CITTADINANZA: INCOSTITUZIONALE? IL TRIBUNALE DI BOLOGNA SI RIVOLGE ALLA CORTE COSTITUZIONALE PER L’INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ARTICOLO 1 DELLA LEGGE SULLA CITTADINANZA ITALIANA
Quando già tutto sembrava capovolto nel mondo della cittadinanza italiana, con interrogazioni e ostruzioni nell’ambito dei tre poteri della Repubblica Italiana e l’ennesima campagna mediatica senza precedenti contro il meccanismo della “trasmissione illimitata” dello ius sanguinis ai discendenti degli italiani che il destino ha posto in Sud America e, in particolare, in Brasile, un giudice riesce a mobilitare un tribunale regionale per l’insolita contestazione d’ufficio della legge numero 91, del 5 febbraio 1992, cioè della stessa Legge sulla Cittadinanza in vigore.
“Il Tribunale di Bologna, con sentenza pubblicata oggi (26/11), “ha sollevato, di propria iniziativa, una questione di incostituzionalità della normativa italiana in materia di cittadinanza, in quanto prevede il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis senza alcun limite temporale”, si legge in un comunicato inviato ad Insieme dal sindaco di Val di Zoldo, Camillo de Pellegrin, curiosamente prima ancora di inviare il materiale alla Suprema Corte.
“L’annuncio – continuava il testo – è stato dato dal presidente del Tribunale di Bologna, Pasquale Liccardo, spiegando che alla Corte costituzionale è stato chiesto di “valutare se il riconoscimento della cittadinanza sia consentito semplicemente sussistendo un avo italiano, anche se distante di molte generazioni, per coloro che non hanno alcun legame culturale, linguistico, tradizionale o non dimostrano alcun rapporto con il territorio italiano, è compatibile con i principi derivanti dalla Costituzione”.
La richiesta si basa su un caso che coinvolge 12 persone della stessa famiglia brasiliana che “rivendicano il riconoscimento della cittadinanza italiana solo per la presenza di un’avo italiana, tra le decine di altri antenati non italiani, nati nel 1876 e che lasciò il nostro Paese giovane”.
Il comunicato che, nello stesso giorno ha guadagnato spazio sui media mondiali, sostiene che “l’ordinamento giuridico italiano è uno dei pochi al mondo che riconosce lo ius sanguinis senza prevedere alcun limite” e che l’Italia “possiede, all’estero, secondo le stime più attendibili, diverse decine di milioni di discendenti di un avo italiano”. Inoltre si spiegava che la Corte di Bologna “chiede alla Corte Costituzionale, con vari riferimenti “inclusi gli orientamenti interpretativi della Suprema Corte costituzionale e della Corte suprema internazionale di giustizia”, di verificare se tale normativa sia contraria o meno alle nozioni di popolo e cittadinanza, come richiamate dalla Costituzione, dal principio di ragionevolezza e dagli obblighi internazionali assunti dall’Italia, anche all’interno dell’Unione Europea”.
Insieme ha subito consultato giuristi italiani in merito all’insolita richiesta. Uno dei primi a parlare è stato l’avvocato Marco Mellone, che vive proprio a Bologna, dove ha ottenuto un dottorato di ricerca in Giurisprudenza, bissato con l’Università di Straburgo. Ha cercato di ottenere il testo dell’ordinanza il giorno stesso, ma vi è riuscito solo la mattina del giorno successivo (27/11). E poche ore dopo, “a caldo”, ci ha rilasciato la seguente intervista:
Senza ancora conoscerne il testo, lei ha definito la questione come la madre di tutte le battaglie. Perché è così che la pensa, dottore?
È un grande piacere essere di nuovo qui con tutti voi e commentare questa notizia diffusa qui ieri e che ci ha lasciato molto sorpresi, perché è la prima decisione in questo senso.
