Imagem alusiva às "filas da cidadania"(Arte Revista Insieme)

“Quando il tema è il riconoscimento della cittadinanza, la mancanza di rispetto della legge la fa da sovrana assoluta, non solo nei consolati italiani in Brasile ma anche in altre rappresentanze consolari italiane in giro per il mondo ed anche nello stesso territorio italiano”

A tutt’oggi, 5 settembre 2019, scrivo questo articolo al fine di presentare lo scenario delle “file della cittadinanza” nelle sette rappresentanze consolari italiane in Brasile constatando che nessuna di esse sta agendo nel rispetto della legge. Proprio così, tutti i consolati italiani in Brasile non rispettano la legge italiana per ciò che concerne i termini legali della pratica amministrativa di riconoscimento della cittadinanza italiana.

PATROCINANDO SUA LEITURA

A molti potrà sembrare strano, visto che dovrebbe venire da sé il rispetto della legge da parte di un organo pubblico. Invece, quando l’argomento è il riconoscimento della cittadinanza, la mancanza di rispetto della legge la fa da padrone, non solo nei consolati italiani in Brasile ma anche in molte rappresentanze consolari italiane in giro per il mondo ed anche in Italia.

Prima di proseguire è comunque importante sottolineare che quando si parla di rispetto della legge non include un giudizio sull’argomento. Qui non ci mettiamo a discutere se la legge è giusta o no, se adeguata o no. “Dura lex, sed lex”, dice una fondamentale affermazione latina. La legge della cittadinanza esiste e deve essere rispettata. È compito degli organi pubblici operare affinché avvenga. Sarà eventualmente un’altra la sede dove discutere sulla validità di questo impianto di legge. E voglio lasciar chiaro un altro punto: noi possiamo farlo, funzionari pubblici no. Se non altro fino a che sono in carica, nell’esercizio delle loro funzioni. Purtroppo, certi consoli si permettono non solo di criticare le legge ma anche di agire deliberatamente al fine di far divenire il riconoscimento della cittadinanza italiana come l’ultima delle loro preoccupazioni. A tal fine mettono in atto tattiche ostruzionistiche assolutamente deplorevoli.

Le “file della cittadinanza”, reali o virtuali, sono il risultato della mancanza di attenzione. Come dimostrerò più avanti, la scusa della mancanza di risorse non può più essere usata. Ora c’è rimasto solo questo immobilismo incapace di vedere in questa “Italia fuori dall’Italia” una preziosa risorsa. Al posto di sostenere l’italianità, il sistema fa sorgere nei cittadini rabbia e disprezzo, a causa di maltrattamenti e della mancanza di attenzione.

Sintetizzo nella tabella allegata la situazione attuale di ognuna delle “file della cittadinanza” nelle sette circoscrizioni consolari italiane in Brasile.

Come si può notare, ci sono due modalità di “file della cittadinaza”: quella tradizionale e la “lotteria della cittadinanza”. Di seguito le affronto nei dettagli entrambe.

LE FILE TRADIZIONALI – Cinque consolati hanno le cosiddette “file tradizionali”. In questa modalità il cittadino interessato al riconoscimento della cittadinanza invia una richiesta scritta al consolato, via posta o email ed è inserito in una lista di attesa.

Consolato Generale di San Paolo – Il consolato con la fila più lunga e numerosa è, senza dubbi, San Paolo. In questo consolato le persone che stanno venendo chiamate di questi tempi ne avevano fatto domanda nel 2007. Solo per averne un’idea, chi ha inviato via posta la sua richiesta nel 2007 non aveva nemmeno la minima idea di cosa fossero Facebook, WhatsApp o Uber. O nemmeno sapeva che al mondo ci fosse una persona di nome Barack Obama. E si sarebbe messo a ridere se gli avessero detto che il tale Barack Obama avrebbe avuto come successore alla presidenza degli Stati Uniti il magnate e bon-vivant Donald Trump.

La fila della cittadinanza nel consolato di San Paolo dura i biblici 12 anni! E nemmeno vi sono dei segnali di miglioramento, seppur nel 2018 sia arrivato un milione di Euro. Non ci sono informazioni di provvedimenti presi per diminuire questa attesa che rappresenta un vero e proprio scherno nei confronti del cittadino.

