È una donna, ha 59 anni, è madre di due figli — e sarà sua la voce iniziale nell’udienza che potrebbe cambiare la sorte di milioni di discendenti di italiani nel mondo. La professoressa Emanuela Navarretta, relatrice del procedimento che sarà esaminato il prossimo 24 giugno dalla Corte Costituzionale italiana, avrà il compito di presentare agli altri giudici i fondamenti giuridici di quattro questioni di legittimità costituzionale sollevate contro il riconoscimento illimitato della cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis).
Nata a Campobasso, nel cuore del Molise — regione di forte tradizione migratoria —, Navarretta fa parte della Corte Costituzionale dal 2020, anno della sua nomina da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Professoressa ordinaria di Diritto Privato all’Università di Pisa, con oltre cento pubblicazioni e vasta esperienza in riforme legislative e organismi europei, porta in aula un profilo tecnico rigoroso ma anche carico di significato simbolico.
Il caso è considerato il più rilevante mai esaminato dalla Corte in materia di cittadinanza. L’avvocato Marco Mellone, che rappresenta 31 dei 35 ricorrenti coinvolti (italo-brasiliani e italo-uruguaiani), è stato chiaro: «Siamo di fronte a un banco di prova per la legittimità della nuova legge». Si riferisce al Decreto-Legge n. 36/2025, noto come “Decreto Tajani”, recentemente convertito in legge dal Parlamento in mezzo a dure critiche da parte della comunità italo-discendente e di giuristi italiani e stranieri. Mellone aveva già definito questo giudizio come “la madre di tutte le battaglie”.
Quattro tribunali, una causa comune – La questione di legittimità costituzionale è stata inizialmente sollevata dal giudice Marco Gattuso, del Tribunale di Bologna, nel contesto di un procedimento di riconoscimento della cittadinanza. Poco dopo, anche i Tribunali di Roma, Milano e Firenze hanno sottoposto alla Corte Costituzionale interrogativi simili sulla compatibilità dell’articolo 1 della Legge n. 91/1992 con i principi fondamentali della Costituzione italiana.
I quattro casi sono stati riuniti in un unico procedimento, che sarà analizzato in forma collegiale. L’udienza inizierà alle 9:30 (ora locale) presso il Palazzo della Consulta, sede della Corte a Roma.
Le azioni sostengono che le interpretazioni attuali della normativa — basate su criteri restrittivi non previsti dalla Costituzione — violano i diritti fondamentali dei discendenti di italiani nati all’estero.
Due associazioni italiane — l’AGIS (Associazione Giuristi Italiani nel Mondo) e l’AUCI (Associazione Universitaria Cittadini Italiani) — hanno richiesto di intervenire nel processo come terze parti, presentando le proprie memorie attraverso i giuristi Diego Corapi e Patrizio Ivo D’Andrea.
Inizialmente, le associazioni avevano indicato anche il professor Massimo Luciani come rappresentante. Tuttavia, nel febbraio di quest’anno, Luciani è stato eletto giudice della stessa Corte Costituzionale, assumendo la carica il 19 febbraio 2025. Di conseguenza, la sua partecipazione come avvocato è divenuta automaticamente incompatibile ed è stata annullata, come previsto dalle regole della magistratura costituzionale.
Un giudizio con rito e storia – Il procedimento seguirà il rito formale della Corte Costituzionale, che dovrebbe avvenire secondo il seguente ordine: 1)Presentazione del caso da parte della relatrice Navarretta, con esposizione dei fondamenti giuridici; 2) Intervento degli avvocati delle associazioni richiedenti l’ammissione come terze parti; 3) Sospensione dell’udienza per la decisione sull’ammissibilità degli interventi; 4)Se dichiarati inammissibili, proseguiranno gli interventi degli avvocati dei ricorrenti principali.
Poiché lo Stato italiano non si è costituito, solo gli avvocati dei ricorrenti italo-brasiliani interverranno oralmente. Concluse le discussioni, se non vi saranno domande da parte dei giudici, la Corte annuncerà che delibererà in camera di consiglio. La sentenza sarà pubblicata nei giorni successivi e potrebbe rappresentare una pietra miliare nei diritti della diaspora italiana.
