santo Agostino, Pernambuco e, nel giorno in cui giunse, gli indio tupinambás si stavamo cibando dei loro nemici vinti ed egli, che “furbo”, un italiano intelligente, vedendo dal ponte della sua nave l’abominevole scena, decise di non sbarcare. Così tornò in Italia, scrisse un libro magistrale che fino ad oggi conserviamo facendo ritorno in Brasile solo nel 1503, nel suo grande viaggio, dove diede il nome ai vari punti geografici della costa brasiliana: Capo di Santo Agostino a causa del fatto che era il 28 agosto, giorno di Santo Agostino; Baia de Todos-Santos, perché era il giorno di tutti i Santi…in verità tutti i santi della parrocchia dove lui era nato; Amerigo Vespucci è fiorentino, nato nella “Parrocchia di Ogni Santi”, a Firenze. Poi andò avanti per arrivare a Capo Frio e visto che già era inverno lo chiamò Capo Freddo. Amerigo Vespucci elaborò una delle mappe più belle del Brasile ed ha anche circumnavigato l’America, disegnando la cartografia e per questo mise il suo nome – un buon ego italiano – al continente: America, quando avrebbe potuto essere Colombia. Ma dato che lui era “furbo”, diede il suo nome al continente.

Riuscirebbe ad immaginare il Brasile senza gli italiani?

Ci sarebbero tutt’altri nomi lungo tutta la sua costa. Non ci sarebbe molto del contributo che gli italiani ci hanno dato: la Cattedrale di Curitiba, fatta dai Lazzarini; i palazzi che ci diede Ernesto Guaita, il palazzo che è stato del Banestado, casa di Manuel de Macedo, sulla Rua XV incrocio Senhor Celso, la casa delle 78 ogive…Palazzo Garibaldi che non stonerebbe nemmeno a Roma, Firenze, Napoli o Palermo per la sua bellezza. E tante altre costruzioni: quelle di Barontini. Anche le costruzioni del vecchio Geara, di João De Mio, il nonno di Geara… Geara è un cognome Arabo, del nonno di Geara, del suo João De Mio, che sono le belle chiese di Santa Teresina, di San Pietro, di Umbará; la Cappella Santa Maria… Tutta l’architettura italiana è molto significativa in Brasile. Oppure il contributo del Conte Francisco Matarazzo allo sviluppo di San Paolo. Il Palazzo Comunale di San Paolo, nell’avvallamento del Anhangabaú, vicino al Teatro Municipale, è un magnifico palazzo futurista italiano, è uno dei più belli del mondo ed era la sede della banca e delle imprese Matarazzo. Non avremmo i teatri dell’opera importanti che abbiamo: il Teatro Amazonas, a Manaus; il Teatro Municipale di San Paolo; il Teatro São Pedro, di Porto Alegre; il Teatro Municipale di Rio de Janeiro. E nemmeno avremmo le muse dipinte da Visconti e se passeggiassimo a Curitiba, le sculture di João Turin, i pini disegnati da Ghelfi, i paesaggi di Theodoro di Bona ed i disegni ammirevoli del mio grande amico Poty Lazzarotto. Nemmeno il “vampiro di Curitiba” esisterebbe visto che Dalton Trevisan ha, anche, radici italiane.

La sua cittadinanza italiana è riconosciuta?

Sì.  Me l’ha data il presidente Ciampi. Mi diede anche la “Stella” di “grande Ufficiale” della Repubblica Italiana. Il che è un bene, visto che negli hotel non mi fanno pagare la tassa.

Come vede questa ricerca sempre più grande per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana per diritto di sangue e le file presso i consolati?

Questo è un aspetto burocratico che dipende da ogni governo italiano. I governi di sinistra avevano l’interesse ad aprire la cittadinanza per tutti gli “oriundi”. Forse capivano meglio questa generosità del Brasile e volevano accogliere i nipoti degli immigranti là in Italia. I governi di destra hanno questa paura, questa xenofobia e non hanno tanta voglia di facilitare le cose. Direi a tutti di non preoccuparsi molto. Andare in Italia come cittadino italiano è un inferno; le persone pagano le imposte, non restituiscono l’IVA, è più economico andarci come brasiliani. Anzi, quando ci vado, uso il passaporto brasiliano, perché costa meno. Se Margarita fa acquisti, non posso ottenere la restituzione dell’IVA.

Abbiamo già avuto scuole di italiano chiuse in Brasile e ci è stato proibito di parlare la lingua di origine. Per fortuna oggi tutto ciò è cambiato. Vuole favorire l’insegnamento della lingua di Dante nelle scuole pubbliche comunali?

