u CURITIBA-PRChi non ricorda la Drexel Burnham Lambert Inc. e il suo “genio” Michael Milken che letteralmente ha ‘munto’ il mercato americano? e poi le altre, Northen Rock, Enron, Bear Stearns, AIG, Lehman Brothers, Morgan Stanley, Merrill Lynch, Fannie Mae, Freddy Mac, Madoff ed un’altra serie di istituzioni rispettabilissime fino a poco tempo fa, hanno cambiato la visione globale di come si conduce la finanza internazionale, come i governi sono conniventi, e come la sottostante corruzione inquina tutte le relazioni sociali.  La sovranità economica  è sparita, la crisi immobiliaria ha messo per strada migliaia di cittadini negli USA, polverizzazione del valore degli attivi, 2 miliardi di  debiti nelle carte di credito, ogni cittadino americano deve 10.000 dollari, la crescita economica in fondo al pozzo.

PATROCINANDO SUA LEITURA

 

Il  direttore  della FIAT Marchionne ha parlato di fusione tra diversi marchi automobilistici, dicendo che in un prossimo futuro si sarebbe rimasti solo con sei, due in Europa, due negli USA, due in Asia. Ma pensiamo che piuttosto che fusioni tra imprese di culture diverse, invidie e sabotaggi reciproci, è più probabile che alcune siano  comperate oppure che addirittura spariscano dal mercato.

Se la crisi si sviluppa secondo le previsioni più nere, ci potrà essere chi vorrà andare per la sua strada, anche con una possibile disintegrazione dell’Unione Europa.

 

Per valutare la situazione e cercare di trovare nuove strade e nuovi orizzonti il governo del Paraná ha convocato il Seminario – Crisi – Tendenze  e Verità, nella città di Curitiba dove un numeroso pubblico ha assistito ed un altro ha potuto assistere attraverso la Televisione Educativa dello Stato, dal Canada alla Patagonia e numerose domande sono pervenute e sono state risposte dagli economisti brasiliani e dai numerosi che sono

venuti da altri paesi, dall’Europa alla Russia  agli Stati Uniti. Dall’Italia l’on. Mario Lettieri e l’economista Paolo Raimondi hanno tentato di chiarire ai colleghi e al pubblico  i numerosi  problemi lasciati dal laissez faire, e i possibili rimedi, anche amari che dovremo trangugiare per ristabilire gli equilibri finanziari, del lavoro e della produzione. Riproduciamo pressoché l’intero discorso dell’economista  Raimondi, in altri articoli si può trovare il relato di altri conferenzisti.

 

“Bisogna impegnarsi in azioni che escano dal seminato – dice Raimondi –  misure che magari non sono accettate da tutti ma che tracciano dei percorsi nuovi. La crisi globale ha già innescato una  recessione economica che sta degenerando in  una pericolosa depressione mondiale con aumento della disoccupazione, della povertà, del sottosviluppo, con gravissime consequenze politiche e

sociali. Sottolineo depressione mondiale non per spaventare o per essere pessimista ma perché l’economia non è lineare, stiamo attenti ai grafici, il grafico è molto utile,  ma il grafico presenta una tendenza lineare, l’economia si muove  in positivo e in negativo sulla discontinuità, in positivo quando ci sono i grandi sviluppi scientifici, tecnologici che cambiano e fanno aumentare drasticamente la produttività  e il lavoro, in negativo quando abbiamo una situazione di crisi finanziaria , e attestarsi al primo grafico vuol dire perdere la realtà  e la pericolosità della crisi.  Voglio evidenziare questo aspetto, da un anno è riportato dai titoli altisonanti dei midia internazionali, dopo l’esplosione, la bancarotta delle banche, più che sollecitare  una riforma globale, per loro per il momento sembra essere un mero espediente per battere cassa presso i governi. Questa mattina i senatore A. Mercadante ha dato una prospettiva molto dettagliata di quanto è stato già versato e posso aggiungere che  quanto   è stato messo in campo non ha inciso benché minimamente sulla pandemia della crisi.