Ho definito questa battaglia la madre di tutte le battaglie, perché è la prima volta che l’istituto italiano dello jus sanguinis arriva all’esame della Corte Costituzionale italiana. Quindi sarà una battaglia molto importante, un pronunciamento molto importante. Ma questo non significa che io sia preoccupato per questa battaglia. Al contrario, ho molta fiducia che questo fatto, che potrebbe essere allarmante per la comunità dei discendenti italiani, sarà effettivamente un evento, qualcosa che rafforzerà i diritti dei discendenti stessi. Perché tutti sappiamo che l’attuale legge sulla cittadinanza italiana, ovvero lo ius sanguinis italiano, così come era già stato immaginato dal Codice civile italiano del 1865, è una norma affatto incostituzionale, cioè non contraria ai principi che furono poi redatti nel 1946 ed entrarono in vigore nel 1948, qui in Italia. Sarà quindi un momento molto importante, come lo è stato, ad esempio, il momento della decisione della Corte Suprema, nel 2022, nel caso della grande naturalizzazione brasiliana.
Dopo questa battaglia della grande naturalizzazione, noi, la comunità e le persone che lavorano per difendere i diritti dei discendenti italiani, abbiamo già sviluppato gli anticorpi necessari per affrontare anche questa nuova battaglia, che, addirittura credo, sarà meno complicata di quella della grande naturalizzazione, anche se è molto importante, perché qui non si parla di una parte specifica della legge, ma della struttura della legge sulla cittadinanza italiana e del suo principio fondamentale, che è lo ius sanguinis. Quindi, ecco perché è così importante.
E perché questa notizia mi ha sorpreso così tanto? Perché ad oggi, molto semplicemente, nessun giudice, che io sappia, di qualsiasi tribunale italiano, se ne era uscito con questo tipo di tesi, cioè che lo ius sanguinis, senza prevedere alcun tipo di limitazione, sarebbe incostituzionale.
Anzi, do anche questa notizia, che è importante: il Tribunale di Bologna ha, credo, ad oggi emesso centinaia di sentenze nelle quali ha applicato le diverse disposizioni dello ius sanguinis italiano, cioè l’articolo 4 della Codice civile del 1875, articolo 1 della legge del 1912 e articolo 1 della legge del 1992. Quindi questo stesso tribunale con… attenzione! – questo stesso Presidente di Sezione Specializzata per la Cittadinanza, il Dott. Marco Gattuso, ha già emesso numerose sentenze applicando tali disposizioni, anche senza alcun tipo di dubbio sulla loro legittimità. Una cosa un po’ strana. Lo stesso dottor Marco Gattuso, il giudice che ieri ha presentato questa richiesta di analisi di costituzionalità alla Corte Costituzionale italiana, lui stesso, e almeno in ognuno dei miei casi, ma immagino ce ne siano molti altri, in cui lui stesso ha delegato ad altro giudice , dopo aver analizzato il caso ed emesso sentenza, ha approvato e già applicato le disposizioni dello ius sanguinis italiano senza dire nulla, senza alcun problema.
Allora come è possibile che questo stesso Tribunale, questo stesso giudice, sia nella sua veste di presidente di Sezione specializzata – il presidente della Sezione è una figura che ha anche il compito di uniformare, di dare un’indicazione univoca ai vari giudici sulle possibili interpretazioni – quindi, sia come presidente di Sezione che come giudice in un caso specifico, non si è mai pronunciato con la stessa tesi. È una cosa molto strana e ha sollevato molti dubbi.
Dopo aver analizzato quanto scritto, spiegheremo velocemente cosa accadrà giusto per lasciar tranquilli i potenziali interessati. Si tratta di una richiesta di analisi costituzionale. Non avrà alcun impatto sui procedimenti legali pendenti o futuri. Si tratta di un’iniziativa isolata di un giudice che ha chiesto alla Corte costituzionale di analizzare, quando possibile, la legittimità dello ius sanguinis italiano. Ma tutti gli altri casi pendenti non verranno toccati, a meno che un giudice non preferisca attendere la sentenza della Corte Costituzionale italiana. Ma la Corte Costituzionale italiana probabilmente darà un feedback tra sei, otto mesi, un anno. Dipende da molti fattori. Non è un’interpretazione che avremo nei prossimi due, tre mesi. Quindi dobbiamo immaginare almeno un anno per avere una possibile risposta.