Consolato Generale di Curitiba – Rispetto a San Paolo, la fila della cittadinanza presso il Consolato Generale di Curitiba si trova “quasi” nel rispetto della legge. Gli ultimi chiamati per essere ricevuti negli uffici hanno inviato le loro richieste nel 2015 ed inizio 2016. Più o meno sono convocate circa 3.000 persone a semestre, un numero che negli ultimi anni è divenuto costante. Però, negli anni 2017 e 2018 è aumentato il flusso dei nuovi richiedenti.

Consolato Generale di Porto Alegre – Gli ultimi chiamati avevano inviato la loro richiesta nel 2013. Durante la gestione del precedente console, Nicola Occhipinti, vi era stato un evidente sforzo per lo smaltimento della fila della cittadinanza. Occhipinti stesso era arrivato a prospettare la “fine della fila della cittadinanza” e in molti se ne erano rallegrati. Io, a dire il vero di natura un po’ scettico, non ci avevo creduto molto.

Dopo la fine del mandato di Occhipinti e l’arrivo del nuovo console generale le cose sono totalmente peggiorate  visto che il nuovo capo missione non pare preoccuparsi molto con la questione collegata al riconoscimento della cittadinanza italiana e pare si sia addirittura rifiutato di discutere l’argomento con il Comites locale, dato che non considera colui che è nella fila un cittadino italiano e, quindi, il riconoscimento della cittadinanza italiana non è da lui considerato un argomento pertinente al “Comitato degli italiani”.

Consolato Generale di Recife – Il Consolato che presta servizio a tutti i nove stati del Nord-Est sta oggi convocando coloro che ne avevano fatto domanda nel 2015. Il ritmo delle convocazioni è cresciuto notevolmente ed il console si sta dimostrando personalmente impegnato a normalizzare la fila di attesa prima della sua partenza, prevista a fine 2020.

Il numero delle domande è decisamente minore di quello di altre rappresentanze consolari per ragioni storiche-demografiche, seppur sia importante sottolineare che i consolati non sono solo fabbriche di cittadinanza e passaporti. Il consolato di Recife deve rispondere ad una realtà che spesso altri consolati non hanno, ossia turisti italiani con problemi di varia natura (passaporti persi o rubati, incidenti, arresti spesso a causa di coinvolgimento in prostituzione minorile o traffico di droga, vittime di violenza, ecc.), ed un’enorme numero di differenti situazioni di italiani non iscritti all’Aire che vivono una parte dell’anno in Brasile, matrimoni e divorzi di italiani non residenti, ecc.

Cancelleria consolare dell’Ambasciata a Brasilia – Dopo un periodo di letargo, la Cancelleria consolare dell’Ambasciata a Brasilia ha iniziato a convocare in modo sistematico i richiedenti per la consegna dei documenti. Si prevede che per la fine di questo anno verranno convocati tutti coloro che ne avevano fatto richiesta fino alla fine del 2014.

In una prima leva di convocazioni, l’allora funzionario responsabile usò a piene mani tutte le forme possibili di ostruzionismo per provocare la desistenza del maggior numero possibile di interessati al fine di fare smuovere la fila. Scrissi un articolo su questa incresciosa situazione del quale ve ne raccomando la lettura. Ora la situazione pare si sia normalizzata con l’arrivo di un nuovo responsabile della Cancelleria. Vediamo il futuro cosa ci riserverà.

In ogni caso è sempre importante ricordare che decisioni burocratiche di funzionari amministrativi sono sempre passibili di contestazione ed eventuale revisione. Al cittadino raccomando che nessuna richiesta da parte dell’autorità, sia essa giusta o sbagliata, venga considerata inappellabile. Qualsiasi richiesta espressa dall’autorità consolare deve essere manifestata in forma scritta, possibilmente spiegando anche le ragioni di tale comunicazione. Nell’amministrazione pubblica non esiste “è  così perché lo voglio e lo decido” o “è il consolato che lo vuole e dobbiamo accettarlo ciecamente”.

E, come sempre avviso, in caso di una decisione negativa da parte dell’organo consolare, essa deve essere sempre espressa in forma scritta, fondata su leggi e normativa.

LA “LOTTERIA DELLA CITTADINANZA” – Il Consolato-Generale di Rio de Janeiro e il Consolato a Belo Horizonte adottano il sistema della “lotteria della cittadinanza” o, come anche mi piace definirlo, “cittadinanza a numero chiuso”. In che cosa consiste questo sistema?