Certamente. Abbiamo il programma “curitiba poliglotta”. Una delle prime scuole ad avere l’insegnamento dell’italiano è stata il Faro del Sapere Dante Alighieri e la Scuola dei Vigneti, a Santa Felicidade. Ma ci sono molte altre scuole a Curitiba che adottano la lingua italiana come seconda lingua, come ce ne sono altre che adottano l’inglese, o lo spagnolo, o il tedesco. È molto importante dare ai ragazzi la possibilità di una seconda lingua. L’italiano è molto interessante e, a detta di Luigi Barzini, che ha scritto il libro magistrale “Gli Italiani”, in qualsiasi luogo del mondo ci si trovi, se quattro italiani si incontrano si avrà una pasta, un cappuccino ed una bella chiacchierata. E ci saranno persone enfatiche che parleranno con le mani. Quindi l’italiano è una specie di espressione dell’anima universale. Senza parlare del fatto che è una lingua che permette alle persone di leggere le grandi opere della letteratura. Per esempio Goethe, io che non conosco il tedesco, l’ho letto in italiano. “Viaggio in Italia”, di Goethe, è un libro magistrale che raccomando. Leggere “La Divina Commedia” in italiano è una meraviglia. Ho imparato l’italiano per amore, anche Margarida me lo ha insegnato. E la vice console Ursula D’Urso mi  insegnò per sei mesi la grammatica. Ma l’ho imparato per la voglia di parlarlo.

Sul periodo in cui era proibito parlarlo: mio nonno aveva 13 figli. I primi cinque andarono nella scuola in italiano. Quando arrivò la guerra, Getúlio Vargas si oppose ad Hitler, Mussolini e all’imperatore del Giappone. E ovviamente ci fu il divieto dell’insegnamento della lingua straniera a Curitiba. Mia madre e le mie zie più giovani non impararono l’italiano. Quindi, in casa, io non sapevo l’italiano; sapevo le espressioni in italiano, che usavano nel parlato quotidiano familiare. Ma non sapevo fare le concordanze, coniugare i verbi, il femminile o maschile…tutto ciò l’ho imparato dopo, già quando ero membro della Fondazione Culturale di Curitiba. Nella soffitta del Palazzetto Wolff facevamo lezione di italiano. Tutte le mattine un gruppo di persone a cui piaceva la cultura si riuniva e la vice consule, Ursula Cervoni D’Urso, moglie del vice-console Marino Cervoni D’Urso, ci dava lezioni.

Cosa vorrebbe “importare” dall’Italia a Curitiba?

Una fabbrica della Ferrari, se potesse venire. Qui abbiamo una fabbrica della Ferrero Rocher. E questi cioccolatini Ferrero Rocher, di cui vado matto, una volta li ho comprati a Roma ed ho riso molto allo scoprire che erano: “Made in Brazil, from Curitiba”. E ci fosse anche una fabbrica di formaggio “parmigiano” sarebbe bello. Il marito di Renata Bueno ha creato una fabbrica di “burrata” che è molto apprezzata. Se più italiani volessero venire a fare ciò, chissà che qualcuno non pensi nel “parmigiano reggiano” qui…

Quale Curitiba Lei non approva e quale quella dei suoi sogni?

La Curitiba che non approvo è quella di chi ha detto che le persone devono vivere per la strada. La strada non è abitazione, canale di scolo non è un tavolo. La giustizia sociale non può essere sacrificata dal rimorso sociale che la società può avere. Bisogna aiutare a rialzarsi quelli che sono caduti. E la Curitiba che voglio è quella dell’innovazione dei pannelli solari, della piramide solare, la Curitiba sostenibile del C40, della Pirâmide Solar da Caximba. E di una grande giustizia sociale. Curitiba di pari opportunità per tutti.

BOTTA E RISPOSTA

Musica, pittura, scultura o architettura?

Il mio ideale umanista dice che la persona può essere musicista, pittore, scultore e architetto. Quello che mi piace sono le persone simili a Leonardo da Vinci.

Venezia, Napoli o Roma?

Roma viene sempre per prima. Ma Firenze, Napoli, Venezia, Treviso Parma, Pisa, Urbino, Torino, Bari…non c’è una città italiana che non sia ammaliante. Assisi, Perugia, Gubbio…sotto tutti i punti di vista le città italiane sono affascinanti. Non conosco Trieste. Tutte le altre le conosco. Ma Margarita non mi ci lascia andare…”non è necessario andarci, là sono già tedeschi…” e vuole tornare a Roma.

Puccini, Verdi o Rossini?

Puccini. Sempre Puccini. Ma comunque non si può non sentire Verdi o Rossini. Ma Puccini con la “Tosca” con il “Lucevan le stelle” è il massimo.

Da Vinci, Michelangelo o Raffaello?

È la Santissima Trinità, impossibile sceglierne uno. Fanno parte dello stesso genio creativo che volle che Dio vivesse a Roma in quell’unico momento, in quella “Fiera delle Vanità” che era il Vaticano dei Borgia, dei Papi del Rinascimento. Immaginate il lavoro del Papa per gestire quei tre ego sotto lo stesso tetto.

