Cena teatral (Afresco romano, Palemo, Museu arqueológico). (Reprodução)

È bello vedere come le tradizioni italiane sono conservate e puntualmente ricordate con feste, avvenimenti e manifestazioni che trasferiscono un pezzettino d’Italia qui in terra brasiliana. Feste, manifestazioni che ricordano un’Italia che fu, nostalgia di altri tempi di un altro modo di vivere, di relazionarsi, di “stare al mondo” che oggi non c’è più, nemmeno in Italia. Un modo per ricordare la propria storia, di poveri migranti che lasciano il proprio paese in cerca di un futuro migliore, ma non lasciano la propria origine, la propria cultura.

E proprio questo è il punto. La nostra Cultura italiana.

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Dice il dizionario Treccani: “cultura è l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.”

In questa definizione ci sono tre elementi importanti; cognizioni intellettuali, ossia conoscenza; rielaborazione, ossia individuo; capacità di giudizio, ossia, risultato.

Potremmo ridefinire il concetto come insieme di conoscenze che rielaborate individualmente determinano la nostra capacità di giudizio. E in questa definizione c’è l’elemento centrale che “fa la differenza”. Se la rielaborazione individuale e la creazione di una capacità di giudizio sono egualmente universali, ossia non ci sono differenze in questo; la parte relativa all’ “insieme delle conoscenze” è qualcosa che cambia di luogo a luogo, paese in paese.

Appartenere alla cultura Italiana significa caricare con se un “insieme di cognizioni intellettuali, influenzate dall’ambiente” (e chi è italiano sà che vivere in Italia è vivere immerso continuamente nella cultura, nella storia e nell’arte) e una serie di “esperienze”, che altro non sono che tutto quello che potremmo sintetizzare come “conoscenza popolare”.

Ora, per i nostri figli nati in Brasile o discendenti di nonni o bisnonni italiani, se da un lato si mantiene viva e quindi “trasmissibile” tutta quella bellissima e importantissima “conoscenza popolare”, perché tanto poco si fa per mantenere viva allo stesso modo “l’insieme di cognizioni intellettuali” ossia la conoscenza della nostra Cultura?

Quali dei nostri figli nati in famiglie con origini venete sanno chi è Giacinto Gallina? O sanno che nel 1545 fu firmato un contrato nella città di Padova che è il documento che attesta la nascita del Teatro professionale? Chi ha già sentito nominare il nome di Ruzzante?

Credo che la nostra comunità italiana potrebbe, e dovrebbe, fare di più in questo senso.

Cosa fare?

Se mancano idee posso passarne qualcuna; tradurre, publicare e diffondere opere di autori italiani sconosciute in Brasile; creare la tradizione di inserire nelle feste folcloriche, oltre alle danze e musiche popolari anche teatro, letteratura, poesia; stimolare le autorità italiane a promuovere momenti culturali con continuità e costanza; riunire il pubblico di origine italiana attorno a questi eventi culturali; creare momenti di “conoscenza della cultura italiana” nelle scuole.

Sono solo alcune idee.

Nel 2016 feci un progetto legato a Pirandello (sarà che tutti i discendenti di italiani in Brasile sanno chi fu Pirandello?) e come attività collaterale proposi una serie di palestre nelle scuole statali per illustrare la vita, l’opera di Pirandello e per parlare dell’Italia e della cultura italiana. I ragazzi rimanevano incantati al sapere che metà dei tesori d’arte del mondo sono in Italia, che ci sono 4976 musei, 12609 biblioteche, 46025 palazzi storici, 65431 chiese, 1500 monasteri.

E quanti Artisti? Questo credo che nessuno lo sappia, ma che sono tanti credo non ci siano dubbi.