La “lotteria della cittadinanza” è un sistema con il quale un consolato mette a disposizione su una piattaforma online un numero limitato di posti per un certo periodo (ad esempio 10 posti alla settimana) per ricevere gli utenti al fine che possano presentare i documenti richiesti. Così, gli interessati ad essere ricevuti, si devono registrare sulla piattaforma “Prenota Online” e concorrere per i posti con altri utenti. I più fortunati, quelli con migliore conoscenza digitale, o entrambe le cose, riescono così ad ottenere un posto.

Questo tipo di sistema di prenotazione opera con una tecnica chiamata “filtro delle richieste”, ossia creare un ostacolo tra colui che chiede un servizio e colui che lo offre. Questo “filtro”, nel caso della cittadinanza, si chiama “Prenota Online”.

Il consolato stabilisce arbitrariamente e senza “accountability” un numero di posti per un certo periodo (giorno, settimana, mese). Nessuno sa quanti posti vengono messi a disposizione e chi sono i “contemplati”. Non vi è nessun tipo di controllo esterno sull’attribuzione dei posti. Dobbiamo solo credere in quello che ci dicono, quando ce lo dicono, visto che l’argomento è sempre trattato in un silenzio sepolcrale.

Così, al posto di una fila biblica ma reale, come c’è a San Paolo, si passa ad avere una “fila fantasma” o “fila degli sventurati”. Una fila composta da un numero non chiaro di utenti che non riescono ad ottenere una data di ricevimento presso gli uffici consolari.

Il Prenota OnLine per il riconoscimento della cittadinanza italiana è un “Superenalotto” in cui non si sa a quanto ammonterà il premio, il numero degli scommettitori e, una volta estratta la decina, in quanti vincono.

Agli interessati rimangono 3 opzioni:

1) Diventare schiavi del sistema Prenota Online e di tutti i giorni in cui ci sono posti disponibili dovendosi prostrare ai piedi della “Ruota della Fortuna consolare” e pregare affinché uno dei pochi posti disponibili in quel giorno ricada sul loro nominativo. Sono centinaia, forse migliaia di “italo-idioti” che si contendono una manciata di posti. Poi, oltre agli italo-idioti ci sono anche gli italo-robot, molto più rapidi nell’operazione per esperienza e velocità di connessione.

2) Appoggiarsi ad imprese specializzate che riescono ad ottenere la prenotazione. Si fornisce, a questi “prenotatori” un proprio login e password affinché usino gli italo-robot e prenotino posti che gli italo-idioti non riescono ad ottenere. Il tutto pagato “fior di quattrini”.

E la colpa dell’esistenza di italo-idioti non è di aiuta nella prenotazione, che esercita un’attività legale, ma dei consolati, insomma dello Stato Italiano.

3) Processare lo Stato Italiano. Nell’impossibilità di presentare la richiesta di riconoscimento della cittadinanza e non volendo ricorrere ai robot, agli italo-idioti non rimane che fare ricorso alla Giustizia italiana pagando ancor di più fior di quattrini ad avvocati italiani. I quali anch’essi non commettono nessuna azione illegale, solo presentano in via giudiziale la giusta richiesta dei loro assistiti.

Prima o poi, anche gli altri cinque consolati adotteranno lo stesso sistema della “lotteria della cittadinanza” e diffonderanno ai quattro venti che “la fila è stata azzerata”. Sfido chiunque a controllare se veritiera questa mia affermazione tra un po’ di tempo. Il “filtro” delle domande è inevitabile e scaraventerà migliaia di persone nel limbo della “fila fantasma”.

Ma perché le file sono illegali?

Fino al 2014, le rappresentanze consolari avevano 240 giorni di tempo per portare a termine la pratica di riconoscimento della cittadinanza italiana. Però questo termine temporale non era rispettato da nessun consolato. Allora, con il D.P.C.M. nº 33 del 17 gennaio 2014 fu deciso il termine massimo di 730 giorni affinché la pratica fosse evasa, termine di tempo che partiva da quando giungeva la richiesta dell’utente fino ad un parere definitivo.