L’udienza sarà pubblica e chiunque potrà assistere personalmente. È sufficiente richiedere l’accredito scrivendo a ufficio.cerimoniale@cortecostituzionale.it. Anzi, la presenza della comunità dei discendenti sarà importante per testimoniare la rilevanza della causa.
Il peso di una donna nella bilancia della storia – La figura della relatrice assume un peso speciale in questo processo. Emanuela Navarretta, oltre ad essere una giurista affermata, rappresenta simbolicamente una generazione di donne italiane che hanno raggiunto i più alti vertici della magistratura. Laureata con lode all’Università di Pisa e dottore di ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna, ha una carriera segnata dalla difesa del ruolo della Costituzione nell’ordinamento civile.
Nella seduta del 24 giugno, sarà la sua voce ad aprire il dibattito su uno dei temi più sensibili dell’identità italiana contemporanea: il legame giuridico e simbolico tra l’Italia e i suoi figli nati oltre confine. Il 24 giugno 2025 potrebbe passare alla storia come il giorno in cui la Corte Costituzionale italiana ha ascoltato — e risposto — alla diaspora.
Chi è Navarretta – Sul sito della Corte Costituzionale si trovano le seguenti informazioni sulla giudice: Emanuela Navarretta è nata a Campobasso il 3 gennaio 1966. È coniugata e ha due figli. Nell’anno accademico 1989/1990 ha conseguito il diploma di Allieva ordinaria presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti e la lode presso l’Università di Pisa, con una tesi dal titolo “Il contratto autonomo di garanzia”.
Nel 1992, con una tesi su “La causa e le prestazioni isolate”, ha conseguito con il massimo dei voti e la lode il dottorato di ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove dal 1994 al 1999 è stata ricercatrice di Diritto privato e, dal 1999, professore associato di Diritto privato.
Dal 2001 è professore ordinario di Diritto privato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, di cui è stata Direttrice dal 2016 al 2020 (dopo essere stata per due mandati Vicedirettrice). Dopo aver coordinato per numerosi anni il curriculum privatistico del corso di Dottorato in Scienze giuridiche dell’Università di Pisa, nel 2020 è stata eletta Direttrice del corso.
Ha il titolo di avvocato ed è stata iscritta all’Albo speciale dei docenti universitari.
Nel 2001 è stata nominata dal Ministro della funzione pubblica membro della Commissione legislativa per la predisposizione del Testo Unico sul trattamento dei dati personali.
Dal 2003 è membro dell’associazione European Centre of Tort and Insurance Law e, dal 2018, dell’organismo internazionale European Law Institute (ELI).
Nel 2013 è stata relatrice alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sul progetto di riforma in materia di danno alla persona.
Nel 2020 è stata eletta vicedirettrice vicaria del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, dopo essere stata nominata componente del comitato da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ha rivestito incarichi nei comitati di direzione e di redazione di molte riviste giuridiche, quali Giustizia civile, Osservatorio di diritto civile e commerciale, Nuova giurisprudenza civile commentata, Responsabilità civile e previdenza e in organi di valutazione scientifica; è co-direttrice della Collana Itinerari di diritto privato (ed. il Mulino) ed è stata direttrice della Collana del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa (ed. Giappichelli). Sotto la sua curatela sono pubblicati volumi di commento al Codice Civile (ed. Utet) e alle norme che regolano la responsabilità civile (ed. Giuffrè).
È stata responsabile scientifico di numerosi progetti di ricerca finanziati dal Miur, dalla Fondazione del notariato e dall’Ateneo di Pisa.
Nel corso della sua carriera accademica ha pubblicato oltre cento contributi, fra cui monografie, opere collettanee e saggi sulle principali riviste scientifiche, dedicando particolare attenzione all’incidenza della Costituzione sul diritto privato e all’impatto della complessità delle fonti europee sull’ordinamento civile.