Vista do Teatro romano de Mérida, Espanha (Foto Vikipedia)

Se c’è una cosa di positivo in ambito artistico-culturale con questa pandemia credo sia la quantità di materiale che appare in rete. Tra facebook, instagram, youtube sono centinaia, migliaia di pubblicazioni di spettacoli, ‘workshop’, laboratori, dibattiti, esposizioni, ecc.. Ma la cosa più bella è che molti (non tutti) hanno aperto i loro archivi di anni di lavoro e produzione artistico-culturale che prima erano mantenuti se non segreti, per lo meno occulti. 

Grandi teatri americani, russi, europei, ma anche piccole compagnie, singoli artisti, piccoli teatri. Tutti, in questo momento in cui l’arte e il teatro non possono presentarsi sulla scena reale di un palco, hanno sentito la necessità di mostrare quello che, in tutti questi anni passati nella più normale “normalità” hanno prodotto, pensato, fatto e che, magari, non è stato visto così tanto quanto meritava.

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Si sente la mancanza di qualcosa quando questa non c’è, mentre c’è, è così normale ci sia che neppure ci facciamo caso.

Ma tutto questo dovrebbe far riflettere questo nostro mondo, questa nostra società, sull’importanza e il valore dell’arte e della cultura. Ci sono cose che valgono per la loro materialità; una macchina, un vestito, altre che valgono per la loro immaterialità, un’amicizia, un amore.

Il mondo dell’arte e della cultura rientra in questa seconda categoria di valori: immateriale.

Un’emozione, un sentimento, una vibrazione non hanno peso, lunghezza, odore, ma il loro valore può pesare dentro di noi più che una pietra, può essere maggiore che una grande distanza e profumare come un campo di fiori, o puzzare come una fogna.

Tutti sappiamo che uno dei nostri, nostri come esseri umani, bisogni è quello di relazionarci, comunicare, fantasticare, immaginare, pensare, ma a volte sembra che ce lo dimentichiamo dentro al vortice della quotidianeità del vivere. Ma, ecco che arriva in nostro aiuto il mondo dell’arte e della cultura. Un libro, un quadro, uno spettacolo, un film, una musica, in mezzo al peggiore e disastroso momento della nostra vita, riescono a darci un respiro, un momento di serenità. Tutto ciò che è chiamato di “arte e cultura” è uno spazio libero dove sognare, pensare il domani, un domani che possa essere ben diverso dall’oggi perché pieno di tutto quello che vorremmo e che la vita non ci ha dato. 

Uno spettacolo ci fa pensare, ridere, piangere, una musica ci tocca al cuore nelle profondità recondite dell’incosciente, un libro ci fa volare lontano in luoghi mai visti ma dove potremmo vivere, amici dei protagonisti del racconto. 

Lo spazio “arte e cultura” ci da tutto questo, e tutti noi lo sappiamo.

Ma allora, se lo sappiamo, perché lasciamo che l’argomento “arte e cultura” sia sempre l’ultimo (o uno degli ultimi) nella scala di importanza della nostra esistenza?

La legge che si preoccupa della “arte e cultura”, in questo momento di pandemia (Aldir Blanc), esce in agosto, 6 mesi dopo l’inizio dell’isolamento sociale e conseguente chiusura di tutti i teatri, sale di spettacolo, mostre, concerti, ecc. Due mesi dopo gli Stati cominciano a promulgare ‘editais’ con base in questa legge. Se tutto funzionerà senza intoppi, in dicembre ci saranno i risultati e i fortunati che avranno i progetti approvati potranno avere le somme corrispondenti. Ma dall’inizio della pandemia saranno passati 10 mesi, come saranno sopravvissuti quegli artisti, quei gruppi, quei teatri, quegli spazi?

L’arte e la cultura hanno sempre due facce. Una è quella degli artisti, che sempre e comunque continueranno ad esistere perché persone che nell’ideale dell’arte come vita, non possono perdere se stesse per mere questioni economiche e, principalmente, non possono perdere la loro arte. L’altra faccia è quella pratica, concreta, misurata in conti e bollette. Quella che ha bisogno del pubblico, delle istituzioni, della società. Quella che produce quella ricchezza capitalista che è così importante, in questo nostro mondo, per determinare il valore, o no, di qualcosa. 

Andate su internet, guardate la quantità di produzioni artistiche e culturali che la pandemia ci rivela, e ricordatevene quando potremo tornare alla normalità.

Ricordatevene e andate a teatro, nei musei, nelle gallerie, nelle sale di concerto, nei cinema, comprate un libro, comprate un’opera d’arte.

Fate che l’arte e la cultura vivano, perché senza, anche l’essere umano muore.