Vorrei citare alcuni paragrafi della Dichiarazione di Modena rilasciata da un gruppo di lavoro di economisti e politici russi e italiani riuniti il 7/8 luglio scorso, per esaminare il World Finance Unit, dove abbiamo voluto in modo sintetico puntualizzare la situazione per poi entrare nel contesto. L’analisi è molto importante per sapere perché  le cose avvengono, ma non è più il momento delle analisi perché bisognava averle fatte da economisti competenti negli anni passati e sono d’accordo assolutamente con il prof. Carlos Lessa quando ci ha messo  sull’avviso di quello che è stato detto e fatto e su ciò che ancora deve arrivare, ossia molto di peggio di quanto abbiamo visto fino adesso. La citazione della Dichiarazione di Modena – La crisi che ha avuto una accelerazione esponenziale negli ultimi 10-15 anni, è in realtà partita con la decisione del 15 agosto del 1971 di sganciare il dollaro, moneta dei pagamenti internazionali e del commercio mondiale, dal valore delle riserve auree. L’oro, che non ha qualità magiche, serviva solamente ad ancorare il valore del dollaro e delle altre monete a un riferimento reale. Da quel momento si è permesso la crescita cancerosa di capitale fittizio, un sistema di cambi monetari fluttuanti e il progressivo sganciamento della finanza, soprattutto quella speculativa, dagli andamenti sottostanti dell’economia reale produttiva. 

Il sistema finanziario e monetario sempre più deregolamentato e sottratto ai controlli preposti, ha minato ogni forma di governance dando così origine ad una serie di bolle finanziarie, fagocitando i settori industriali, commerciali e agricoli produttivi.

La bolla speculativa finanziaria più pericolosa e fuori da ogni controllo è quella dei cosiddetti prodotti finanziari derivati. Secondo le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, il valore nozionale dei derivati Over The Counter (OTC), cioè quelli trattati fuori dai mercati ufficiali e non registrati sui bilanci delle banche e degli altri operatori finanziari, ammonta a oltre 600.000 miliardi di dollari, con un aumento medio esponenziale annuo del 25%! Basta paragonare questa bolla speculativa, inesistente 20 anni fa, al PIL mondiale, calcolato intorno a 55.000 miliardi di dollari a prezzi correnti, per avere la fotografia della crisi. 

Vorrei quindi accentuare  che era chiaro che presto o tardi si sarebbe arrivati a questa situazione, sarebbe stato meglio se si fosse arrivati prima, con un intervento collettivo in tempo, adesso siamo in una situazione estremamente preoccupante che comporta il pericolo geopolitico dell’esplosione sociale – faccio una piccola parentesi – come cittadino quando sento e leggo che nel giro di poche settimane i governo del mondo hanno versato 11.000  milioni  di dollari (8/12/008) , che di questi alcuni vanno nella direzione della produzione e degli investimenti ma che la maggior parte vanno  alle banche in fallimento, mi domando perché quando i pensionati  che al massimo prendono 500 euro al mese  e sono sotto la soglia della povetà e chiedono un aumento di 50 euro al mese , si facevano delle discussioni infernali perché si diceva che non c’erano i soldi…… signori, se non mettiamo mano alla crisi in modo concreto ci sarà in atto una esplosione sociale –  quindi muoviamoci molto velocemente, non perché è colpa nostra, ma perché c’è stata regalata una crisi globale di cui non avevamo  bisogno, ma che adesso dobbiamo gestire e risolvere.

 

La cosidetta globalizzazione, soprattutto quella finanziaria fatta senza regole sulla base di un debito americano sia interno che estero, cresciuto ad altissima velocità che ha dato vita ad una patologia  degenerativa a moderna tecnofinanza, che ha fatto della leva finanziaria, nel mercato a rischio, con la compliciatà delle agenzie di rating e i loro commandos demolitori,  ha innescato la strage.