Quindi non ha senso che, su iniziativa di un unico giudice, vengano bloccate tutte le decine di migliaia di cause pendenti relative alla cittadinanza italiana, perché sarebbe davvero assurdo. Anche le prime notizie emerse oggi dopo la decisione di ieri ci portano ad averne conferma, perché oggi ho ricevuto sentenze positive, ho ricevuto fissazione di udienze, ho anche parlato con alcuni giudici che mi hanno detto che c’è un’iniziativa di un importante giudice, ma non è un pronunciamento della Corte Suprema, non è un pronunciamento della Corte Costituzionale. Si tratta, in altre parole, dell’iniziativa di un singolo giudice. E poi ogni giudice lavorerà e penserà in modo diverso. Quindi non vi sarà un impatto immediato. L’unico effetto possibile sarebbe proprio presso il Tribunale di Bologna, dove è stata emessa la sentenza. Bisognerà aspettare. In altre parole, le altre cause pendenti al Tribunale di Bologna potrebbero essere sospese finché non si pronuncerà la Corte Costituzionale italiana. Ho visto addirittura che presso lo stesso Tribunale di Bologna, dove mi sono recato questa mattina, è stata presa la decisione di rinviare un’udienza già fissata, proprio in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale. Ma a parte questo, altri processi non saranno direttamente influenzati da ciò.
Altra cosa sono le procedure amministrative. Questo dipende anche dal Ministero dell’Interno italiano. Ma dubito fortemente che il Viminale possa disporre lo stop per un anno di tutti i procedimenti amministrativi pendenti per la cittadinanza italiana per la sola iniziativa di un unico giudice. Questo per me sarebbe gravissimo perché è solo una richiesta e non significa che la legge sia incostituzionale. Una richiesta è una richiesta e, per le ragioni che spiegherò tra breve, quanto scritto in questa richiesta è un qualcosa che conferma l’idea che avrà pochissime possibilità di essere accolta dalla Corte Costituzionale e, successivamente, che sarà anche accettato nel merito. Questo è per rassicurare. Nel sistema italiano questa richiesta, infatti, non sarà di grande impatto. L’anno prossimo avremo migliaia e migliaia di decisioni dei tribunali di primo e secondo grado, comprese alcune sentenze. Aspettiamo anche la Corte Suprema e tutte esse applicheranno questa stessa norma e legge che, oggi, secondo questo giudice sarebbe incostituzionale. Questa è una cosa importante per tutti.
Poi, se siete d’accordo, valuterò anche il merito di questo testo che è stato inviato questa mattina alla Corte Costituzionale italiana, di circa 20 pagine. Innanzitutto sembra che questo tipo di iniziativa fosse nella mente del giudice già da tempo. Perché è lui stesso a spiegare come è andato il processo: c’è stata un’udienza con una collega qui a Bologna, nella quale questo giudice le ha fatto delle domande stranissime. È un classico caso di cittadinanza italiana materna già con centinaia di migliaia e migliaia di decisioni. E il giudice ha chiesto alla collega cose che non erano necessarie per il processo. Non ha chiesto informazioni sulla parentela, sulla discendenza, sull’interruzione della trasmissione della cittadinanza italiana, ma ha chiesto dove abitassero i ricorrenti, se intendessero venire qui in Italia o vivere qui in Italia, se parlassero italiano… In altre parole, ha posto diverse domande sui contatti, sul legame tra i ricorrenti e l’Italia. Cose che non ho mai visto in nessun tipo di processo, soprattutto perché non hanno nulla a che vedere con i requisiti previsti dalla legge italiana per il riconoscimento della cittadinanza italiana. La cosa ancora più divertente è che la collega – alla quale esprimo tutta la mia solidarietà perché immagino non sia stata una situazione facile da affrontare – ha detto: Non lo so, non lo so e non sta a me dirlo. Non so quali siano le intenzioni di queste persone, nel voler vivere, nel non voler vivere; se parlino bene l’italiano… Non saprei. Il giudice le ha chiesto anche come comunicava con loro, se in italiano o in un’altra lingua e cose del genere. Ha detto: Non saprei. E il giudice Gattuso, ricevendo la risposta di non saperlo, ha pensato: devo immaginare che queste persone non abbiano alcun tipo di legame con il territorio italiano o con l’Italia e, quindi, ho dubbi che la legge attuale sia costituzionale, perché si applica a persone che non c’entrano nulla con lo Stato italiano, con la popolazione italiana.
Ma tu guarda. Il primo errore nel metodo è il seguente: Voi avete dubbi che la legge sia incostituzionale, quindi dovete prima accertarvi che le persone, che i ricorrenti non abbiano realmente alcun tipo di legame con il territorio italiano, perché la vostra tesi è: dato che non hanno alcun tipo di legame con gli italiani, allora non “meritano” la cittadinanza italiana. Ma in questo caso la cosa non è stata nemmeno analizzata concretamente. Era una sorta di presunzione assoluta, come se in realtà egli avesse già in testa questo tipo di decisione.