Tiziano, Botticelli o Caravaggio?

Caravaggio. Sempre Caravaggio, visto che il chiaro-scuro, la passione di saper gestire la luce e la meraviglia delle figure… è un michelangiolesco. E il suo successore è curitibano: è Sérgio Ferro che si è avvicinato a me e a Margarita proprio perché dipingeva nello stile di Caravaggio.

Pavarotti, Bocelli o Caruso?

Ah, sempre Caruso. E Giuseppe Di Stefano. Anche Pavarotti è grande, come tutti i cantanti moderni. Bocelli l’ho sentito cantare una volta a Roma, nella Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, in un concerto commemorativo del 2000. Ma aveva bisogno di microfoni, non ha fiato per tale spazio!

Vivaldi…e chi altro?

Vivaldi, Gaetano Donizetti, Roberto Murolo… Mamma mia quanti sono! E anche Nino Rota, perché no? Nulla può essere più bello delle composizioni di Nino Rota.

Un italiano dimenticato?

Un italiano dimenticato…credo che siano tutti così vanitosi che è difficile dimenticarne qualcuno.

Il più grande italiano di tutti i tempi?

Federico Fellini. Capì l’anima dell’Italia come nessun altro. Era capace di fare una poesia visiva solo con i filamenti che si liberavano al primo vento da certi alberi quando, “soffiava il primo vento della primavera”. Già, nessuno può essere più italiano di Federico Fellini. Ma ci sono anche Roberto Rossellini, Carlo Ponti…la bella Sofia Loren, unica, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Anna Magnani, Giulietta Masina con i suoi occhi grandi…l’Italia è superlativa.

E la politica italiana?

La politica italiana è un “macello”, una confusione. Ogni tanto fanno la stupidata di votare, per esempio, “Roberto (NR-Beppe) Grillo” per mettere tutti in crisi. Come fare harakiri. Perché, essendo mal governati, non sanno cosa fare. E a volte vogliono essere ironici ed eleggono “Cicciolina”… Sarebbe meglio evitare tutto ciò. sarebbe molto più importante se ci fossero persone della statura di Pertini. Anche ai tempi della ricostruzione d’Italia, il Primo Ministro Aldo Moro ebbe i suoi meriti.

Pasta, risotto o polenta?

“Ravioli di zucca”, quindi pasta. “alle mandorle”. Polenta con il pollo è molto buona. E, dei sapori della mia infanzia, ora politicamente non corretto, era la polenta con la quaglia che i miei zii cacciavano nei campi di Lapa, sfilettate e insaporite con basilico e che si sposavano molto bene con il formaggio fuso e la polenta fatta in casa. Ma c’erano anche italiani a Curitiba…una volta ho quasi ammazzato il consigliere Derosso che mi ricevette con la polenta ed una pentola di tordi. Ero così arrabbiato…ero sindaco e dissi: “è come se io, nella mia casa, bruciassi uno Stradivari nel camino”. Sei un barbaro, gli dissi. Quasi persi il consigliere.

Il vino…che vino?

Non posso pagarlo al momento. Si chiama Tignanello. Con l’attuale quotazione dell’Euro è impossibile, è solo da guardare ed essere ricordato il giorno in cui lo abbiamo bevuto con il dollaro alla pari del Real.

Cosa le viene in mente quando sente la parola Italia?

Una penisola verde e azzurra, ricca di costruzioni classiche, patria dello spirito e del rinascimento, dove soffiano i versi di Petrarca e Dante Alighieri. Il luogo dove “lucevan il sole e le stelle”.

Italia e Brasile.

Il Brasile è un’espressione di romanità tardiva, dell’italianità. Il Brasile è una giovane patria ma anche l’affascinante scenario per la realizzazione degli Italiani.

…Concludendo?

(mostrando il libro): Questo è il mio libro, “Curitiba, Luz dos Pinhais” che ha parte delle sue 600 pagine dedicate al contributo degli italiani alla costruzione di questa grande città che è l’orgoglio del Brasile. Non è un caso che la copertina sia un disegno di Poty Lazzarotto, un bimbo curitibano disegnando un cuore. È il contributo dei nostri nonni italiani a Curitiba, fa parte della nostra anima e del nostro cuore. “Anima e Cuore”. Siamo più forti delle difficoltà anche grazie alla tenacia delle donne e degli uomini che, imbarcati sulle navi, in un momento di fame, furono capaci di attraversare l’oceano, superare le onde, cercare il Nuovo Mondo, arare la terra, piantare il seme, raccogliere il grano, impastare il pane, intrecciare il vimini, fare il vino (che qui non è buono come là, a causa dell’umidità della terra) ma che hanno anche trapiantato qui il genio di questa parte dell’umanità che è la nostra amata Italia. Viva l’Italia!  E che superi tutte le difficoltà.

(Testo originariamente pubblicato sul n. 259 della Rivista Insieme)