La dichiarazione si proponeva un progetto di rifoma globale . Due settimane dopo il nostro incontro di Modena, il mondo bancario ha rotto gli argini e l’ondata della crisi è partita. Ci sono state varie operazioni  per mettere in guardia, che gli interventi fatti senza definizioni precise, senza metodi, senza l’approccio  del curatore fallimentare che vuol dire distinguere la parte buona da quella cattiva, sarebbero stati soldi buttati al vento. Abbiamo fatto una conferenza a Roma e l’abbiamo intitolata “Crisi finanziaria globale” proposta per il G20, da tempo ce ne occupiamo e vorrei che appunto sia il punto essenziale, non solo proposto, ma che contenga azioni di intervento e di metodi per farlo.

 

Non si può pensare che le stesse istituzioni, gli stessi uomini che ci hanno portato a questa situazione, adesso si mettono insieme a gestire la soluzione, ma sulla base di che cosa? Se il loro metodo ci ha portato fin qui perché da un giorno all’altro devono essere ispirati dallo spirito santo e cambiare?  Anche se hanno la buona volontà hanno dimostrato di non essere capaci di operare, questo è importante e bisogna tenerlo presente per gli interventi a venire.

 

Fondo Monetario Internazionale – se andate a vedere il comunicato finale del G20 rimarrete stupefatti peché viene detto che il FMI insieme al Financial Stability Forum, in cui abbiamo l’onore di avere il nostro Governatore della Banca d’Italia come presidente, queste due istituzioni amalgamate  dovrebbero essere trasformate in qualcosa  come World Financial Organization, qualcosa di nuovo che sta maturando dietro le quinte per gestire l’attuale crisi. Ma il punto fondamentale che ribadisce il comunicato è l’elemento della sopranazionalità,  nella supervisione dell’economia e della finanza, mettendo fuori campo il ruolo degli Stati nazionali con i loro parlamenti e governi eletti democraticamnete, una simile soluzione promossa anche da molti economisti cosiddetti liberali risulterebbe in una devastante dittatura della finanza nell’intero sistema.

 

Un altro punto rilevante di cui dobbiamo metterci in guardia è quello in cui si parla di un sistema di regole accademicamente auspicate, in cui bisogna rafforzare la trasparenza , migliorare l’infrastruttura dei mercati Over de Counter-OTC  cioè quelli trattati fuori dai mercati ufficiali e non registrati sui bilanci delle banche,  per renderli capaci di sopportare volumi crescenti, si sta parlando di allargare il mercato di derivati, della speculazione finanziaria!

 

Dopo la crisi il Trattato di Maastrict è stato messo da parte, soprattutto i limiti automatici che erano stati messi  da una burocrazia che di economia non ha mai capito niente, ossia che l’investimento produttivo non è un costo, lo devi sottrarre dal bilancio come  un costo, lo devi concepire come la creazione di un valore, quindi gli devi dare un’altra posizione, un altro ruolo. Noi da buoni burocrati europei abbiamo messo vari limiti tra cui quello che il deficit non può superare il 3% del PIL, questo è stato messo da parte perché altrimenti sarebbe stata la fine dell’Europa.

 

Abbiamo parlato della nuova Bretton Woods che dovrà avere delle priorità differenti da quella del 1944, dove vi era una nazione vincitrice, gli USA, una moneta dominante, il dollaro, una alleanza politica predefinita, anche se escludeva la maggior parte dei paesi del mondo, oggi invece abbiamo questa potenza dominante in declinio, indebitata con il resto del mondo, con una economia in crisi e un sistema finanziario in bancarotta. La Nuova Bretton Woods non può  quindi essere che multipolare in tutti i campi istituzionali, politici, militari ma anche e soprattutto economici e monetari, quindi i nuovi attori devono coordinare le loro azioni insieme in modo da evitare reazioni e calcoli sbagliati che potrebbero provocare crisi politiche ancora più gravi, la nuova struttura potrà quindi rifarsi del sistema stabilito nel ‘44, ma dovrà attingere alle esperienze di Roosevelt, Kennedy,  della pianificazione indicativa di De Gaulle e dello Stato imprenditore di Enrico Mattei, il fondatore dell’ENI, e delle politiche di sviluppo  e di indipendenza dei non allineati e dei paesi emergenti.