Quale il risultato pratico della nuova legge? Nessuno. I consolati hanno continuato ad evadere le pratiche esattamente con la stessa lentezza di prima “tranquillamente”, o meglio, senza paura di stare andando contro la legge. In fin dei conti quali armi ha in mano l’italo-idiota al doversi confrontare con arbitrii o inerzia? Se ha qualche soldo in tasca può contrattare un avvocato italiano e processa lo Stato. Se non ne ha, deve solo aspettare.

A questa situazione di illegalità delle file si aggiunge una interpretazione “furbetta” dell’ Art. 2, §6, Legge nº 241 del 7/8/1990 (“Nuove norme sul procedimento amministrativo”) che determina che un procedimento amministrativo inoltrato da un utente ha inizio nel momento in cui l’Amministrazione pubblica competente ne riceve richiesta.

I consolati attribuiscono a questo articolo, come minimo, una curiosa interpretazione. Ufficialmente, per i consolati, i termini decorrono solo a partire dalla data in cui essi “autorizzano” il cittadino a presentare la domanda. Così il termine decorre non dal giorno in cui la richiesta di cittadinanza è presentata ma da quando il probabile futuro cittadino è convocato. Solo che la convocazione avviene quando il consolato lo decide.

In pratica il termine viene stabilito così: “quando il consolato decide di convocare il cittadino più due anni”. Ciò è legale? Ovvio che la risposta sia “no”. Il termine decorre da quando la richiesta dell’utente giunge al consolato e non quando viene convocato.

È talmente palese ciò, che le cause intentate contro lo Stato italiano presso il “Tribunale Civile di Roma” che si basano sull’illegalità delle file, reali e virtuali, hanno sempre avuto lo stesso esito. Comunque, cari signori in fila, non perdete la speranza. Come detto prima, la possibilità di risolvere in via giudiziaria l’illegalità esiste solo per chi ha soldi da spendere.

La causa delle file è la mancanza di risorse?

Per anni ci hanno raccontato una storiella che sembrava vera: le file ci sono perché i consolati non hanno soldi per contrattare personale che possa  espletare le pratiche per il riconoscimento della cittadinanza italiana di tante persone. E aggiungevano: “ah, se almeno ci fosse una tassa da far pagare ad ogni richiedente per poter assumere più personale e mettere fine alla fila”. Allo stesso tempo, tutti erano d’accordo sul fatto che far pagare una tassa per il riconoscimento della cittadinanza sarebbe stato illegale. Ho sentito ciò per 20 anni.

E come direbbe il testo di un tango di Horacio Ferrer, musicato da Astor  Piazzola: “Quando all’improvviso, dietro questo albero, lei appare”…la tassa della cittadinanza. Nel 2014 venne istituita. Uno scherzetto da 300,00 Euro che devono essere pagati da qualsiasi persona che richiede la cittadinanza italiana, se di maggiore età.

In cinque anni di riscossioni (2014-2019) si stima che oltre 20 milioni di Euro siano stati raccolti nei soli sette consolati italiani in Brasile. Quasi 100 milioni di Reais. Quindi, cari miei compatrioti italo-idioti, cosa si potrebbe fare con 100 milioni di Reais? Usate un poco di immaginazione.

Che cosa fa uno Stato vorace quando raccoglie denaro ed i potenziali beneficiari si trovano in un altro continente ed in uno stato di evidente vulnerabilità? Lo Stato si pappa tutto senza lasciare nemmeno una briciola nel piatto.

Dopo molte battaglie, a onor del vero soprattutto dell’allora deputato Fabio Porta, si è riusciti ad ottenere la restituzione del 30% della tassa ai consolati. Bene, ora le cose si risolveranno! Viva l’Italia! Nel 2018 il Consolato Generale di San Paolo, come già detto, ha ricevuto circa un milione di Euro provenienti dalla tassa della cittadinanza. Al cambio attuale circa 4,5 milioni di Reais. Ma dove è finita questa enorme somma? Per avere una risposta ricordatevi di quella famosa caricatura di John Travolta in Pulp Fiction.

Abbiamo bisogno di una nuova legge della cittadinanza italiana?

Trascorsi 27 anni dall’entrata in vigore della legge nº. 91 del 1992, è chiaro che l’Italia ha nuove sfide nel campo della nazionalità. Il Parlamento Italiano deve discutere una nuova legge.