Dicevo che, probabilmente, questo tipo di richieste non potrebbero nemmeno essere considerate accoglibili dalla Corte Costituzionale, perché oggetto della richiesta è l’articolo 1 della legge del 1992. Il caso è quello dei ricorrenti discendenti da una donna nata in Italia nel 1874. Dopo varie generazioni, la maggior parte dei richiedenti è nata prima del 1992. Quindi, come sempre sappiamo e sempre parliamo sulla rivista Insieme, sono tre i dispositivi nella storia dello Ius sanguinis italiano: l’articolo quattro del Codice del 1885, l’articolo uno della Legge del 1912 e l’articolo uno della legge del 1992. Quindi questi tre dispositivi costituiscono le basi giuridiche per la richiesta di cittadinanza italiana in questo caso. Il giudice ha chiesto di dichiarare incostituzionale la legge attuale, ma, in realtà, nel caso specifico, era applicabile e trovavano applicazione anche le tre leggi precedenti che non sono state oggetto di richiesta di incostituzionalità.
Se andate sul sito della Corte Costituzionale italiana, potrete vedere i diversi criteri con i quali la stessa Corte può già considerare inammissibile una richiesta di incostituzionalità per ragioni formali, per ragioni, diciamo, logico-formali. E uno di questi criteri è quando il giudice che fa questa richiesta non inserisce l’articolo specifico, la norma specifica che egli sostiene incostituzionale. Questo denota che non conosce molto bene la legge, la storia dello ius sanguinis italiano, perché tutti sanno che essa ha diversi articoli, diverse leggi che sono state approvate nel corso dei 150 anni dello Stato italiano e della cittadinanza italiana.
Quindi già abbiamo questa questione formale che è piuttosto importante. In secondo luogo, sappiamo – e in due modi lo spiegheremo nuovamente al pubblico di Insieme – che la Corte Costituzionale italiana non fa leggi, non approva leggi. Non è il legislatore. Chi fa le leggi in Italia è il Parlamento italiano. Quindi, se si chiede alla Corte Costituzionale italiana di dichiarare incostituzionale lo ius sanguinis, di prevedere alcune condizioni, alcune limitazioni, si chiede alla Corte Costituzionale di svolgere il ruolo di legislatore, si chiede cioè alla Corte Costituzionale di essere essa stessa a stabilire criteri. Ma non può farlo. Non sono magistrati eletti dalla popolazione. Quindi non hanno questo ruolo nel sistema legale italiano. Quindi questo è un altro valido motivo per cui la Corte Costituzionale potrebbe dichiarare inaccettabile questa richiesta.
Questo è molto importante anche per il pubblico della rivista Insieme.
Poi, nel merito di quanto dice il giudice Gattuso: riassumendo, più che un documento giuridico scritto da un giudice che utilizza tante norme giuridiche, fondamenti giuridici, mi sembra un documento scritto da una “persona amministrativa”, un burocrate, un esponente della burocrazia italiana che parla per dogmi, per verità assolute. Faccio un esempio: Pagina nove:
“Risulta da un noto studio empirico che la grande maggioranza dei richiedenti, che presentano fra tutti i propri avi anche un solo, lontano, emigrato italiano, non soltanto sono privi di alcun contatto culturale o linguistico con il paese, ma sono interessati alla cittadinanza in prospettiva non di un più saldo contatto con l’Italia ma di un trasferimento in altri paesi dell’Unione europea (il 60% degli italiani residenti in Spagna è nato in un continente diverso dall’Europa; gli italiani nati in America latina rappresentano oggi il 78% dei cittadini italiani residenti nella circoscrizione di Barcellona) o negli Stati Uniti d’America, dove dal 1986 i cittadini italiani sono esentati dal visto (la letteratura riferisce di controlli più stringenti alla frontiera statunitense per gli italiani “nati all’estero”)”.
