u ROMA – IT – “La presenza italiana in America Latina è il frutto di tre principali ondate migratorie: una prima ondata a cavallo tra ‘800 e ‘900, quando un milione di persone sono partite dal porto di Genova, la seconda nel primo dopoguerra e una terza moderna negli anni ‘50 e ’60. Si tratta di generazioni espressione di epoche diverse che hanno contribuito in maniera decisiva alla formazione di questi stati in tutti i settori: politico, economico, culturale”. Il senatore Edoardo Pollastri ha descritto così il fenomeno migratorio italiano verso il continente americano al pubblico che ha preso parte al convegno preparatorio alla terza conferenza nazionale Italia – America Latina e Caraibi dal titolo “Gli Italiani in America Latina” tenutosi venerdì a Genova presso la Fondazione Casa America. “Per lungo tempo – ha dichiarato il senatore – questi emigrati sono stati ignorati dall’Italia; solo negli anni più recenti il Paese ha dimostrato nei loro confronti una maggiore attenzione ma con un atteggiamento retorico, assistenzialista e anche un po’ demagogico. Bisogna chiarire il rapporto tra l’Italia e i suoi emigrati, cosa l’Italia può fare per loro, cosa ne può ricevere, e soprattutto cosa rappresentano”. Riguardo all’interesse da parte della politica verso la migrazione italiana in America meridionale, Pollastri ha aggiunto: “certamente oggi c’è una maggiore attenzione verso l’America Latina – ha detto -. Lo dimostrano le numerose visite dell’ultimo anno da parte del ministro D’Alema, del presidente del Consiglio Prodi, del viceministro Danieli e di altri, ma rimangono due Italie: una di serie A che partecipa alle missioni umanitarie e una di serie B rappresentata dalle lunghissime file innanzi ai consolati nei Paesi del Sud America”. “Bisogna cambiare questa immagine negativa dell’Italia – ha concluso il senatore -, con il contributo dei parlamentari eletti all’estero. E’ fondamentale dare più risorse alla rete consolare, perché i diritti riconosciuti dalla legge, come il riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti, siano riconosciuti anche nei fatti”.

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