Una nuova legge per affrontare una nuova demografia. Ci sono migliaia di giovani che sono nati in Italia o che vi si sono stabiliti in tenera età ma che devono fare un percorso molto lungo per ottenere la nazionalità italiana. Bisogna correggere questa ingiustizia nei confronti di giovani che addirittura non hanno mai lasciato l’Italia e che parlano solo l’italiano. Culturalmente italiani, totalmente integrati nella società nazionale che hanno bisogno di un percorso più facile per avere accesso allo status di cittadino italiano. Una questione tanto ovvia come umana.

La risposta sarebbe nell’adottare lo “ius soli”? Secondo me, no. Una nuova legge di cittadinanza dovrebbe prevedere l’accesso alla nazionalità a minorenni i cui genitori si trovino in una situazione regolare in Italia e che abbiano concluso almeno il primo periodo scolastico (le elementari), mostrandosi così totalmente integrati.

Questo tipo di concessione fuori dall’ufficialità prende il nome di “ius culturæ” (diritto della cultura o meglio, diritto ad avere accesso alla cultura). La nazionalità verrebbe conferita “ex nunc” ancora con l’avente diritto minorenne, dopo una richiesta presentata da uno dei genitori, permettendo al giovane di arrivare alla maggiore età già cittadino italiano.

Ora, per quale motivo affrontare l’argomento degli stranieri nati e/o cresciuti in Italia in un articolo relativo alle file della cittadinanza “iure sanguinis”? Perché sono temi legati tra di loro e perché bisogna affrontare l’argomento cittadinanza da italiani. Oltretutto, una nuova legge che istituisca lo “ius culturæ” ha bisogno di una concomitante revisione del diritto di sangue nella legislazione italiana. Tale revisione, ovviamente, andrebbe a ricadere su coloro nati dopo la sua entrata in vigore, come previsto dai principi del Diritto ed il Codice Civile italiano (tanto l’attuale, anno 1942, come il primo, del 1865).

Mi esprimo in questo senso perché così la mia coscienza mi suggerisce. Sono cosciente che il mio sia un punto di vista impopolare nel “mondo italiano” fuori dell’Italia, anche perché le persone reagiscono più di forma istintiva che riflessiva.

Coloro che già sono cittadini italiani riconosciuti non avrebbero nulla da temere poiché sarebbe sufficiente iscrivere i loro figli all’anagrafe italiana quando ancora minorenni. Persino quelli che non siano ancora stati riconosciuti lo potranno fare dopo l’entrata in vigore della eventuale nuova legge ed i loro figli minorenni nati dopo la legge verranno anche loro riconosciuti. Questa ipotetica legge che limiterebbe il diritto di sangue andrebbe a penalizzare solo i nati dopo la sua entrata in vigore ed i quali genitori non avessero sollecitato il riconoscimento della cittadinanza italiana nel periodo di 18 anni dall’entrata in vigore.

Anche i discendenti nati dopo l’entrata in vigore della nuova legge che avessero perso l’ampio margine di termine potrebbero trovare in una nuova legge una via di uscita se ci fosse una previsione di accesso alla nazionalità per “naturalizzazione facilitata” grazie all’ottemperanza di eventuali requisiti, come la residenza nel territorio nazionale o la conoscenza basica della lingua nazionale.

Come affermato prima, considero che i molti milioni di discendenti di italiani sparsi per il mondo siano una risorsa importantissima per l’Italia. Però, la grande “diaspora italiana” diviene sempre di più un fatto storico del passato ed i vincoli con la madrepatria si vanno via-via affievolendo. C’è bisogno di una comunità di cittadini italiani all’estero cosciente della sua italianità, che la viva e la coltivi. Contrariamente, avremo solo “cittadini di passaporto”, come se far parte della “comunità cittadini” sia solo un “club di vantaggi”. Dobbiamo avere la coscienza di capire che questa non è la giusta strada.

Un omaggio speciale – Tutte le volte che tratto l’argomento cittadinanza italiana, le file, i consolati e l’italianità mi viene in mente una persona: Salvador Scalia. Questo mese ricorre un anno dalla sua scomparsa. Il suo addio repentino ci ha lasciati un po’ orfani, ma lui sa che la sua lotta non è stata invano. Gli invio il nostro abbraccio con molto affetto. Pace all’anima sua.  

  • Daniel Taddone é psicologo e presidente do Comites – Comitato degli Italiani all’Estero di Recife – Brasile.
  • Dall’edizione 246 della Rivista Insieme.