Poi inizia con questa frase, la classica frase che abbiamo sentito milioni di volte. E’ un discorso politico. È burocratico. E un’altra cosa: un giudice dice questo e, soprattutto, si basa su una fonte che non sappiamo quale sia, perché non menziona nemmeno quale sia lo studio empirico o l’analisi empirica che dimostrerebbe, in modo scientifico, che la maggior parte dei discendenti di italiani sia interessata al passaporto per viaggiare in Europa o negli Stati Uniti. Quindi questa è una sentenza? In una richiesta così importante, non è accettabile come argomento giuridico. Perché non ha nemmeno una base scientifica. Quindi, ciò è abbastanza grave. Per questo parlo di “dogmi”, di “verità assolute” e, diciamo, di “sentenze già scritte”.
Allora, per questo dico che mi sembra un altro documento come quelli che già conosciamo, che abbiamo visto tante volte, in cui si parla di cose senza una base giuridica, non tanto normativa e nemmeno scientifica. Non esiste nessun tipo di studio o analisi scientifica che lo dimostri, anche perché sappiamo che non è così. Non è così. Ossia, la maggioranza dei discendenti italiani che hanno già ottenuto il passaporto italiano non vivono attualmente negli Stati Uniti o in altri paesi dell’Unione Europea. Alcuni si. Ma non la maggioranza. In altre parole, non esiste un fenomeno migratorio di grandi dimensioni legato al passaporto italiano per discendenza.
Quindi, questa è una considerazione generale sul merito di questa decisione. Poi, sempre riassumendo perché il documento è esteso, la tesi è che lo ius sanguinis italiano sarebbe incostituzionale perché, di fatto, oggi ci troviamo di fronte ad una realtà in cui vi è un numero enorme di richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana per il fatto che tutti abbiamo saputo di averne diritto. E lo dice esattamente nella stessa pagina nove:
“Il doppio presupposto – estensione esorbitante della platea dei soggetti interessati al riconoscimento; mancanza di limiti nell’applicazione del criterio della discendenza –, unito alla facilità di accesso, grazie a internet, alle informazioni e alle procedure, pone oggi diversi problemi in relazione a due ambiti giuridici: la compatibilità con il quadro costituzionale nel suo complesso, in particolare con la stessa definizione della nozione di «popolo», che insieme alle nozioni di territorio e di sovranità concorre a comporre la stessa nozione di «Repubblica», e, per altro verso, la delicata questione della compatibilità con gli obblighi internazionali, tanto di natura più lata che derivati dall’adesione all’Unione Europea”.
Se oggi c’è un numero potenzialmente enorme di interessati, è dovuto al fatto che tutte queste persone hanno scoperto, grazie a internet, grazie ai social network, di avere diritto alla cittadinanza italiana. E proprio per questo sarebbe incostituzionale perché il fenomeno creerà una Nazione di popolazione, di comunità, che non è coesa perché formata di persone che non hanno un legame effettivo con il territorio italiano, con la comunità italiana. Cosa discutibile, molto discutibile. Cita il fatto che, effettivamente, prima, negli anni ’50, ’60, ’70, ’80, ’90 – la legge era sempre la stessa, perché non è cambiata – non creava problemi, non era incostituzionale. Prima. Ed è diventata incostituzionale negli ultimi anni? Perché? Perché sono moltissime le persone che con internet, con i social network, hanno saputo del loro diritto. Quindi ne chiede l’incostituzionalità.
Ma mi domando: è questa l’incostituzionalità, oppure l’incostituzionalità sta nel fatto di una persona avere un diritto e non avervi accesso, non sapendo che può esercitarlo, che se ne può avvalere? Quindi egli sta permettendo un argomento che, in realtà, esso stesso è l’argomento che ogni discendente italiano dovrebbe usare, perché la Costituzione italiana vuole far sapere alle persone che ne hanno diritto. Quindi è esattamente il contrario. Ecco allora la grande confusione che c’è in questa tesi del Tribunale di Bologna.
Lo ius sanguinis italiano è sempre stato lo stesso. La legge non è mai cambiata. Mai. Oltretutto non c’è nella Costituzione italiana, nella legislazione italiana, un principio di effettività per il quale debba esserci un collegamento diretto, cioè è sempre una scelta del legislatore, è il Parlamento italiano che deciderà in merito a come sarà possibile questo criterio. E ad oggi, la legge italiana, il legislatore italiano non ha mai posto limiti o condizioni diverse. Analizzando la storia del diritto italiano, vi sono sempre stati interventi del legislatore a favore dei discendenti di italiani. E’ l’esatto contrario, la tendenza è proprio quella di favorire il riconoscimento e di incentivare la partecipazione comunitaria nello Stato italiano. Ad esempio, il diritto di voto e anche di essere votato. Quindi guardate un po’ che confusione, il conflitto costituzionale che vedo qui in questo documento.