 

Un altro punto più specifico sull’Italia, in cui penso sia rilevante  mettere l’accento è che nonostante il fatto che ci sia una grande  differenza in ciò che fa per quanto riguarda la politica interna, bisogna evidenziare il ruolo positivo, che il  ministro dell’economia Giulio Tremonti sta portando avanti a livello internazionale, per far fronte alla crisi globale. Tremonti è stato uno dei pochi a denunciare il pericolo di una dittatura finanziaria proponendo una Nuova Bretton Woods di regole e proposte coerenti di rilancio economico come indicato dal suo recente libro “La Paura e la Speranza” in cui ci sono una serie di proposte molto importanti. Vorrei citare un suo recente intervento, perché in un certo modo non è un economista social-democratico, ma ha detto riguardo alla crisi attuale che è come giocare  in un videogame, in cui arriva un mostro e lo abbatti, e ne sorge uno diverso, e poi un terzo sempre più grande e poi un quarto. Il primo mostro sono stati i mutui subprice e in qualche modo sono stati gestiti, ora sta arrivando il secondo le carte di credito che in America sono carte di debito e anche questo potrebbe essere gestito, si sta avvicinando il terzo mostro che è il finanziamento alle impresee che include i corporate bond e le scadenze, e sul fondo si profila il super mostro i derivati finanziari.

Voglio concludere riprendendo le Dichiarazioni di Modena, che non è una lista di slogan, ma delle proposte su cui lavorare, per quanto riguarda la riforma del sistema monetario, reintroducendo tra l’altro: a) la stabilità di un sistema moderno di cambi, modificabili solamente nel contesto di accordi sottoscritti dalle parti e agganciati agli andamenti delle economie reali, b) l’ancoraggio ad un sistema di riserve auree oppure a un paniere di materie prime e/o di monete da stabilire, c) la definizione di una nuova moneta o di un paniere di monete (quindi non più solamente il dollaro) accettato nel sistema dei pagamenti internazionali, d) controlli contro la speculazione sui cambi, e) controlli sui movimenti di capitali, f) creazione di una sistema di credito a doppio sportello con tassi di interessi bassi e a lungo termine per gli investimenti produttivi e tassi alti e punitivi per le operazioni puramente finanziarie, g) definizione dei nuovi compiti delle organizzazioni internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, il cui ruolo è stato stravolto nelle crisi recenti.

Per la riforma del sistema finanziario, attraverso tra l’altro: a) la regolamentazione dei prodotti derivati esistenti, b) l’introduzione di regole per vietare gli accordi privati OTC, per prosciugare la bolla dei derivati, e per definire il loro funzionamento futuro, c) l’obbligo di negoziazione in borsa dei derivati, di standardizzazione, di autorizzazione da parte di un’autorità di controllo, d) la soppressione dei centri off-shore, e) l’interdizione delle attività speculative degli hedge fund, delle operazioni di cartolarizzazione (emissione di titoli sulla base di altri titoli di debito), f) l’aumento della tassazione  sia sulle operazioni finanziarie speculative che sui redditi provenienti dalle suddette operazioni, g) il sostegno del settore bancario e creditizio pubblico e privato necessario e indispensabile alla politica di investimenti reali e produttivi. 

Per la riforma  del sistema commerciale, attraverso tra l’altro: a) la revisione dell’accordo del World Trade Organizations che ha deregolamentato anche le produzioni e i commerci a scapito dell’efficienza e della produttività dell’intero sistema, b) la promozione e il sostegno di grandi investimenti infrastrutturali a livello continentale nei settori dei trasporti, energia, comunicazioni, R&D ecc., c) creazione di organismi di finanziamento (bond produttivi) di simili progetti come ad esempio previsto dal “Piano Delors”, d) riforme fiscali favorevoli agli investimenti e al riutilizzo virtuoso dei profitti nel sistema produttivo; definizione di principi doganali, di protezioni sociali e di garanzie ambientali in un nuovo trattato di unione commerciale globale. 

