Representantes de patronatos italianos no Brasil com o cônsul geral Filippo La Rosa, de São Paulo. (Foto Perfil FP Facebook)

“Durante uma reunião realizada em São Paulo com os representantes dos patronatos de todo o Brasil, foram analisados, com o cônsul geral Filippo La Rosa, as principais preocupações e temas que preocupam nossa grande comunidade

Nel corso di una riunione svoltasi a San Paolo con i rappresentanti dei patronati di tutto il Brasile, sono stati affrontati con il Console Generale Filippo La Rosa le principali preoccupazioni e tematiche che stanno a cuore alla nostra grande collettività.

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Il Console Generale ci ha illustrato la grande mole di iniziative che sul piano culturale e della promozione della lingua il consolato ha messo in atto nel corso degli ultimi mesi; si è poi soffermato, come era naturale, sullo stato dei servizi consolari e in particolare sull’andamento della trattazione delle domande di cittadinanza ‘ius sanguinis’ e sulla crescente richiesta di emissione di passaporti.

Il Consolato d’Italia a San Paolo, infatti, non solo si avvia a diventare il primo al mondo (superando anche Londra) come numero di passaporti rilasciati (si stima un numero di 30mila per quest’anno), ma è sicuramente il primo per quantità e complessità dell’insieme di pratiche relative a italiani e loro discendenti (cittadinanza, naturalizzazioni, passaporti, stato civile).

Il Ministro La Rosa ha sottolineato in un paio di passaggi che “senza il fondo della cittadinanza istituito nel 2016 con l’approvazione della legge che recepiva la proposta di emendamento dell’allora deputato Fabio Porta nessuna azione di miglioramento dei servizi consolari sarebbe stata e sarà possibile”.

Non solo; anche a San Paolo è possibile prevedere un piano di azzeramento della fila della cittadinanza; a condizione, ovviamente che esistano le condizioni strutturali (utilizzando al meglio quel fondo) e – soprattutto – una parallela volontà politica.

Sul possibile azzeramento della fila grazie al fondo ma me istituito si era espresso a suo tempo il Console di Porto Alegre Nicola Occhipinti (divenuto successivamente capo della segreteria del Sottosegretario Merlo); lo stesso Senatore Merlo, dopo aver criticato il contributo dei 300 euro nel corso della campagna elettorale, una volta divenuto membro del governo aveva ringraziato il PD e il sottoscritto per la sua approvazione e si è guardato bene di modificare la legge (senza la quale oggi il Ministero non sarebbe in grado di dare seguito ad alcuna iniziativa di potenziamento della rete consolare in Sudamerica).

Oggi si potrebbe fare anche di più e su altri due fronti: da una parte aumentare la quantità di risorse (oggi ferme a un terzo) destinate ai consolati, dall’altra introdurre lo stesso principio restituendo in tutto o in parte ai consolati le “percezioni” (ossia gli incassi) derivanti dalla tassa sul passaporto.

Ciò perché è proprio la difficoltà di prenotare e di emettere passaporti a creare in questo momento le maggiori difficoltà ai consolati, nel momento in cui vengono portati a definizione i processi di cittadinanza.   Difficoltà esposta dai patronati nel corso della riunione, alla quale il Console ha replicato preannunciando il raddoppiamento dell’orario di prenotazione e delle persone dedicate a questo servizio.

Per quanto riguarda, infine, l’attualissima e delicata questione delle cosiddette “cittadinanze in Italia”, o “cittadinanze per residenza”, io stesso ho fatto notare nel corso della riunione che alcuni anni fa il Sottosegretario agli Esteri Vincenzo Amendola aveva preannunciato una possibile “contro-circolare” del Ministero dell’Interno che sospendeva o abrogava la “circolare K-28” che a suo tempo aveva codificato e di fatto autorizzato la possibilità di presentare direttamente al Comune italiano la domanda di cittadinanza.

Quella iniziativa, che poi non ebbe seguito, avrebbe avuto una sua logica: l’intento era da un lato (con l’istituzione e l’implementazione del “fondo per la cittadinanza”) eliminare la fila “a monte” (cioè presso i Consolati) e dall’altro tagliare l’erba sotto i piedi ai troppi approfittatori che lucravano (a volte in maniera scorretta e criminale) sul “mercato delle cittadinanze” nato proprio a causa di quella fila.

Avremmo avuto, ed era questa la mia intenzione e del PD, una situazione consolare virtuosa grazie alla disponibilità di risorse sufficienti a strutturare un servizio in grado di riconoscere nel giro di uno o due anni al massimo tutte le cittadinanze ‘ius sanguinis’ senza la necessità indotta di trovare altre strade in Italia, non sempre dritte e anzi a volte molto tortuose.

Se i parlamentari eletti all’estero che oggi stanno al governo (il MAIE) o che lo sostengono in Parlamento (la LEGA) volessero continuare a lavorare su questa linea, probabilmente in poco tempo si potrebbe eliminare insieme alla “fila” anche la cosiddetta “mafia dei coyotes”.

Al contrario, invece, si continua ipocriticamente a criticare il “fondo per la cittadinanza”, sapendo bene che è l’unica arma in mano alla rete consolare per affrontare seriamente il problema; altrettanto ipocritamente si grida “al lupo, al lupo !” contro “coyotes e despachantes”, evocando pene severe ed esemplari e finendo per criminalizzare di fatto e ingiustamente quei cittadini che sinceramente si sono rivolti a personaggi o agenzie che in alcuni casi hanno agito in mala fede approfittando della buona fede dei loro “clienti”.

Concludendo: le soluzioni esistono.     Anche relativamente ad un vero e intelligente utilizzo dei patronati.   Si tratta, questi ultimi, di entità riconosciute ufficialmente dallo Stato italiano per assistere i cittadini anche al di fuori dei nostri confini nazionali.     Una legge del 2001 prevede la stipula di convenzioni con i Ministero degli Esteri per stabilire nel mondo una fattiva collaborazione tra patronati e consolati; su questa iniziativa aspettiamo risposte urgenti dal governo in coerenza con quanto già affermato (ma solo a parole !).

Questa convenzione garantirebbe tra l’altro una informazione più capillare e profonda sul tema dei servizi e dei diritti, compreso quello delicatissimo della cittadinanza.   Un tema sul quale si può e si deve lavorare anche sul versante della coscientizzazione civile e politica.     Non sempre, per esempio, il passaporto è necessario a chi lo richiede (se non si ha una effettiva necessità di viaggiare, per esempio) e sarebbe sufficiente la consegna di un “Titolo di cittadinanza” concesso dal Console Generale che attesta la cittadinanza italiana dell’interessato.

Una proposta alla quale il Consolato di San Paolo sta già lavorando e che sarà probabilmente operativa già nei prossimi mesi.

“Fatti e NON parole”, mi sono spesso trovato a ripetere; non si tratta di uno slogan elettorale ma di un’affermazione che trova sostanza nei risultati del mio lavoro parlamentare, nei riconoscimenti di tutti gli operatori sul campo e nelle possibili soluzioni che chiunque vorrà dare seriamente e senza demagogia alla grande e variegata domanda che proviene dalla più grande comunità italiana al mondo !

FABIO PORTA, Presidente del Patronato ITAL-UIL del Brasile, San Paolo, 7 giugno 2019