Tutto è nato da una passione acquisita per il vino, racconta la giornalista carioca Marcia Monteiro. Facendo ricerche sulla bevanda prodotta in Brasile, ha scoperto in essa il DNA italiano. Ma facendo approfondimenti notò – stiamo parlando della regione della Serra Gaúcha – più grandi opportunità nella grande cultura italiana portata dagli immigranti, della quale si è occupata, lasciando di lato il progetto originale. Il focus è divenuto tutto l’universo culturale degli immigranti italiani e i loro discendenti che, secondo lei, hanno riprodotto qui le loro conoscenze, non solo nel vino ma in tutti i settori delle attività – dall’architettura alla gastronomia, dall’industria, alla musica, alla religiosità, al modo di parlare e molto altro.

Quasi un secolo e mezzo dopo, cosa è rimasto di tutto ciò?

PATROCINANDO SUA LEITURA

Chi lo vuole sapere deve comprare un biglietto e andare al cinema. C’è tutto, in un’edizione di 80 minuti con colonna sonora “entusiasmante e completamente originale”, secondo Marcia, che aveva sognato un elaborato piano di presentazioni, conferenze e incontri per il lancio della sua creatura. È arrivata la pandemia e tutto sarà virtuale. Quindi, per andare al cinema basta entrare nel sito specifico del documentario. Con il vantaggio, come dice Marcia, di poter riunire la famiglia per un pranzo domenicale e, dopo la pasta, tutti insieme ad assistere al film.

YouTube player

Nelle versioni in portoghese, inglese e spagnolo, “Lascito Italiano” è un po’ storia e un po’ attualità. Nella costruzione della linea del tempo che coinvolge l’epopea dell’immigrazione, oltre 90 persone sono state intervistate e le riprese fatte in città come Bento Gonçalves, Caxias do Sul, Flores da Cunha, Garibaldi, Carlos Barbosa, Vila Flores, Farroupilha, Pinto Bandeira, Nova Pádua e Bonte Belo do Sul, tutte in Brasile. In Italia si sono fatte riprese a Conegliano, in Veneto; comunità di Vallagarina, Brentonico, Isera, Nogaredo, Rovereto, Terragnolo, Villa Lagarina, Castellano e Pedersano, in Trentino; e nel porto di Genova, in Liguria – una delle porte di uscita degli immigranti italiani.

Con sceneggiatura e regia di Marcia, il documentario è una produzione di Camisa listrada, con direzione alla fotografia di Elton Menezes e Dandy Marchetti e colonna sonora di Mu Carvalho. La produzione esecutiva è di André Carreira e il montaggio di Pedro Vinicius. Sono coproduttori Globo Filmes e GloboNews.

Nella video-intervista concessa in esclusiva per Insieme, Marcia Monteiro spiega come e quando è nata l’idea di realizzare il documentario e, benché non abbia nulla di italiano (“solo il mio cuore, che deve essere verde e rosso”) si dice impressionata dalla “densità dell’epopea italiana”. Benché nel documentario recitino attori italo-gaúchi, dove la terra ha avuto un ruolo fondamentale, “fornisce anche una pennellata” dell’immigrazione italiana a San Paolo, differente dalla prima che aveva come fine fornire la manodopera nelle grandi aziende del caffè.

Tra i lasciti dell’immigrazione italiana, Marcia elenca, oltre alla lingua, la gastronomia, l’industria metallurgica, quella delle costruzioni…la mutualità: “Si aiutavano tutto il tempo, uno sosteneva l’altro nei momenti più difficili”. Anche il film è stato fatto grazie ad una mutualità – sostiene Maria – dove gli attori stessi hanno aiutato generosamente nella sua costruzione.

Una delle location che più hanno impressionato la regista e sceneggiatrice è stata l’ultima, a Caravaggio, nel comune di Farroupilha – luogo di fede e adorazione, dove arrivano pellegrini della regione e di tutto il paese. Racconta che le persone hanno iniziato ad apparire all’alba, arrivando da tutti i luoghi e da tutte le strade: strade sterrate, asfaltate, sentieri… “per scoprire che quei vari percorsi arrivano tutti ad un solo luogo, visto che la comunità è stata organizzata intorno alla cappella. Le strade erano lunghe, cosa diversa dalle cittadine italiane, ma in queste cappelle era il luogo dove, alla domenica, pregare, chiedere e ringraziare. Ma era anche il momento dell’unità, il momento in cui scambiavano idee e crescevano insieme. E io con le telecamere sono riuscita a tornare indietro nel tempo e capire la forza che deve essere stato tutto questo, questa fede, nella vita delle persone”.