E il secondo argomento, ancor più debole, è che l’ordinamento italiano sarebbe contrario ai principi del diritto internazionale, ai principi del diritto dell’Unione Europea. Qui non voglio rubare tempo ai lettori della rivista Insieme perché ho già spiegato questo argomento in un articolo pubblicato qualche mese fa e in cui già immaginavo che un giorno se ne sarebbe parlato, cioè che lo ius sanguinis italiano era contrario al diritto internazionale e al diritto dell’Unione Europea. Quindi avevo scritto questo articolo proprio per anticipare questa possibile critica e per spiegare che non è assolutamente così. Gattuso cita innanzitutto una famosa sentenza della Corte internazionale di giustizia, che costituisce un caso assolutamente isolato degli anni ’50 che poi la Corte internazionale di giustizia non ha mai più applicato. Ed è stato anche un caso in cui il principio di effettività era stato utilizzato solo per una ragione tecnica, ma il fatto che il cittadino debba essere un cittadino effettivo in un Paese non è mai stato considerato nella comunità internazionale. Si tratta di una scelta nazionale che ogni legislatore può fare. In secondo luogo, lo ius sanguinis italiano non è contrario al diritto dell’Unione europea. Per diversi motivi, che ho già spiegato. Innanzitutto perché l’Unione Europea è nata ben dopo lo ius sanguinis italiano, l’unificazione italiana. Quando l’Italia partecipò alla Comunità che poi divenne l’Unione Europea, il fenomeno dell’emigrazione esisteva già, ed era in una sua fase finale. Quindi lo ius sanguinis già esisteva, gli altri Paesi già conoscevano la realtà italiana. In altre parole, l’Italia aveva una possibile altra Italia fuori dal Paese.
L’Italia poi, lo sappiamo, non è l’unico Paese in cui di fatto si applica senza limitazioni lo stesso principio di ius sanguinis. Perché il dottor Gattuso ha detto anche ciò, cioè che l’Italia è uno dei pochi paesi al mondo dove lo ius sanguinis vige in questo modo. Non è vero. Questo già lo sappiamo. Quindi, anche da questo punto di vista, lo ius sanguinis italiano non è contrario al diritto dell’Unione Europea. E anche su questo versante, penso che la Corte Costituzionale, se un giorno dovesse giudicare questa richiesta di costituzionalità, la riterrà non procedibile, infondata. Questa è una sintesi degli argomenti della richiesta che, ripeto, ritengo piuttosto debole dal punto di vista giuridico e molto condizionata dal clima che si è creato in questi ultimi mesi attorno al fenomeno della cittadinanza italiana.
Un’osservazione, dottor Mellone: i 12 menzionati nel processo sono brasiliani; La seconda osservazione è la richiesta di limitare la trasmissione alla seconda generazione. Una certa coincidenza con alcune proposte che circolano in Parlamento. Come vede ciò?
La vedo come una cosa molto rituale, perché, ripeto, chi fa le leggi in Italia è il Parlamento, è il legislatore. Non i giudici, non la Corte Costituzionale italiana. Nella mia posizione professionale ho letto molte richieste di analisi di costituzionalità. Ma raramente, o forse mai, ho visto il giudice proporre una soluzione concreta alla Corte Costituzionale italiana, soprattutto perché se fai una richiesta non dai anche la risposta. In questo caso la risposta non può essere questa, perché la Corte Costituzionale non fa le leggi.
Ciò che potrebbe accadere – ma, ripeto, non in questo caso – se per assurdo la Corte Costituzionale ritenesse fondata questa richiesta, sarebbe inviare formalmente un invito al Parlamento perché legiferi, faccia una nuova legge. Oppure, nel peggiore dei casi, dare qualche indicazione, diciamo, generica. Ma credo proprio che non sarà così. Sarebbe un lavoro che non spetta alla Corte Costituzionale.