Tra gli obiettivi principali verso cui è necessario concentrare le energie di tutti, vi è la necessità di garantire sicurezza finanziaria ed economica ai popoli, unica condizione perché tutti possano accedere alla produzione e ai percorsi di istruzione e di ricerca e perché siano ragionevoli i prezzi per l’erogazione ed il consumo dell’energia.

La necessità di realizzare le misure sopraelencate costituisce, a nostro avviso, la ragione principale per convocare una conferenza mondiale finanziaria (“Nuova Bretton Woods”). Questa conferenza mondiale potrebbe essere convocata nell’isola della Maddalena in Sardegna dove nel 2009 si terrà il meeting del Gruppo G8 o in altro luogo stabilito in quella sede. 

La condizione per la creazione di un nuovo sistema di relazioni economiche e per la realizzazione di una nuova configurazione degli assetti finanziari, è rappresentata da una innovativa leadership nell’economia globale e nello sviluppo mondiale. È nostra convinzione che soltanto un impulso all’industrializzazione e un sistema equo di scambio tra risorse e risultati dello sviluppo, possa creare una rete di nuove relazioni economiche. 

La causa principale della crisi finanziaria di cui parliamo, è costituita, infatti, dal forte attacco ai risparmi pubblici e privati che ha di fatto distrutto il sistema finanziario mondiale.

È quindi necessario avviare un serie di azioni volte a garantire la sicurezza dei risparmi, siano essi privati siano essi statali, e ciò è possibile attraverso il riconoscimento di un nuovo ruolo degli istituti di sviluppo. Le prossime tappe della crisi e la sua soluzione saranno segnate dall’amministrazine di Barak Obama che prende il potere nel 20 gennaio prossimo. Per la prima Bretton Woods ci sono voluti 2 anni di preparazione e di discussioni, e una Conferenza Internazionale di capi di Stato e di governo  durante 3 settimane. I nostri tempi sono molto più stretti, il tempo ha un valore straordinario oggi. Dobbiamo arrivare a stabilire una nuova architettura finanziaria e politica globale  prima che le crisi creino altre situazioni fuori di ogni controllo e l’esclusione sociale, con alleanze dirette di lavoro tra le nazioni impegnate, tra governi e parlamenti, dobbiamo tessere una rete con tutti e decidere il futuro, devono essere gli Stati  e le popolazioni e non gli interessi della finanza internazionale  a decidere i destini del mondo.

La generazione a cui apparteniamo ha l’obbligo morale di garantire alle generazioni future le condizioni per un pieno sviluppo dell’economia mondiale e per la salute del pianeta”.

L’intervento dello Stato tanto preconizzata da alcuni, potrá avere un effetto per contenere la debacle, tuttavia quando questo fenomeno si riduce o si ferma, lo Stato deve ritirarsi dal mercato.

L’azione dello Stato in molti casi si è dimostrato catastrofico, come  non essere intervenuto in tempo per salvare la Enron e la Lehmon Brothers, nel caso italiano la Parmalat e il Gruppo Cragnotti. La Parmalat, si dice,   ha lasciato un buco di 14 milairdi di euro, ma il suo valore solo di immagine internazionale e specialmente in Brasile, valeva molto di più che quella somma. Nel caso di Raul Gardini che si suicidò, per non cadere nelle grinfie dei burocrati di turno, uno dei capitani più conosciuti e brillanti del mercato mondiale, solo la sua immagine quanto valeva? I successore Cragnotti, è stato seppellito, si dice,  per 3 miliardi di euro, ma nello scenario internazionale quanto valeva il Gruppo?

Sarebbe stato molto più opportuno se con i soldi dei contribuenti si fossero salvate queste due bandiere,  che l’Italia aveva nel mercato mondiale.

Come immagine ora siamo rimasti solo con Berlusconi, la FIAT e qualche impresa minore, un po’  poco per l’orgoglio italiano, ridotto al campanile.