Inoltre è una questione così importante, così centrale per l’ordinamento giuridico, cioè è un qualcosa che dipende dalla volontà politica, dalla volontà del popolo italiano, perché la Costituzione ha il potere di interpretare il sentimento della comunità nazionale. Anche questo lo vedo come una cosa molto rituale e, inoltre, principalmente con la funzione di spiegare cosa significhi due generazioni. Cosa si intende? Si tratta quindi di un altro tentativo di limitare, in qualche modo, gli attuali diritti dei discendenti di italiani già nati. E come abbiamo già spiegato milioni di volte, la soluzione di voler limitare a due generazioni sarebbe, comunque, assolutamente incostituzionale. Inoltre immaginiamo che, per assurdo, la Corte Costituzionale possa dire che sì, è vero, l’attuale ius sanguinis è incostituzionale. Ma tutte le persone che sono già state riconosciute… cosa succederebbe?
Cosa accadrebbe?
Nella stessa famiglia, chi è nato dopo la sentenza della Corte Costituzionale resta senza cittadinanza? E per chi ha avviato un processo non ancora riconosciuto, che ne è della cittadinanza? Come sempre, quando analizzo questi documenti, vedo che chi scrive ciò non si rende nemmeno conto degli enormi effetti che potrebbe avere una limitazione retroattiva, una limitazione per chi è nato italiano. Questa è la mia più grande preoccupazione, perché chi scrive ciò non ha la minima idea delle conseguenze.
Adesso spiego una cosa tecnica: La Corte Costituzionale ha anche il diritto e il potere di limitare gli effetti delle decisioni di incostituzionalità. In altre parole, dire che questa decisione vale solo per il futuro e non vale per il passato. Tuttavia, in passato, milioni di persone sono nate e riconosciute, compresi noi. Perché non dobbiamo mai dimenticare che io e anche voi siamo italiani a causa di questa legge che ora è oggetto di una richiesta di incostituzionalità. Quindi, cosa accadrebbe?
Cosa significa due generazioni? Da quando? Da chi è nato? Da chi non è nato? Da chi è stato l’ultimo residente? Questa è la grande confusione che vedo in questa faccenda. E aggiungo: ho conosciuto personalmente il dottor Gattuso e ho avuto anche l’onore di regalargli una copia dei libri che ho scritto sulla cittadinanza italiana. Spero che il dottor Gattuso possa rileggere i miei lavori, non perché lo voglia, ma semplicemente perché in essi ho descritto il diritto italiano e quanto accaduto nella storia del diritto italiano sulla cittadinanza. E spero che queste letture possano aiutarlo a riconsiderare la sua opinione su questo argomento.
Lei inizialmente ha parlato di una possibile preoccupazione riguardo al blocco delle azioni e addirittura di indicazioni del Ministero dell’Interno fino alla decisione della Corte Costituzionale. Tutto ciò non avrebbe forse un ingrediente politico, un manifesto nell’ambito giudiziario, per richiamare l’attenzione su una questione che oggi in Italia è diventata evidente e spesso anche in modo peggiorativo e perfino xenofobo nei confronti di alcune comunità, come per esempio quella del Sud America o del Brasile?
Posso solo dire che in questo documento, come ho detto prima, vedo molte cose che non sono necessariamente legali, ma sono altra cosa. Anzi, affermo che questa decisione, secondo me, è nata nell’aprile di quest’anno, il 2024. È nata a Padova, dove sia io che Daniel Taddone eravamo al convegno di Padova, dove si è detto, per la prima volta e si è spiegato che lo ius sanguinis italiano potrebbe essere incostituzionale. Questa è l’origine, per me, della decisione che analizziamo oggi. Perché da quel momento in poi si è creata una “tendenza” pubblica per cui, in qualche modo, si è pensato a come limitare l’attuale ius sanguinis italiano. Questo tipo di idea ha portato a questa decisione, ma una cosa è certa: il Tribunale di Bologna, fino all’aprile 2024, ha emesso centinaia di sentenze che hanno applicato senza alcun problema lo ius sanguinis italiano, riconoscendone la legittimità. Allora, come è possibile che gli stessi giudici, la stessa Corte, la stessa Giustizia, lo stesso giudice che, anche nella sua veste di presidente della Sezione, che deve dare uniformità di interpretazione, come è possibile che oggi se ne esca con questa cosa così importante di essere contraria a quanto ci è stato detto dal tribunale stesso? Questa è una cosa strana, molto strana.
La sua osservazione è interessante, dottore. Perché, allora, in nostro aiuto dovremmo ricorrere alle decisioni dello stesso dottor Gattuso, sulla base delle sentenze da lui stesso emesse finora.
Già. Ho molti esempi, ma ne hanno anche i miei colleghi. Perché il Tribunale di Bologna fino ad oggi ha emesso tante sentenze e, ripeto, ho anche sentenze in cui lo stesso dottor Gattuso era giudice titolare, delegando un altro giudice ad analizzare il caso, ma comunque restando lui giudice titolare con il caso arrivando alla sentenza, nella quale sono state applicate, senza problemi, la normativa italiana e le varie disposizioni della normativa italiana. Quindi, se una legge è incostituzionale oggi, lo era anche prima. Allora come è possibile? Questa sarebbe la giusta domanda.
Altra osservazione che farei: il processo in questione riguarda una cittadinanza materna prima del 1948, proprio il tema principale delle sue opere pubblicate, ma tale argomento non è stato messo in discussione nel ricorso…
Non è messo in discussione e, anzi, si parla anche della questione materna, si parla della Corte Suprema, che ha detto che i nipoti di lingua materna hanno diritto e tutto il resto. Fa un ragionamento che va oltre, diciamo, la questione materna e tutte le altre questioni che esistono nel mondo della cittadinanza italiana, cioè va a capo, dicendo che c’è qualcosa di sbagliato, di incostituzionale nel sistema stesso, nel principio stesso di utilizzo senza limitazioni. E poi, posso anche dire una cosa? Si dice sempre che lo ius sanguinis è illimitato. In realtà non è vero che sia illimitato. Questa è un’altra cosa che sarebbe bene chiarire un po’. In altre parole, lo ius sanguinis è un padre o una madre che trasmettono la cittadinanza al figlio o alla figlia. Poi, se questa figlia o figlio ha un altro figlio, la cittadinanza passa nuovamente alla generazione successiva. Se quel bambino non ha figli, allora si ferma. Poi, se quel bambino, per qualche motivo, perde la cittadinanza nel corso della sua vita, non potrà più trasmetterla, ovviamente. Quindi, ci sono limitazioni. Quando si parla di ius sanguinis illimitato, sembra che esso non abbia davvero alcun tipo di limitazione, che sia davvero una cosa continua, un flusso continuo fino all’infinito, senza alcun tipo di fine. La legge italiana, sia quella attuale che quella passata, ha stabilito qualche tipo di limitazione. Anche in questo senso le cose vanno messe nel modo giusto. Non esiste una legge di ius sanguinis completamente illimitato. Nemmeno in Italia.
Grazie di cuore per la pazienza, per lo studio e la dedizione a questa causa e grazie di cuore soprattutto per la tranquillità che Lei ha appena trasmesso a causa di questa richiesta che giunge dal Tribunale di Bologna. È importante che il giurista sia sereno di fronte a questo fatto che, per noi profani, fa un po’ paura. È vero, perché il Tribunale di Bologna è un giudice che chiede, sostenendo incostituzionalità, volendo la prescrizione; Non siamo più nel regno delle supposizioni e delle opinioni personali. Siamo tra giuristi, persone esperte nel campo del diritto.
Dirò qualcosa che è abbastanza importante. Credo che questo fatto ci farà un altro favore. In primo luogo, avrà l’effetto di rafforzare ulteriormente la comunità degli italo-discendenti e tutti i professionisti che operano nel settore, perché quanto più attacchi avrà la comunità dei discendenti italiani, tanto più questa comunità si unirà per una causa comune, che è ciò che è successo durante la grande naturalizzazione. Ciò accadrà anche al giorno d’oggi. Sono infatti molto fiducioso, lo ripeto, che sia possibile che la Corte Costituzionale dica subito che, per vari motivi, non analizzerà il merito. Ma se la Corte Costituzionale giungerà nel merito, ho grande fiducia che esca un’altra sentenza epocale, come fu quella delle Sezioni Unite della Corte Suprema, nel 2022, favorevole alla legge. Stabilirà e confermerà quanto scritto nella legge, nell’ordinamento italiano. Sappiamo che la cittadinanza è riconosciuta a tutti i discendenti, senza problemi di costituzionalità. È un altro passo importante in questo percorso, un’altra tappa che darà risultati positivi per tutti i discendenti di italiani.
Testo pubblicato originariamente nell’edizione 302 della Rivista Insieme.